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Punizione.

Atto, effetto del punire. Castigo, pena inflitta a chi si è comportato male o ha trasgredito una norma, una legge, un comando. ║ Fig. - Restare senza p.: restare impunito, farla franca. • Pedag. - La p. costituiva la base dei sistemi educativi tradizionali, denominati, per questo, punitivi. Il ricorso a p. era frequente e diffuso soprattutto in epoca antica e medioevale, quando la presupposizione di un rapporto formale etico e giuridico tra precettore ed educando giustificava pienamente le p. come mezzo per ripristinare un ordine violato (restitutio ordinis). Le p. erano di due tipi: fisiche o corporali e morali. Le prime, non di rado brutali, si riducevano all'abitudine di picchiare il giovane che avesse commesso una trasgressione con strumenti quali lo staffile (scutica), la frusta (flagellum) o il bastone (ferula); le seconde (come le invettive, le iscrizioni infamanti, l'obbligo di svolgere lavori inutili e denigratori), suscitando nel trasgressore sentimenti di colpa, vergogna e umiliazione, risultavano psicologicamente più efficaci e, dunque, anche più nocive delle p. corporali. L'uso di infliggere p. corporali era particolarmente diffuso in ambito scolastico; ciò si spiega con il fatto che la violenza da parte dell'educatore era ritenuta legittima: i maestri, equiparati a padri, in caso di indisciplina potevano picchiare. Testimonianze di tale comportamento da parte degli insegnanti ci sono pervenute attraverso gli scritti di numerosi cronisti e scrittori medievali. L'abate Elfrico, ad esempio, riporta nei suoi scritti il dialogo tra un allievo e un maestro sui motivi che spingevano l'insegnante a far uso della frusta. Bonvesin de la Riva, nell'opera Le grandezze di Milano e nell'opuscolo La vita scolastica, faceva due raccomandazioni: la prima era rivolta agli studenti perché «sopportassero pazientemente la frusta», la seconda ai maestri perché «non si lasciassero trasportare dall'ira quando colpivano con la verga gli scolari disubbidienti». In quegli anni, tuttavia, i maestri erano pochi e per lo più «ignoranti, selvatici, di scorretti costumi, talvolta stravolti di mente» (sono parole di Erasmo da Rotterdam). In seguito vennero redatte vere e proprie classifiche della severità degli insegnanti, dalle quali risultarono al primo posto, quanto a rigore e austerità, i maestri scozzesi, seguiti dagli olandesi, dai francesi e dai tedeschi. Nel XVI sec. le p. fisiche vennero abbandonate, ma solo in quanto «mezzi per istruire» (l'uso del bastone, cioè, venne proibito contro gli scolari che si mostravano renitenti a imparare), non certo in quanto strumenti atti a mantenere la disciplina nella scuola. Così Vittorino da Feltre, nel suo collegio di Mantova (dove venivano istruiti anche i figli di Gian Francesco I Gonzaga, signore della città), continuava a permettere il ricorso a p. corporali contro gli scolari disobbedienti e cattivi. Presso i collegi dei Ge3uiti, poi, le p. erano utilizzate soltanto in caso di assoluta necessità, quando l'indulgenza e i tentativi di convinzione non erano serviti a nulla. Non erano i Gesuiti, tuttavia, a infliggere le p., ma persone estranee all'ordine, i cosiddetti correttori. Costoro legavano lo scolaro da punire a una sedia (tristemente nota come scranno d'inferno) in mezzo all'aula e gli somministravano da 70 fino a un massimo di 200 nerbate. In seguito, alla figura del correttore si affiancò quella del lupo, una spia pagata per denunciare gli scolari indisciplinati e quelli che, durante la ricreazione, si esprimevano con termini non appartenenti alla lingua latina. Con il passare del tempo, tuttavia, alla verga subentrarono altri tipi di p., destinati più specificamente «a colpire l'anima»: gli scolari, ad esempio, dovevano disegnare sul pavimento con la lingua delle croci oppure portare sul capo la mitria dell'asino. Sempre in sostituzione alle p. corporali, vennero assegnati agli alunni i cosiddetti pensi, che li obbligavano a trascrivere diverse pagine senza alcun costrutto utile. Pare che il pensum sia stato ideato da san Giovanni Battista de la Salle, fondatore dell'ordine dei Fratelli delle Scuole Cristiane, proprio per rimpiazzare l'uso dello staffile. Questo progresso verso una maggiore umanità restò comunque limitato all'ordine gesuita: nei romanzi di Dickens, infatti, sono numerosi i maestri che battono i loro scolari (con la riga sulle dita o con la verga sul sedere); ancora nel 1884, infine, l'Inghilterra sentì il bisogno di fondare una società per la prevenzione della crudeltà ai fanciulli. Una voce umanitaria a favore degli educandi venne levata, già nel XV sec., da papa Pio II che, nell'opera De liberorum educatione, esortava a sostituire la verga con la forza della convinzione. Nel XVII sec. anche J. Locke e G.A. Comenio, che a ragione può essere considerato uno dei precursori della moderna pedagogia, predicavano ai maestri di ricorrere al buon esempio piuttosto che alla violenza e di usare la verga solo in casi estremi. Ciò nonostante, occorre aspettare il XVIII sec. perché venga elaborata una più moderna interpretazione pedagogica della p. a opera di J.