(detto
Paschasius). Teologo francese. Entrato nella congregazione
dell'Oratorio nel 1657, dopo essersi laureato in Filosofia e Teologia alla
Sorbona, nel 1662 assunse la direzione degli Oratoriani a Parigi. Nel 1675
l'edizione da lui curata delle opere di papa Leone Magno fu messa all'Indice, a
causa dell'impronta giansenista nelle note e delle dissertazioni accluse. Inviso
all'autorità religiosa per la sospetta eterodossia delle sue tesi, nel
1681 fu trasferito dalla diocesi di Parigi a quella di Orléans e nel 1684
fu espulso dalla congregazione. Riparò allora a Bruxelles, dove divenne
il più stretto collaboratore di A. Arnauld e, alla morte di questi
(1694), il principale esponente del Giansenismo. Nel 1693, per iniziativa
dell'arcivescovo di Parigi L.-A. de Noialles, venne pubblicata una nuova
edizione (dal titolo
Riflessioni morali sul Nuovo Testamento)
del
trattato
che
Q. aveva dato alle stampe nel 1671. Il libro, che
conobbe una grande fortuna, ebbe ripetute edizioni e, nonostante fosse
apertamente attaccato dalla Chiesa di Roma, finì per costituire il
manifesto della controversia giansenista. Nel 1703 i Gesuiti ottennero il
mandato d'arresto di
Q., che però riuscì a rifugiarsi ad
Amsterdam. La Chiesa francese fu così sconvolta da un nuovo, durissimo
scontro tra giansenisti e ultramontani, capeggiati dai Gesuiti che accusavano di
eresia le opinioni espresse da
Q. La controversia si protrasse per un
decennio, finché nel 1713 venne emessa la bolla pontificia
Unigenitus di papa Clemente XI, che condannava ufficialmente le 101
proposizioni del trattato di
Q. Esse entravano nel merito della natura
della grazia, del libero arbitrio, della disciplina morale e
dell'autorità interpretativa della Chiesa, considerata da
Q. come
l'insieme dei predestinati da Dio alla salvezza (Parigi 1634 - Amsterdam
1719).