Voce latina: questione. Il termine è utilizzato nell'espressione
vexata q., con la quale si indica un problema molto dibattuto ma ancora
privo di soluzione. • Dir. rom. - Nell'ultimo periodo della Repubblica, la
giurisdizione su specifiche figure di delitti o crimini attinenti la sfera
pubblica fu demandata a commissioni d'inchiesta, dette
quaestiones,
inizialmente straordinarie, poi permanenti (
quaestiones perpetuae).
Presiedute da un pretore e composte da circa 50 cittadini nominati da un
apposito albo secondo procedure assai complesse, non avevano compiti
inquisitori, ma solo giudicanti e, comunque, limitatamente alla colpevolezza o
meno dell'imputato (essendo la pena fissata per legge). Sebbene siano rimaste in
vigore fino al II sec., con l'avvento del Principato le
quaestiones
furono di fatto esautorate nelle loro funzioni in favore dell'istituto giuridico
della
cognitio extra ordinem, il cui esercizio era nelle mani di
funzionari imperiali. • Filos. - Nelle università medioevali, la
q. costituiva originariamente una digressione dalla lettura del testo,
nel corso della quale il maestro dibatteva un particolare problema. Col tempo,
tuttavia, lo spazio per le
quaestiones venne dilatandosi a scapito del
testo, tanto che a partire dal XIII sec. si possono distinguere le
quaestiones disputatae, che coinvolgevano i baccellieri sotto la guida
del maestro, e le
quaestiones quodlibetales, tenute dal maestro di fronte
a un pubblico più vasto. Spesso il termine finì per dare il titolo
a varie raccolte di
quaestiones discusse a scuola
(
reportationes).