-J. Rousseau. Il filosofo francese, per primo, sottolineò l'importanza di una p. per così dire naturale, affermando che la pena più efficace e utile per chi commette una trasgressione è costituita dalle medesime conseguenze negative dell'azione compiuta. Un'impostazione innovativa al problema fu data da R. Lambruschi e don Bosco. Essi misero in luce l'importanza della cooperazione fra educatore ed educando, quale premessa indispensabile perché potesse nascere l'azione educativa. A loro parere, compito del precettore è riconoscere e rispettare le potenzialità del discepolo, consentendone l'autonoma crescita spirituale ed esercitando l'autorità in modo da produrre un'obbedienza spontanea, non costretta; dovere dell'educando, invece, è riconoscere nella voce del maestro i dettami della propria legge interiore. Lambruschini e don Bosco, inoltre, misero in luce lo stretto legame che deve intercorrere fra p. e azione educativa e sottolinearono l'importanza di un sistema educativo di tipo preventivo. Un'altra posizione interessante fu quella assunta dall'intera pedagogia positivista e, più in particolare, da H. Spencer che, per primo, rilevò l'assoluta mancanza di responsabilità morale nei bambini che si comportano in modi giudicati riprovevoli dagli adulti. L'ormai lunga esperienza pedagogica basata su principi non punitivi ha largamente confermato la possibilità di un pieno sviluppo intellettuale ed emozionale, senza bisogno di interventi coercitivi. Al contrario, la ricerca psicologica ha dimostrato che la violenza fisica, come ogni altro strumento di educazione autoritaria, ha la funzione di contribuire allo sviluppo di un carattere di tipo autoritario-gregaristico. • Dir. - Nella legislazione italiana si parla di mezzi correttivi in riferimento alle disposizioni di legge che autorizzano i genitori, o coloro che esercitano la patria potestà, a provvedere all'educazione dei figli o dei fanciulli loro affidati anche mediante l'applicazione di mezzi basati in parte su violenze fisiche. Il Codice Penale italiano, tuttavia, stabilisce anche che chi abusa dei mezzi di correzione o di disciplina «è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo e nella mente, con la reclusione fino a sei mesi». • Mil. - Nell'ambito delle forze armate le p., essenzialmente corporali prima del XIX sec., comportano soltanto la restrizione della libertà personale. Le p. sono inflitte a causa di qualche infrazione ai regolamenti di disciplina e vengono scontate secondo l'arma di appartenenza e il grado del punito. Il principio gerarchico che ispira le forze armate si riflette sui regolamenti disciplinari, in quanto per la truppa è istituita la camera di p. semplice o di rigore, per i sottufficiali (sergenti e sergenti maggiori) è istituita la sala semplice o di rigore, mentre per i marescialli e gli ufficiali sono istituiti gli arresti semplici o di rigore (da scontarsi presso la propria abitazione). In ordine di gravità le p. cui è soggetta la truppa sono le seguenti: consegna, camera di p. semplice, camera di p. di rigore; la prima impedisce la libera uscita, la seconda obbliga a trascorrere le ore del silenzio in cella, la terza costringe in cella ininterrottamente e senza l'uso del materasso. Ogni sera, inoltre, si svolge l'adunata dei militari puniti presso il capitano di ispezione, l'ufficiale di picchetto o il sottufficiale di ispezione e viene compilata una lista dei puniti e delle rispettive p. I sottufficiali sono punibili con rimprovero, sala semplice e sala di rigore; i marescialli e gli ufficiali, infine, sono passibili di rimprovero, arresti semplici e di rigore. Esistono anche sanzioni disciplinari comminate dallo Stato, quali la sospensione o la perdita del grado. Le p., sempre motivate, sono trascritte sui fogli matricolari. Il regolamento delle forze armate ne stabilisce la durata massima e minima. • Sport - Sanzione decretata dall'arbitro, a norma di regolamento, contro la squadra di cui uno o più giocatori abbiano commesso un'infrazione ai danni dell'avversario. ║ Nel calcio la p. consiste in un tiro (calcio di p.) effettuato dagli avversari dal punto in cui hanno subito l'irregolarità. P. di prima o diretta: il tiro di p. con cui si può cercare di fare gol tirando direttamente in porta. P. di seconda o indiretta: il tiro di p. in cui il giocatore che tira in rete non può toccare per primo la palla, che gli viene passata da un altro giocatore. P. massima: il calcio di rigore. P. dal limite: il tiro di p. eseguito da un punto che si trova al di fuori dell'area di rigore. ║ Per estens. - Il tiro stesso di p.: battere la p. ║ Nel rugby la p. prevede un calcio piazzato o di rimbalzo o al volo, oppure il richiamo, l'ammonimento, l'espulsione, la sospensione, la squalifica, ecc.