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Quadraturismo.

Genere pittorico caratterizzato dalla realizzazione di architetture dipinte (quadrature) allo scopo di creare effetti prospettici e illusionistici. • Encicl. - Sebbene già nelle civiltà egizia, cretese ed etrusca e, in modo ancora più compiuto, nel mondo romano si possano ritrovare esempi di quadrature, solo nel XV sec., con gli studi prospettici di F. Brunelleschi, arrivò a definitiva soluzione il problema di trasferire su uno spazio bidimensionale la realtà tridimensionale; fu così possibile agli artisti del Rinascimento dipingere strutture architettoniche realistiche, anche se esclusivamente in funzione di ambientazione spaziale (si vedano, in proposito, La Trinità del Masaccio, 1427-28, e la camera degli Sposi del palazzo ducale di Mantova di A. Mantegna, 1471-74). Occorre, però, attendere il XVI sec. e i lavori di B. Peruzzi (affreschi della sala delle Prospettive, 1519, villa Chigi, Roma) e di Giulio Romano (decorazioni della Sala dei Cavalli, 1524-35, palazzo Tè, Mantova) perché il q. si sviluppi come genere autonomo, con la costituzione di vere e proprie scuole regionali. In Veneto, nel XVI sec. furono attivi G.B. Zelotti, Paolo Veronese e il fratello Benedetto, G.A. Fasolo, D. Brusasorci, G. Padovano e, nel XVII sec., G.A. Fumiani; il maggior rappresentante della scuola veneta fu, tuttavia, nel corso del Settecento, G. Mengozzi Colonna, che lavorò anche sugli affreschi di G.B. Tiepolo (ad esempio, la quadratura per Il banchetto di Cleopatra, 1745-50). In Emilia, caposcuola fu G. Curti detto il Dentone, autore di molti soffitti nel palazzo comunale di Bologna: suoi allievi furono A.M. Colonna e A. Mitelli, che operarono a Roma, Firenze e alla corte di Filippo IV di Spagna, e T. Aldrovandini, che diffuse il q. a Vienna e Dresda. Degni di rilievo furono anche i Bibbiena e V.M. Bigari (XVII sec.). La scuola emiliana esercitò una profonda influenza su quella genovese, che anzi si può considerare una sua diretta emanazione, e che fu rappresentata da G. Benso, G.B. Carlone (del quale si ricorda la cappella del palazzo ducale di Genova, 1653-55) e D. Piola. La scuola bresciana, invece, sorta agli inizi del Cinquecento, ebbe come esponente di spicco T. Sandrini. Più complesso è il discorso per Roma, dove, anche se non si creò una vera e propria scuola quadraturista, il q. si diffuse ampiamente grazie all'opera di singoli artisti. Figure di spicco del Cinquecento furono i fratelli Cherubino e Giovanni Alberti, che decorarono la sacrestia vecchia di San Giovanni in Laterano (1592-94), la sala Clementina in Vaticano (1595-1603) e la cappella Aldobrandini nella chiesa della Minerva; nel Seicento, invece, emerse A. Pozzo, che realizzò suggestive opere (finta cupola, 1685, e decorazione della volta, 1691-94, nella chiesa di Sant'Ignazio) fondendo q. e prospettiva aerea. A Pozzo si deve la formazione di abili quadraturisti romani (A. Calieri, A. Colli, A. Collaceroni) e, con il trasferimento a Vienna, la diffusione del q. nell'ambiente artistico austriaco e germanico (nel quale si sarebbero distinti, in seguito, le personalità di J.M. Rotmayr e degli Altomonte). Nel Seicento il q. ebbe ampia diffusione anche in Piemonte (G.B. Crosato, fratelli Galliari) e a Napoli (V. Codazzi, che decorò la sacrestia di San Martino), ma nei primi decenni del secolo successivo si esaurì come genere pittorico autonomo.
A.M. Colonna e A. Mitelli: particolare di “Parete decorata” (Firenze, Museo degli Argenti)