(dal latino
querela, der. di
queri: lamentarsi). Lamento. ║
Protesta o lagnanza per un danno sofferto. • Dir. - Atto mediante il quale
una persona, che abbia subito l'offesa derivata da un reato non perseguibile
d'ufficio (cioè non perseguibile per iniziativa del pubblico ministero),
può manifestare, dietro richiesta o istanza, la volontà che
l'azione giudiziaria sia intentata. In relazione ad alcuni reati, infatti, e in
considerazione dell'importanza del bene giuridico protetto, il legislatore ha
stabilito la
q. come condizione di procedibilità dell'azione
penale. Dunque, nei casi previsti dal Codice Penale (artt. 120-26 e 152-56),
l'offeso ha diritto di proporre o meno
q., vale a dire che il reato non
è perseguibile d'ufficio, ma che le indagini preliminari possono essere
avviate solo a condizione che sia presentata
q. dall'avente diritto,
nelle forme e nei tempi opportuni. Il diritto di
q., infatti, può
essere esercitato esclusivamente entro tre mesi da quando si abbia notizia del
fatto che costituisce il reato e consiste in una dichiarazione (orale o
scritta), resa al pubblico ministero, a un ufficiale di polizia giudiziaria o ad
un agente consolare all'estero, con la quale l'offeso manifesta la
volontà che si proceda nell'azione penale. L'autorità che riceve
la
q. ha l'obbligo di: attestare la data e il luogo della presentazione
della
q.; identificare il soggetto che la presenta; trasmettere gli atti
all'ufficio competente del pubblico ministero. La
q. è ammessa
esclusivamente per i delitti e non per le contravvenzioni e risponde alla
necessità di rimettere alla persona offesa l'opportunità di dare
corso all'azione penale. Essa è prevista, di norma, in relazione a
delitti in cui la minima entità del danno può far ritenere
inopportuna una sanzione penale, oppure nei casi in cui la pubblicità del
fatto delittuoso potrebbe comportare alla persona offesa un danno maggiore
rispetto al beneficio derivante da una eventuale condanna. Solo nel caso in cui
il processo si concluda con sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione
(perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha
commesso), il querelante diventa parte processuale e, come tale, è tenuto
al pagamento delle spese, a meno che l'attribuzione del reato all'imputato ormai
assolto non sia riferibile al querelante. Il diritto di
q. non può
essere esercitato direttamente da individui infermi di mente o da minori di 14
anni, per i quali interviene un curatore speciale; in questo caso il termine di
tre mesi per la proposta di
q. decorre a partire dalla data in cui
è notificata al curatore la nomina stessa. Nel caso la necessità
della nomina del curatore intervenga dopo la presentazione della
q., il
provvedimento spetta al giudice per le indagini preliminari o al giudice
incaricato di procedere. È possibile rinunciare al diritto di presentare
q., o rimettere la
q. stessa dopo che sia stata presentata:
tuttavia
q. presentate per delitti contro la libertà sessuale o la
corruzione di minori (art. 542, capo II Cod. Pen.) non sono remissibili, ma
restano irrevocabili una volta presentate. La rinuncia può essere sia
tacita (desunta da comportamenti incompatibili con la volontà di
q.) o espressa (processuale, compiuta con dichiarazione sottoscritta). La
remissione deve essere sempre scritta, presentata al magistrato competente o ad
un ufficiale di polizia giudiziaria, e corrisposta da una accettazione scritta
da parte del querelato. Infine, l'art. 564 Cod. Proc. Pen. prevede che il
pubblico ministero, prima di avviare le indagini preliminari o comunque prima di
concluderle, possa convocare querelante e querelato per verificare la
possibilità di una composizione. La parti possono essere assistite dai
propri legali e, in caso di esito positivo, la pratica è
archiviata.