Conflitto che oppose, per oltre un secolo, la Santa Sede al movimento
risorgimentale italiano, prima, e allo Stato unitario, poi. Oggetto della
controversia fu il permanere del potere temporale del Papato, e dunque dello
Stato territoriale della Chiesa, rivendicato dai pontefici come diritto storico,
a garanzia della propria indipendenza anche pastorale, e avversato dalle
esigenze dell'unità nazionale italiana e dagli ideali democratici
risorgimentali. Con
q.r., dunque, si indica il processo politico
diplomatico che, nel corso del XIX sec., pose fine al potere temporale della
Santa Sede e sancì l'unità nazionale italiana, trovando
composizione definitiva solo nel 1929, con la firma dei Patti Lateranensi.
• St. - I prodromi di quella che si sarebbe poi definita
q.r. sono
oggi riconoscibili negli eventi del 1799, quando la prima Repubblica romana e
giacobina dichiarò decaduto il potere temporale del papa, che fu tuttavia
restaurato dall'intervento militare austro-russo. I rapporti tra Papato e Impero
napoleonico, che esercitò un potere politico militare nella penisola, si
inaugurarono all'insegna dell'occupazione delle legazioni pontificie (Bologna,
Ferrara, Forlì, Ravenna), la cui annessione alla Cisalpina
determinò una situazione analoga a quella del 1799: nel 1807 Roma fu
occupata dai Francesi e i territori dello Stato della Chiesa uniti o al Regno
d'Italia (Marche) o direttamente all'Impero (Umbria e Lazio). Non volendo
avallare con il suo riconoscimento tale stato di fatto, Pio VII fu allontanato
da Roma, tenuto recluso ed esautorato da ogni potere temporale. Tuttavia, il
fallimento della campagna di Russia di Napoleone consentì a Pio VII di
rientrare in Roma nel 1814, mentre il Congresso di Vienna (1815) restaurò
lo Stato pontificio nei suoi confini antecedenti il 1796. Gli eventi avevano
comunque diffuso all'interno dei territori pontifici (soprattutto nella Romagna)
ideali e organizzazioni di matrice carbonara, insurrezionale e unitaria, che
svolsero azione politica significativa e furono colpiti da una dura repressione
dal cardinale Rivarola, segretario di Stato di papa Leone XII. Nel 1831 i moti
dell'Italia centrale dilagarono anche all'interno dello Stato pontificio (a
Bologna si dichiarò, un'ennesima volta, la decadenza temporale del potere
ecclesiastico), presto repressi da interventi armati austriaci e francesi.
Nonostante il diffondersi delle teorie neoguelfe elaborate da V. Gioberti
(V. NEOGUELFISMO e GIOBERTI, VINCENZO) e le speranze riformatrici e unitarie
seguite all'elezione di Pio IX (V.), nel 1848 si
propose con forza la
q.r., quando una sollevazione portò
all'assassinio del capo del Governo P. Rossi e alla fuga del papa a Gaeta. La
neocostituita Repubblica romana mazziniana ebbe appena il tempo di proclamare la
fine del potere temporale dei papi, quando Pio IX venne reintegrato nelle sue
terre dalle armi francesi che, per sicurezza, mantennero in Roma un presidio.
L'episodio, però, ebbe la non trascurabile conseguenza di dimostrare a
tutti i sostenitori dell'indipendenza e dell'unità della penisola,
compresi i neoguelfi, che l'esistenza dello Stato pontificio era inconciliabile
con tale ideale. La guerra del 1859 avviò il processo di unificazione
degli Stati italiani, coinvolgendo anche i territori della Santa Sede: nel
giugno si sollevò la Romagna, che deliberò la propria annessione
al Regno sabaudo con un plebiscito; nel 1860 l'esercito piemontese
guadagnò alla nuova Monarchia l'Umbria e le Marche, riducendo lo Stato
pontificio al solo Lazio con Roma. Il Regno d'Italia, tuttavia, rivendicava Roma
come sua capitale e da subito il capo del Governo Cavour si impegnò nel
negoziato con il pontefice sulla base del celebre principio: «libera Chiesa
in libero Stato», indicando la via diplomatica e pacifica come unica
percorribile per raggiungere l'obiettivo. Né Cavour, tuttavia, né
il suo successore B. Ricasoli, nel 1862, ottennero risultati apprezzabili,
mentre Pio IX, respingendo ogni trattativa, emanò pronunce di scomunica
contro gli occupanti e appelli ai sovrani d'Europa perché intervenissero
in suo sostegno e perorò la necessità del potere temporale
affinché il papa potesse esercitare liberamente la propria missione
pastorale e universale. In Italia, le correnti unitarie più radicali, a
differenza della componente liberale e moderata della classe politica, si
mostrarono propense, a questo punto, a una soluzione militare della
q.r.:
Garibaldi venne bloccato una prima volta sull'Aspromonte dall'esercito italiano
(1862) e una seconda volta a Mentana dalle truppe francesi (1867). Napoleone
III, infatti, era il principale sostenitore del papa e osteggiava (per
mantenersi l'appoggio dei cattolici francesi) l'annessione del Lazio al resto
d'Italia, mantenendo in Roma un proprio corpo armato. I diplomatici italiani,
nel 1864, ottennero la sottoscrizione di un accordo in base al quale, in cambio
del ritiro delle truppe francesi, l'Italia avrebbe rinunciato all'immediata
annessione di Roma e, a riprova delle sue intenzioni, avrebbe spostato la
capitale da Torino a Firenze. L'episodio di Mentana, tuttavia, causò
