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Prostituzione.

(dal latino prostitutio, der. di prostituere: esporre, mettere in vendita). Prestazione sessuale a pagamento con carattere di abitualità e di professionalità. Esiste in entrambi i sessi, per quanto il termine sia soprattutto usato con riferimento alla p. femminile, essendo la p. maschile esaminata, in genere, nell'ambito degli studi sull'omosessualità. Nelle società occidentali contemporanee, è punito lo sfruttamento della p., ma non la p., che è considerata attività lecita, in quanto riguardante i diritti della persona, anche se, poi, è sottoposta a una serie di divieti che ne ostacolano il libero svolgimento; in questo senso, per esempio, gli stessi proventi derivanti dall'esercizio della p. sono reputati illegali. In alcuni Paesi è stata introdotta la schedatura delle prostitute; questo provvedimento, in passato molto più diffuso, si prefigge lo scopo di consentire alle autorità di esercitare un controllo su questa attività e di sottoporre le prostitute a periodiche visite mediche, alla luce anche del pericolo di infezioni veneree e della crescente diffusione dell'AIDS. Esso oggi suscita, peraltro, dubbi tanto di legittimità, poiché limitativo della libertà e della privacy della persona, quanto di efficacia, dal momento che alle prostitute schedate e professionali si aggiunge di solito un numero fluttuante di donne che svolgono una qualche attività lavorativa, ma che integrano i loro guadagni con saltuarie prestazioni sessuali a pagamento. • Encicl. - L'origine della p. costituisce un problema storiografico assai controverso. Già nell'antica Mesopotamia il codice di Hammurabi (XVII sec. a.C.) disciplinava la p., attribuendo alla prostituta il diritto a ricevere un compenso per le sue prestazioni, ma negando legittimità a qualsiasi altra pretesa sul cliente, anche se abituale. La p. era diffusa anche in Egitto e in Palestina; in particolare, in Palestina accadeva, secondo quanto testimonia la Bibbia, che le prostitute stazionassero lungo le più importanti vie di comunicazione per assicurarsi come clienti i ricchi viaggiatori, mentre quelle che vivevano in città erano costrette ad abitare in apposite case poste di solito nei pressi delle mura. Nella civiltà greca la p. era apertamente accettata e, anzi, in molte póleis era in vigore una particolare tassa per chi la praticava. Ad Atene, secondo la tradizione, fu lo stesso Solone (VI sec. a.C.), colui che dettò le leggi della città, a istituire le case di piacere; le tariffe, fissate direttamente dalle autorità statali, erano molto basse e le donne che vi lavoravano, considerate la feccia della p., erano private dei diritti civili. Sugli introiti di queste case di piacere era prevista una tassazione, che permise, tra l'altro, la costruzione del grandioso tempio dedicato ad Afrodite. Su un gradino superiore nella considerazione sociale stavano le prostitute da marciapiede (peripatetiche), che si procuravano i clienti per strada, nelle taverne e in altri luoghi pubblici; di rango ancora più elevato erano le prostitute che erano chiamate ad allietare i banchetti: abili danzatrici e suonatrici di flauto e cetra, riuscivano a volte ad accumulare ingenti ricchezze in ragione degli alti compensi richiesti per le loro prestazioni. Al vertice della scala sociale delle prostitute si collocavano le etére, donne in genere particolarmente colte, alle quali andavano i favori degli uomini più in vista. Capitava così che statue di etere venissero collocate nei templi e negli edifici pubblici, accanto a quelle degli eroi e di famosi uomini politici. Nell'antica Roma la p. veniva considerato un mestiere come gli altri; i giuristi romani definivano la prostituta (lupa) come colei che si guadagna da vivere col proprio corpo; i bordelli, i cosiddetti lupanari o fornices, si trovavano