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Rāmānuja.

Filosofo e teologo indiano. È il più importante della scuola visnuita. Di casta brahmanica, dopo aver compiuto un apprendistato di studi teologici e religiosi (brahmacārya), lasciò la famiglia percorrendo la regione come pellegrino e radunando intorno a sé molti discepoli. Insegnò la sua dottrina soprattutto nella città santa di Kāñcipuram, viaggiò per tutta l'India, ma concluse i suoi giorni come guru nel santuario di S'rirangam, dove fu sepolto. Inizialmente R. fu seguace di S'ankarācārya (V.) e della sua dottrina dell'advaita vedanta (V. VEDANTA), definibile come un monismo intransigente, ma se ne discostò in seguito all'influenza che esercitarono su di lui gli alvar, i mistici tamil, di fede visnuita. Tale concorso di elementi guidò R. a elaborare una sintesi tra teismo mistico e filosofia vedantica, dando vita alla dottrina detta vis'ishtādvaita (non-dualismo differenziato). Infatti, mentre da un lato in essa si accettava la visione monistica dell'advaita, vi si contemplava però una differenziazione tra l'Assoluto (Visnu-brahman) e le sue emanazioni: queste, per R., non coincidevano perfettamente con l'Ente supremo (come invece affermava S'ankara), pur non avendo reale esistenza al di fuori di esso. Ciò nonostante le emanazioni del Dio (vale a dire l'intero cosmo) non sarebbero, secondo il teologo, meno reali di Lui, costituendone per così dire il corpo o, meglio, la qualità. Negli scritti di R., la divinità viene chiamata di volta in volta īsvara (signore, a indicarne la dimensione di causalità e dominio su tutto l'esistente); brahman (potere onnipervadente, a indicare l'esaurirsi di tutto il reale nell'Assoluto); Visnu (a indicare il divino che entra in rapporto personale con il devoto). La divinità, mediante il ripetersi ciclico di creazione e distruzione, è radice, fonte e guida intrinseca tanto del mondo inanimato, che non ha coscienza di sé (a-cit: senza pensiero), quanto delle anime individuali (cit: pensiero); queste ultime si uniscono ai corpi secondo le leggi del vincolo delle azioni (karmabandha). Per ottenere la liberazione individuale (moksha) dal ciclo delle esistenze (samsāra), il sistema filosofico di R. propone la via della devozione esclusiva alla divinità (bhaktimārga), che in questo caso è personalizzata in Rāma, avatāra (incarnazione) di Visnu. Attraverso la relazione devozionale, sostanziata dal sentimento d'amore, l'uomo può giungere alla consapevolezza del suo essere un frammento del dio e, abbandonandosi a tale consapevolezza, entrare nella piena comunione con Lui, nel rapporto di unità-dualità (bheda-abheda) che lega l'anima individuale (ātman) a quella universale (brahman). Benché il tratto dominante della bhakti sia comunque quello della resa amorosa e incondizionata alla divinità, senza barriere di casta, R. sottolineò l'importanza anche della via della conoscenza (jñanamārga) per eliminare l'ignoranza e pervenire alla liberazione. La dottrina di R. ebbe grande seguito per tutto il Medioevo indiano, sia sul piano filosofico sia su quello dei culti devozionali. Tra i grandi riformatori religiosi che basarono la propria opera sulla dottrina di R. del monismo differenziato, ricordiamo Rāmānanda (V.) (S'riparambattur, Madras 1050 circa - S'rirangam 1137).