Comunicazione a distanza effettuata mediante l'impiego di radioonde, messa in
atto tra due stazioni che vengono dette
trasmittente e
ricevente.
È possibile che una stessa stazione sia al medesimo tempo trasmittente e
ricevente. Quando trasmissione e ricezione vengono assunte da un apparecchio
portatile, questo prende il nome di
radiotelefono. Se si usa direttamente
la parola per modulare la radioonda, la comunicazione è di tipo
radiotelefonico e viene denominata
radiotelefonia. Se, al contrario, la
r. è di tipo telegrafico e vengono usati segni convenzionali
dell'alfabeto Morse, la comunicazione assume il nome di
radiotelegrafia.
• Encicl. - Dopo i primi studi compiuti da M. Faraday riguardanti le
interazioni elettriche e magnetiche, nel 1873 J.C. Maxwell scrisse il
Trattato dell'elettricità e del magnetismo in cui, traducendo in
forma rigorosamente matematica le teorie di Faraday, pose le basi della moderna
teoria dell'elettromagnetismo. Maxwell sostenne l'assimilabilità delle
onde elettromagnetiche a quelle della luce, per quanto riguardava la
velocità e i fenomeni di rifrazione. Le teorie di Maxwell vennero
comprovate sperimentalmente dal fisico H. Hertz, che riuscì a produrre e
a rivelare in laboratorio le onde elettromagnetiche (dette, dal suo nome,
hertziane). Hertz realizzò un oscillatore in grado di emanare
un'onda elettromagnetica rilevabile a breve distanza dalle punte di una spira
metallica. Gli studi di Hertz e quelli successivi di A. Righi dimostrarono
l'esattezza delle affermazioni di Maxwell per quanto riguardava i fenomeni di
rifrazione e di riflessione, che si supponevano propri delle onde
elettromagnetiche. Tuttavia l'uso di un oscillatore per produrre onde
elettromagnetiche si rivelò di scarsa utilità pratica e di
difficile applicazione per usi industriali. Successivi studi dell'italiano T.
Calzecchi Onesti e del francese E. Branly resero possibile, nell'ultimo decennio
del XIX sec., la messa a punto delle prime rudimentali antenne ricetrasmittenti,
da parte dell'italiano G. Marconi e del russo A.S. Popov. Marconi
depositò a Londra il primo brevetto per un sistema pratico di telegrafia
senza fili e nel dicembre 1901 effettuò la prima trasmissione di segnali
radioelettrici. Da allora lo sviluppo della
r. fu assai rapido. Nel
secondo decennio del XX sec. iniziarono i primi collegamenti con gli aerei in
volo e, in seguito, si perfezionarono forme di assistenza alla navigazione. Nel
1914 in Europa presero avvio i primi esperimenti di radiofonia, mentre nel 1920
le prime stazioni inaugurarono la trasmissione di programmi in radiodiffusione e
dal 1923 vennero introdotti i primi collegamenti a onda corta. Proprio a causa
dello sviluppo velocissimo della
r. e nel tentativo di coordinare tra i
diversi organismi l'uso delle radiofrequenze, si cercò di regolamentare
le caratteristiche degli impianti di trasmissione e di ricezione. A questo scopo
venne convocata già nel 1906 a Berlino un'assemblea internazionale che,
sotto la supervisione dell'UIT (Union Internationale des
Télécommunications), definì alcuni parametri fondamentali
come il segnale internazionale di richiesta di soccorso, rappresentato dalle tre
lettere SOS. A questo incontro ne seguirono altri, tra cui le conferenze di
Montreux (1939) e di Copenaghen (1948) per la distribuzione delle frequenze in
Europa e nel bacino mediterraneo. Si giunse così a fissare le bande di
frequenza in un intervallo tra i 10 kHz e i 40 GHz, pari rispettivamente a una
lunghezza d'onda di 10 km e di 7,5 mm. Per l'attribuzione delle bande di
frequenza si arrivò a dividere il pianeta in tre zone d'influenza,
corrispondenti all'Europa, all'Africa e all'Asia occidentale (la prima), alle
Americhe (la seconda), all'Asia centro-meridionale e all'Oceania (la terza). Le
interferenze reciproche sulle frequenze condussero tuttavia a stabilire norme
rigide per apparecchi di trasmissione, stabilendo una larghezza di banda
oscillante tra poche centinaia di Hz sino ai 3.000 Hz per le trasmissioni
telegrafiche, tra i 5 MHz e i 14 MHz per le trasmissioni televisive e dai 10 kHz
ai 150 kHz per la radiodiffusione. Nell'assegnare le frequenze si fissò
comunque una distanza tra i canali impiegati da stazioni limitrofe per
facilitare la trasmissione e la sintonizzazione sulle lunghezze d'onda
richieste.
Guglielmo Marconi