nei pressi delle mura cittadine (a Roma sorgevano in maggioranza nei pressi del Circo Massimo) ed erano composti di piccole stanze (cellae), sulla porta delle quali era scritto il nome dell'occupante, seguito a volte dalla tariffa richiesta. Leno (se maschio) e lena (se femmina) erano chiamati i tenutari della casa di piacere e si distinguevano a seconda che si limitassero ad affittare le stanze alle donne che vi lavoravano o, piuttosto, gestissero direttamente le case dando solo una piccola parte del ricavato alle prostitute. Eccezion fatta per le cortigiane (corrispondenti alle etere greche), alcune delle quali sono state rese famose dai poeti del tempo (in questo senso, si pensi a Lesbia, a Corinna o a Cinzia, celebrate rispettivamente da Catullo, da Ovidio e da Properzio), le prostitute nell'antica Roma non godevano di condizioni di vita particolarmente favorevoli: erano, infatti, obbligate ad accettare ogni tipo di clienti, purché avessero i soldi per pagare, non potevano avvicinarsi al tempio di Giunone per non profanarlo e per strada risultavano immediatamente riconoscibili, in quanto dovevano portare una tunica corta simile a quella degli uomini; inoltre, era loro imposto di versare una tassa speciale ed essere iscritte in un apposito registro. Oltre alla prostituta di professione, vi era, poi, un certo numero di donne che arrotondavano le loro entrate offrendosi per denaro: tra queste figuravano le ragazze che servivano nelle osterie e nei vari esercizi pubblici e le passeggiatrici o falene, che adescavano i clienti agli angoli delle strade, nei bagni pubblici, in prossimità dei templi o, addirittura, nei pressi delle tombe (da qui l'epiteto di "guardiane di tombe"). Le restrizioni imposte alle prostitute caddero col tempo in disuso: il Corpus Iuris Civilis (compilato nel VI sec. per volere dell'imperatore Giustiniano) recepì questa tendenza in atto e si preoccupò, più che altro, di perseguire il meretricio organizzato e lo sfruttamento delle donne da parte dei lenoni. A favore di questa impostazione del Corpus agì probabilmente l'influenza della stessa moglie di Giustiniano, Teodora, che in gioventù era stata attrice e prostituta. Nell'Impero carolingio, nonostante le case di piacere fossero assai poco numerose (in quanto si trattava di un'istituzione tipicamente cittadina, mentre quella franca era una società essenzialmente contadina), non mancavano le prostitute; ufficialmente, non erano viste di buon occhio (tanto è vero che sotto Carlo Magno furono adottate leggi che prevedevano severe punizioni alle donne dedite alla p.), anche se, poi, di fatto, i maggiori notabili riservavano un'ala dei loro castelli per le stanze delle donne, costituendo quello che sembrava essere un vero e proprio harem. In ogni caso, la p., favorita nei secoli successivi dall'urbanesimo e dalle Crociate, continuò a essere praticata e a prosperare. Sotto Luigi IX di Francia (il "re santo") fu emanata una legge molto rigida, che prevedeva la privazione di ogni avere personale per tutte le prostitute e per tutti coloro che vivevano di p.: la legge ebbe una certa efficacia, ma sollevò un evidente malcontento, cosicché a distanza di pochi anni fu abolita. Una delle maggiori obiezioni sollevate contro la p., nel Medioevo, era che i bordelli fungevano da centri di attività criminose; alcune città, soprattutto inglesi, cercarono, allora, di risolvere il problema in maniera drastica, bandendo la p., mentre altre tentarono di confinare le prostitute in particolari quartieri e obbligarle a vestire secondo una determinata foggia. Quanto alla Chiesa, pur mantenendo una posizione teorica di severa condanna della p., all'atto pratico assunse spesso un atteggiamento conciliante nei confronti delle prostitute, al punto che furono anche creati ospizi per quelle che si erano emendate (ospizi di Santa