Il cospargere o l'essere cosparso di punti, piccole chiazze o forellini:
un
tessuto a p. irregolare,
un foglio ripiegato lungo la p. ║
L'uso, nonché l'insieme, dei segni grafici non alfabetici (detti anche
segni di interpunzione) e di vari accorgimenti tipografici utilizzati per
spezzare il discorso permettendo la lettura e la comprensione del testo. •
Encicl. - In italiano i segni di
p. sono i seguenti: la
virgola,
il
punto e virgola, i
due punti, il
punto fermo (detto
anche, più semplicemente, punto), i
punti interrogativo ed
esclamativo, i
puntini di sospensione, le
parentesi (tonde,
quadre o graffe), le
virgolette (suddivise in basse, alte e apici), le
lineette (con funzione di parentesi tonde a marcare gli incisi, o di
virgolette a marcare il discorso diretto), il
trattino d'unione
(utilizzato per unire fra loro più parole, presentandole come
un'unità, oppure quando, in fin di riga, si va a capo con una parola; in
quest'ultimo caso, la scrittura a mano ricorre anche al segno di uguale),
l'
asterisco, unico o triplice (a indicare un'omissione intenzionale; in
linguistica è anche il segno convenuto di forme ricostruite o
inaccettabili dal punto di vista grammaticale o semantico), le
barre oblique
(a marcare un'alternativa), gli
apostrofi e gli
accenti.
Quanto ai principali accorgimenti tipografici, vanno segnalati la
alinea
(cioè lo spazio bianco all'inizio di un capoverso), il
corsivo
(nelle citazioni e nei titoli), il
maiuscoletto (a conferire enfasi a
ciò che si scrive) e i
distanziamenti di caratteri e di linee. Per
lo più, dunque, la
p. risponde alla funzione di separare le varie
parti di un discorso scritto, al fine di rappresentarne le pause, orientarne la
lettura e la comprensione, indicando le diverse intonazioni che la voce deve
assumere. Oltre a ciò, la
p. fornisce chiari indizi sulla
struttura, il senso e la forza allocutiva degli enunciati, sulla scansione delle
unità ritmiche, sulle relazioni (causali, consecutive, finali, ecc.) tra
le frasi, sulle connessioni testuali interne al discorso (è il cosiddetto
uso stilistico della
p.). Nelle lingue europee moderne i segni di
interpunzione hanno tutti il medesimo valore, ma vengono utilizzati in modo
diverso: la
p. inglese, ad esempio, è povera, quella francese e
quella spagnola sono flessibili ed elastiche, mentre quella tedesca è la
più rigida (basti pensare che in essa è obbligatoria la virgola
prima di ogni relativo); quella russa, infine, inizialmente affine alla
p. del greco antico, si è poi progressivamente avvicinata alle
ferree consuetudini tedesche. Nei testi biblici la
p. si collocava a
metà e alla fine dei versetti. Nei testi arabi, inizialmente, non
esistevano segni di interpunzione di alcun genere; con il passare del tempo,
però, anch'essi hanno assimilato, pur con moderazione, la
p.
europea. In maniera analoga, le più importanti lingue dell'Asia orientale
hanno gradatamente affiancato ai loro specifici segni di interpunzione segni
caratteristici e propri delle lingue occidentali. Nell'antichità classica
la
p. era costituita da tre sole
positurae o
distinctiones
(denominate in seguito
pausationes o
punctuaturae), che
assolvevano alla specifica funzione di marcare le pause tra le varie parti del
periodo: la
subdistinctio, la
media distinctio e la
distinctio, rappresentate rispettivamente da un punto in basso o
comma (l'attuale virgola), da un punto a mezzo o
colon
(corrispondente al punto e virgola o ai due punti) e da un punto in alto o
periodos (il nostro punto fermo). Con il Medioevo mutò
semplicemente il modo di rappresentare questi tre segni: il
comma si
trasformò in un punto sormontato da una verghetta, il
colon in un
punctus planus e il
periodos, infine, in un punto seguito da una
lineetta verticale o anche in un punto molteplice. Verso la fine del XIII sec.,
in seguito alla diffusione e all'approfondimento degli studi grammaticali e
sintattici, la
p. subì varie modificazioni, prima fra tutte la
suddivisione dei
punti in
sostanziali (la virgola, il comma, il
colo, il periodo) e
accidentali (il punto doppio, a sostituire un nome
proprio tenuto volutamente segreto da chi scrive; il semipunto, a indicare che
la parola interrotta in fin di riga continuerà nella riga seguente;
l'interrogativo, a conclusione di una frase interrogativa), che resterà
in uso sino alla fine del XIV sec. Solo nel XVI sec., la diffusione della stampa
contribuì a depurare la
p. dalle incertezze che l'avevano
contraddistinta sino a quel momento, fissando nel contempo norme precise per un
uso corretto dei segni di interpunzione. Naturalmente, la prassi interpuntiva di
allora era alquanto diversa da quella moderna: alla virgola, ad esempio, si
ricorreva in modo eccessivo (a ogni sospensione di voce); frequente, poi, era il
punto e virgola, al posto della virgola. Fu soltanto con Leopardi, prima, e con
Manzoni, poi, che l'impiego della
p. divenne accuratissimo; non di rado,
inoltre, si fece di essa un uso efficace e originale, spesso con funzione
essenzialmente stilistica. Da non dimenticare è la caratteristica
posizione delle avanguardie e neoavanguardie del XX sec.: estraniandosi
totalmente da ogni polemica sulla
p., questi indirizzi contemporanei
proposero, infatti, la semplificazione estrema dei segni di interpunzione, fino
alla loro completa soppressione. • Med. - In ematologia, anomala presenza
di granulazioni all'interno degli elementi maturi della serie rossa. •
Bot. - Ciascuna delle piccole zone in cui la membrana delle cellule vegetali
è meno spessa; ciò a causa della minore crescita, in spessore,
della parete primaria e della mancata crescita di quella secondaria. Le aree
suddette sono caratterizzate dalla presenza di canalicoli, i
porocanali,
i cui orifizi, corrispondenti ai pori visibili al centro della
p.,
consentono gli scambi con l'esterno. Generi particolari di
p. sono quella
areolata, tipica del legno omoxilo delle conifere, e quella reticolata. •
Ind. tess. - La disposizione dei punti che distingue i diversi tipi di
armatura.