(dal greco
psyché, der. di
psýko: respiro, soffio).
Insieme delle funzioni e dei processi che conferiscono all'individuo esperienza
di sé e del mondo esterno e ne determinano il comportamento. •
Psicol. - La letteratura psicoanalitica, sull'esempio di Freud, si fonda
sull'antitesi psichico-somatico e utilizza, quindi,
p. e
mente
come sinonimi in contrapposizione a
corpo e
soma. ║
P.
collettiva: elemento costitutivo e coesivo di tutti quei raggruppamenti,
temporanei o stabili, in cui più individui si riuniscono per un fine
determinato, affidando ogni responsabilità a un capo unanimemente
riconosciuto. In tali raggruppamenti la venerazione per il capo si associa
all'identificazione degli individui fra di loro: a eccezione del capo,
idealizzato e postulato come un'entità superiore, nessuno deve
distinguersi dagli altri. Non basta, però, che tutti si comportino nello
stesso modo: occorre anche che pensino le medesime cose. La pigrizia mentale, in
sostanza, diventa virtù, poiché gli individui sono tenuti a non
impegnarsi personalmente: ogni responsabilità ricade sul capo, mentre i
discepoli si avvicinano sempre più gli uni agli altri non già per
amore, ma per l'unico interesse di essere nel proprio convincimento mediante la
produzione di una coscienza collettiva. La
p. collettiva costituisce il
comune fondamento delle istituzioni religiose, delle norme etiche e sociali e di
tutti quei fenomeni tipici della psicologia di massa, attraverso i quali si
attua l'orientamento delle idee e delle passioni di una folla in una direzione
comune e, dunque, l'annullamento della personalità individuale e il
contagio psichico. Della
p. collettiva si è largamente occupata la
ricerca psicologica, in particolare C.G. Jung. • Encicl. - Termine la cui
etimologia evoca l'idea del
soffio o dell'
alito, da intendersi
come
respiro vitale. Presso i Greci, che identificavano l'anima con il
respiro suddetto, la storia del concetto di
p. coincide con quella del
concetto di
anima. Nei poemi omerici, il termine
p. designa
quell'entità particolare che, al momento della morte, si distacca dal
corpo dell'uomo, uscendo dalla bocca o da una ferita, e si reca nel mondo
sotterraneo dell'oltretomba. Si riteneva che la
p. fosse fluida e priva
di consistenza come il fumo e che riproducesse le fattezze del corpo cui aveva
dato vita. Generalmente invisibile, tale entità poteva apparire solo nei
sogni o a chi fosse riuscito a giungere nell'Ade. Nell'ambito della filosofia
greca,
p. è la personificazione dell'anima umana che, caduta dal
cielo, si unisce al corpo, per poi tornare alla propria origine divina
attraverso un processo di purificazione. Tale concetto, più in
particolare, ricorre spesso nelle dottrine orfico-pitagoriche (che postulano per
l'anima una sorte ultraterrena di premio o castigo, a seconda del comportamento
tenuto in vita), in Platone (che in alcuni dialoghi, come il
Timeo, il
Fedro, il
Fedone, la
Repubblica, il
Convito, tratta
i temi della preesistenza dell'anima rispetto al corpo e del suo destino dopo la
morte del corpo) e nel Neoplatonismo, soprattutto in Plotino. In vari reperti
archeologici e documenti letterari di epoca classica la
p. viene
rappresentata come un'immagine (
héidolon) umana in miniatura,
spesso nuda o anche munita di ali; a partire dall'età ellenistica,
invece, essa appare come una fanciulla con ali di farfalla o, più
semplicemente, come una farfalla (che in greco si dice appunto
psyché). Sia nelle figurazioni di epoca classica sia in quelle di
epoca ellenistica, inoltre, è evidente il rapporto fra
p. e
l'amore. • Mit. - Le varie dottrine sull'anima trovano una loro
espressione nel mito di
Amore e Psiche, il cui nucleo originario,
arricchitosi nel corso dei secoli, trovò poi una sistemazione definitiva
nelle
Metamorfosi di Apuleio (V. AMORE E PSICHE). • Arred. - Mobile di epoca neoclassica, particolarmente
diffuso nel XIX sec., costituito da uno specchio sostenuto da due supporti
laterali. Lo specchio poteva assumere inclinazioni diverse ed era di dimensioni
tali da consentire a una persona di guardarsi per intero.