Maddalena). La tendenza generale era quella di accettare la p. come uno degli aspetti ineliminabili della vita sociale: non deve stupire, dunque, che sul finire del Medioevo essa fiorisse in pressoché tutte le città d'Europa, regolata da specifiche norme. Nel tardo Medioevo e nel Rinascimento, andò affermandosi presso le classi ricche la figura della cortigiana, la donna colta e raffinata, amica di uomini politici e di artisti affermati (evidenti sono le consonanze con l'etera dell'età greca); per quanto in origine per cortigiana si intendesse colei che serviva a corte, presto il termine passò a indicare l'amante di corte o, più genericamente, l'amante di lusso. Nel XVI sec., in seguito allo sviluppo del movimento protestante e al Concilio di Trento, l'atteggiamento tollerante della Chiesa nei confronti della p. fu, però, messo in discussione. Due furono le cause di questo mutamento: da un lato il rigido moralismo seguito alla Riforma, dall'altro il rapido diffondersi delle malattie veneree. I riformatori protestanti mettevano in discussione il celibato del clero, considerandolo un danno per l'intera comunità cristiana, ma ponevano l'accento sulla procreazione come meta principale dell'unione sessuale, condannando, quindi, i rapporti extramatrimoniali e tuonando contro la p. Lutero finì, pertanto, con l'imporre la chiusura delle case di tolleranza in tutte le città riformate, anche se in alcuni casi, come a Zurigo, queste non vennero effettivamente chiuse, ma solo poste sotto controllo pubblico, in modo da vietare l'accesso agli uomini sposati. I controriformatori cattolici cominciarono ad attaccare energicamente la p. (era in quel periodo, del resto, che papa Paolo IV ordinava che i corpi nudi dipinti da Michelangelo nella Cappella Sistina venissero coperti). Fu, però, principalmente la paura della sifilide, che verso la fine del XV sec. aveva cominciato a dilagare in tutta Europa, che portò a ordinare la chiusura di pressoché tutti i bordelli (a Londra ciò avvenne nel 1546 e a Parigi nel 1560) e a imporre dure punizioni a chi trasgrediva alle leggi. Malgrado ciò, la p. continuò a essere praticata, sia pure in forme più discrete; dopo la battuta d'arresto del XVI sec., anzi, essa cominciò a fiorire di nuovo e, per quanto fosse legalmente vietata, nei secc. XVII-XVIII determinò grossi giri d'affari nell'economia cittadina. Valga per tutti l'esempio di Parigi, dove esistevano case di piacere per ogni genere di clientela e dove pare che nel 1770 il numero delle prostitute si aggirasse intorno a 20.000, su una popolazione complessiva di 600.000 abitanti. Poiché, nonostante i molteplici tentativi di bandire la p., essa aveva continuato a prosperare, da varie parti, sin dall'inizio del XVIII sec., si cominciò a chiedere una riforma del sistema e il riconoscimento legale del meretricio: i tentativi rimasero, però, infruttuosi e solo nei primi anni dell'Ottocento le autorità pubbliche europee cominciarono ad assumere un nuovo atteggiamento nei confronti della p. In Francia fu così adottato un sistema che sarebbe stato poi seguito sino al XX sec. anche nel resto dell'Europa: di fronte alle difficoltà di un controllo sulle singole prostitute e sulle case private, vennero istituite case di tolleranza autorizzate e venne proibito (ancorché con scarso successo) l'adescamento per strada. Queste misure furono in seguito adottate in pressoché tutte le città europee. In Inghilterra, invece, un largo movimento di opinione portò all'abolizione nel 1886 del Contagious Diseases Prevention Act, con cui nel 1864 si era reso obbligatorio il controllo sanitario della p. Anche negli Stati Uniti, a dispetto del dilagante puritanesimo, la p. era largamente diffusa e non mancavano sollecitazioni per una sua regolamentazione; ogni proposta di legge al riguardo venne, però, respinta e le autorità cittadine