l'immediato rientro dei Francesi nell'Urbe. Infine, solo la guerra
franco-tedesca del 1870 e la sconfitta di Napoleone III a Sédan crearono
le condizioni favorevoli a un'evoluzione della
q.r.: le truppe
transalpine dovettero rientrare in patria e il Governo italiano colse
l'opportunità per formulare nuove proposte al pontefice, al fine di
giungere a un'occupazione pacifica della città. Non ricevendo risposta,
il 20 settembre 1870 il corpo dei bersaglieri, attraverso la breccia di Porta
Pia, prese Roma. Un plebiscito, il 2 ottobre seguente, sancì il passaggio
del Lazio al Regno d'Italia che, rapidamente, trasferì la sua capitale a
Roma. L'evento sancì, questa volta definitivamente, la fine del potere
temporale della Chiesa, ma non concluse la
q.r. che, anzi, si protrasse
per altri decenni: sul piano dei rapporti internazionali rimaneva ancora
insoluto il problema di garantire la necessaria indipendenza del papa in quanto
capo spirituale del Cattolicesimo, sul piano del diritto interno quello di
regolare lo stato giuridico della Chiesa e dei suoi sacerdoti. Dal momento che
Pio IX si rifiutò di accettare il fatto compiuto, l'Italia regolò
in modo unilaterale entrambi gli aspetti, promulgando nel 1871 la cosiddetta
legge delle Guarentigie (V. GUARENTIGIA): essa assegnò al pontefice
l'inviolabilità e l'autonomia sul piccolo territorio costituito dal
Vaticano e dal Laterano, assicurando la piena indipendenza della sua azione
apostolica. Il papa respinse la legge, dichiarandosi prigioniero dello Stato
italiano, cui peraltro negò il riconoscimento, emettendo scomuniche
contro gli acquirenti di beni ecclesiastici confiscati e contro i governanti
italiani. La reazione della Santa Sede culminò nel 1874 con il
non
expedit (V.), documento che dichiarò
moralmente illecita la collaborazione dei cattolici alla vita dello Stato e la
loro partecipazione alle competizioni politiche; tutto ciò nella
speranza, priva di ogni realismo, di ottenere l'intervento militare da parte dei
Paesi tradizionalmente filocattolici, come la Francia. Il
non expedit,
tuttavia,
ebbe come grave conseguenza la frattura del mondo cattolico
italiano, che si divise tra i cosiddetti
intransigenti, obbedienti alla
direttiva papale e ostili allo Stato laicista e liberale, e
conciliatoristi, disposti a una certa collaborazione, anche per mitigare
la vocazione fortemente anticlericale della nuova Nazione. Il pontificato del
successore di Pio IX, Leone XIII, si svolse all'insegna
dell'inamovibilità papale sulla linea del
non expedit e di una
pari inflessibilità del Governo italiano (esemplare in questo senso la
rimozione, voluta da Crispi, del sindaco di Roma reo di aver fatto omaggio al
papa). Un nuovo clima di distensione, preludio alla soluzione della
q.r.,
fu inaugurato da Pio X (1903-14), che attenuò il
divieto di partecipazione dei cattolici alla politica attiva e passiva,
soprattutto al fine di bilanciare la forte presenza socialista nel nuovo
Parlamento. Per tale esigenza nacque il patto Gentiloni
(V. GENTILONI, PATTO e GENTILONI, VINCENZO OTTORINO):
il conte Gentiloni, presidente dell'Unione elettorale cattolica, siglò
una sorta di intesa con gli esponenti della formazione liberale, promettendo il
sostegno dell'elettorato cattolico ai candidati di Giolitti in cambio del loro
impegno per una politica congruente alle esigenze della Chiesa. Le prime
elezioni a suffragio universale, nel 1913, videro dunque un'ufficiosa
partecipazione dei cattolici, che determinarono l'elezione di ben 230 deputati.
Anche durante il pontificato di Benedetto XV la
q.r. procedette nel senso
di una risoluzione: al principio della prima guerra mondiale, di fronte alla
richiesta strumentale da parte degli Imperi centrali di riaprire la questione,
il papa rispose, attraverso il segretario di Stato Gasparri, che il conflitto
sarebbe stato risolto dal senso di giustizia del popolo italiano. Con la nascita
nel 1919 del Partito Popolare Italiano, che seguì l'abrogazione del
non expedit,
i cattolici sancirono il loro riconoscimento dello
Stato risorgimentale e la Santa Sede ritirò le scomuniche, dimostrando la
propria disponibilità ad una sistemazione giuridica concordata
bilateralmente della
q.r. Le trattative furono condotte inizialmente dai
Governi Orlando e Nitti, ma trovò la sua soluzione finale solo sotto il
regime fascista, nelle persone di Pio XI e di Mussolini. La firma dei Patti
Lateranensi (V. LATERANENSI, PATTI) l'11 febbraio 1929 diede vigore legale ad un
Trattato, che ristabiliva la
sovranità pontificia su un ristretto Stato, costituito dal Vaticano; ad
un
Concordato che, riconoscendo il Cattolicesimo come unica religione di
Stato, regolava le prerogative dei religiosi, della pastorale e
dell'insegnamento religioso nelle scuole; ad una
Convenzione finanziaria,
che stabiliva lo status dei beni ecclesiastici, l'indennizzo dovuto per quelli
secolarizzati e per l'annessione al Regno dei territori dell'antico Stato
pontificio. Da parte sua il papa riconobbe ufficialmente lo Stato italiano e
Roma come sua capitale, dichiarando chiusa la
q.r. Per quanto riguarda
l'evoluzione di rapporti concordatari tra Santa Sede e Stato italiano:
V. CONCORDATO.