Il fatto di essere provvidente, cioè la facoltà di provvedere alle
necessità proprie o altrui con efficacia. ║ Secondo un'accezione
filosofica e religiosa, la preordinazione dell'universo e della storia degli
uomini da parte dell'Ente supremo, che la realizza secondo fini che trascendono
la comprensione umana
. ║ Per estens. - Dio stesso
. ║
Fig. - Fatto, avvenimento imprevisto ma fortunato che risolve una situazione di
necessità, di difficoltà o di pericolo:
questo lavoro è
stato una p. ║ Secondo un'accezione più limitata e concreta,
intervento straordinario da parte del Governo o di amministrazioni locali a
sostegno di persone fisiche o giuridiche, o di categorie sociali in condizioni
di necessità:
il Governo ha stanziato i fondi per le p. ai
terremotati. • Filos. - Attributo divino per il quale Dio, creando
l'universo, lo ordinò a un bene supremo verso il quale esso si dirige
dunque necessariamente. Il concetto di
p. (in greco
prónoia) è già presente nell'antichità
classica, a esprimere l'ordine razionale e divino immanente tanto al mondo
creato quanto alla sua evoluzione (sia che fosse concepita come ciclica o
lineare). In quanto necessaria e ineludibile, la
p. non è
sostanzialmente differente dalla più antica nozione di
moîra
(destino), se non perché, a differenza di quest'ultima, appare
direttamente connessa e guidata da una volontà divina. In Democrito e
Parmenide, per esempio, il corso degli eventi è determinato dal destino
ineluttabile, mentre in Platone l'ordine cosmico della materia è frutto
della mente ordinatrice del Demiurgo. Secondo Aristotele, la
p. coincide
con l'attrazione che il motore immobile esercita su ogni parte dell'universo
essendone la causa finale. Epicuro, invece, affermando che il cosmo è
frutto casuale della combinazione di elementi, nega per ciò stesso la
possibilità di una
p.: anche se esistessero, gli dei non si
curerebbero affatto del mondo. All'opposto gli stoici, affermando l'esistenza di
un principio razionale da cui si originò l'universo, ritengono che gli
eventi si succedano secondo una necessità divina, insita nella creazione
stessa, che dunque per sua natura evolve sempre verso il meglio e la perfezione
(ancorché spesso ciò non sia intelligibile dalla mente umana). Da
questo assunto discende tutta l'etica stoica, secondo la quale l'uomo deve
sempre accettare con serenità il corso degli eventi, dal momento che, in
quanto necessario, non può essere mutato ed è sempre e comunque
orientato dalla mente divina al bene dell'universo. La conseguente
impossibilità di accogliere, nel sistema stoico, una facoltà come
quella del libero arbitrio umano è esasperata dalle diverse espressioni
del Manicheismo (V.), il quale addirittura postula
una duplice
p.: una emanata dal principio positivo e una da quello
negativo, causa rispettivamente di ogni bene e di ogni male. Il Neoplatonismo
riprende la linea stoica: ispirandosi alla nozione biblica, Proclo concepisce la
p. come espressione di una divinità sempre trascendente ma
onnisciente e onnipresente. Essendo uno dei contenuti dogmatici del
Cristianesimo, l'idea di un disegno provvidenziale, variamente armonizzato con
il libero arbitrio dell'uomo e la libera azione di Dio è presente in
tutto il pensiero filosofico e teologico medioevale: Agostino, nel
De
civitate Dei, interpreta e spiega l'intera storia dell'uomo come espressione
della
p. divina; la Scolastica dei secc. XI-XIV ne fa, sul piano
teologico, un attributo di Dio. Più precisamente Tommaso d'Aquino
connette la
p. divina all'attività creatrice, per la quale Dio,
una volta creato il mondo mediante la sua libera volontà, lo ordina e
governa secondo il fine dettato dalla sua intelligenza, che è massima,
"provvedendo" massimamente mezzi e strumenti necessari ad raggiungere
tale fine. Il principio della
p. risiede, per Tommaso, nella
lex
aeterna, cioè nell'ordine secondo il quale è stato creato
l'universo e di cui essa
è la concreta realizzazione nelle singole
creature. Dalla dimensione teologica, il concetto di
p. si riaffaccia
alla riflessione filosofica a partire dall'età moderna, quando è
dibattuto con vivacità il problema della prescienza divina e della
predestinazione (V.) e il rapporto tra libero
arbitrio e grazia. La medesima discussione investe anche la filosofia della
storia, sortendo asserzioni assai differenti: per P. Bayle, la presenza del male
nel mondo e nella storia collide con qualsiasi idea di
p. cristianamente
intesa, lasciando spazio solo a una sorta di Deismo naturalistico; secondo J.B.
Bossuet, invece, è la
p. il vero motore della storia, mentre gli
uomini sono solo interpreti, più o meno consapevoli, dei disegni divini.
Nella
Scienza Nuova di G.B. Vico, il concetto filosofico di
p. ha
ulteriore espressione in una dimensione però laica e razionalistica, come
virtù mediante la quale le azioni degli uomini sono ordinate,
inconsapevolmente, a fini universali che eccedono la misura di obiettivi e cause
particolari che le muovono (progresso, tutela della famiglia, promozione della
società e della civiltà, ecc.). L'idea di una mente ordinatrice
è presente anche negli apologhi di B. de Mandeville o nelle teorie di A.
Smith, per il quale un disegno intrinseco alla storia provvede alla
realizzazione del bene comune, a prescindere dalle intenzioni con cui i singoli
agiscono. L'idea di una
p. immanente alla storia dell'uomo è
sviluppata da Hegel come una sorta di superiore razionalità del reale,
un'"astuzia della ragione" che realizza il progetto di bene universale
sfuggendo alla consapevolezza degli uomini che, pure, ne sono i realizzatori
pratici. • Rel. - Rispetto alla fede nella possibilità di un
intervento divino nelle vicende degli uomini, qualificante l'esperienza
religiosa in genere e all'origine di ogni atto di culto, preghiera o sacrificio,
la nozione di
p. è propria solo di alcune religioni a carattere
sistematico. Tale concetto, infatti, presuppone un apparato dottrinale che
attribuisca alla divinità onnipotenza e onniscienza, in ordine all'atto
creativo e al fine verso il quale è volta la creazione medesima. La
riflessione dottrinale, d'altro canto, può condurre, come nel caso del
Buddhismo o dell'Induismo, all'esclusione di una qualsiasi
p., in quanto
il
karman (cioè l'atto e la sua conseguenza) determina il destino
del singolo. ║ Nell'Antico Testamento si esprime la fede in Dio
provvidente, che non solo conosce, dispone e governa la storia, ma si coinvolge
tanto nella vicenda dell'uomo da stringere con il popolo di Israele un patto di
fedeltà (l'Alleanza). Su questa formulazione si innesta il concetto
cristiano di
p., secondo il quale il disegno provvidenziale di Dio,
espresso da tutta la Scrittura, si dispiega dalla creazione, in vista
dell'Incarnazione e Redenzione e poi per tutta la durata della storia, fino al
giorno del Giudizio finale. La storia diventa per il Cristianesimo "storia
di salvezza": il piano della
p. divina dà senso e armonia al
succedersi degli eventi, per quanto essi possano sembrare dolorosi o
incomprensibili.