americane si limitarono a favorire l'isolamento delle prostitute in determinati quartieri. Già, però, nel primo decennio del XX sec. solo in poche città esistevano ancora tali quartieri: nei Paesi dell'Europa centro-settentrionale, ci si avviò di lì a qualche anno verso la chiusura delle case di tolleranza e verso una politica meno repressiva, mentre Francia e Italia, dove la regolamentazione della p. sarebbe stata abolita rispettivamente nel 1946 e nel 1958, rimasero tra gli ultimi baluardi della p. legalizzata. ║ P. sacra: questa categoria racchiude due distinti fenomeni, entrambi legati alla dimensione etico-religiosa. Il primo si ha quando la donna deve compiere un atto iniziale di p. per diventare in seguito una sposa fedele, il secondo (che costituisce la p. sacra stricto sensu) si verifica quando una donna viene adibita al servizio del tempio in qualità di prostituta sacra, per un periodo limitato di tempo o per tutta la vita. Appartengono al primo tipo le forme di p. simili a quella che si praticava nel tempio di Mylitta a Babilonia e della quale parla diffusamente Erodoto; secondo lo storico greco, presso i Babilonesi era costume che ogni fanciulla, indipendentemente dal suo rango sociale, offrisse la propria verginità a Mylitta prostituendosi a uno straniero all'interno del tempio dedicato alla dea. Una volta entrata nel tempio, la ragazza non poteva uscirne finché uno straniero non le avesse gettato una moneta d'argento nel grembo (ella non aveva il diritto di rifiutare la moneta, qualunque fosse il suo valore e chiunque fosse l'uomo che gliela offriva, salvo, poi, lasciarla al tempio). Stando sempre a quanto riferisce Erodoto, le ragazze che erano state meno dotate dalla natura finivano per aspettare nel tempio mesi o addirittura anni. Al secondo tipo di p. sacra appartiene, invece, la p. in uso a Cipro, patria della dea dell'amore Afrodite, dove le donne addette al culto della dea (le hierodule) erano a disposizione di tutti i richiedenti. Templi simili erano per verità dislocati anche lungo le coste greche e nell'Italia meridionale: in questo senso, celeberrimi furono il tempio di Erice nella Sicilia occidentale e quello di Corinto (dove, a detta di Strabone, prestavano servizio oltre mille etere). ║ Promiscuità e p. ospitale: la p. nelle cosiddette società primitive si svolgeva in forme diverse da quelle delle società occidentali; spesso, in verità, si tratta di prestazioni assai più simili alla promiscuità che alla vera e propria p. Per esempio, nella Mongolia , le prostitute erano considerate delle mogli temporanee da parte dei vari mercanti che le sceglievano come compagne di viaggio dietro un compenso pattuito; anche presso alcune tribù degli Indiani d'America era consuetudine che il cacciatore che partiva per una lunga battuta si facesse accompagnare da una donna. Nella categoria della p. si suole far rientrare, poi, anche l'offerta della moglie o di una figlia all'ospite o all'amico; la cosiddetta p. ospitale, in uso presso varie popolazioni a Tahiti, a Ceylon, nelle Canarie e tra gli Esquimesi, tende, comunque, ad avvicinarsi alla p. occidentale, dal momento che l'ospite, in cambio dei favori concessigli, è tenuto a offrire a sua volta dei doni. La p. ospitale è sviluppata anche tra i Batu, popolazione stanziata nella vasta fascia di territori che si estende dall'Angola fino al Mozambico centro-settentrionale. Essa è collegata a un'organizzazione familiare e sociale di tipo matriarcale e prevede che la padrona di casa (se ancora giovane) o, diversamente, la figlia maggiore, si conceda in segno di ospitalità ai parenti che giungono in visita da altri villaggi; se, invece, il visitatore appartiene a un'altra tribù e non ha parenti nel villaggio, è il capo del villaggio stesso che stabilisce quale dei membri della comunità debba rendere gli onori all'ospite.