(dal latino
perspectiva: ottica, der. di
perspicere: vedere
chiaramente). Rappresentazione di oggetti nello spazio (nel disegno, nella
pittura, nella scultura) così da raggiungere l'effetto della terza
dimensione su una superficie bidimensionale. I tipi di
p. più
comuni sono:
p. aerea, forma di rappresentazione basata sulle variazioni
di luminosità rispetto alla distanza, allo spessore dello strato d'aria,
alla posizione della fonte di luce;
p. rilievo, forma di rappresentazione
usata nelle sculture a rilievo, in cui la figura viene riprodotta in forma
ridotta secondo regole ben precise;
p. a volo d'uccello, forma di
rappresentazione utilizzata nelle vedute fino al XIX sec., in cui il suolo viene
visto dall'alto, sotto un angolo visuale di 45°. ║ In senso concreto,
pittura murale raffigurante strutture architettoniche o paesaggi. ║
Scenografia teatrale, tipica del Rinascimento, simulante l'ambiente interno o,
di preferenza, esterno in cui si svolge l'azione. ║ Per estens. - Vista
panoramica. ║ Fig. - Previsione di eventi futuri probabili e, soprattutto,
spiacevoli. ║ Punto di vista da cui viene considerato un evento, un fatto,
un problema. • Arte - Il termine
p. viene usato genericamente,
nelle arti figurative, per indicare i vari modi di rappresentare lo spazio. I
popoli del Medio Oriente antico non utilizzavano nessuna tecnica prospettica,
dando profondità alle proprie opere tramite lo scaglionamento verticale
od orizzontale delle singole immagini. In Grecia alcuni studiosi si occuparono
di teorizzare dal punto di vista artistico-matematico il problema prospettico. I
più noti furono Polignoto e Agatarco di Samo, autore delle scenografie
delle opere di Eschilo e di un trattato che avrebbe influenzato Anassagora e
Democrito. Si distinse anche Apollodoro di Atene, detto il "pittore delle
ombre" per le sue ricerche prospettiche nell'ambito dell'ombreggiatura
chiaroscurale. L'arte di Roma si avvalse di una rudimentale
p. nella
pittura murale di carattere scenografico, presente soprattutto nei cicli degli
affreschi di Pompei. In epoca tardo-antica, specie in ambiente bizantino, venne
adottato il metodo della
dissociazione prospettica, attraverso il quale
ogni oggetto venne rappresentato prospetticamente all'interno di un suo spazio
definito, staccato dagli altri per mancanza di criterio unificatore. Il XIII
sec. vide la rinascita di un interesse nei confronti dell'aspetto corporeo degli
oggetti da rappresentare e questa tendenza si pose alla base degli studi di
Giotto. La definitiva riscoperta della
p. centrale ebbe il suo interprete
in Brunelleschi nella Firenze del XV sec. Sempre in quel periodo ci fu la prima
trattazione sistematica della
p. ad opera di L.B. Alberti nel suo
Della pittura (1436). Mantegna modificò il concetto di
p.
abbassandola all'altezza dello sguardo degli spettatori, mentre Leonardo, dopo
studi di carattere scientifico, arrivò a elaborare in embrione quella che
sarebbe diventata la
p. aerea; a Raffaello, invece si deve la prima
applicazione cosciente della
p. architettonica dipinta, la cui importanza
venne sottolineata dagli autori del Seicento e del Settecento, parallelamente a
quella della
p. aerea e degli sfondi a cielo aperto. Nell'Ottocento la
p. era la base di ogni insegnamento artistico di tipo accademico, ma
verso la fine del secolo con gli impressionisti, e soprattutto con
Cézanne, la sua importanza venne meno, per essere totalmente rifiutata
nel XX sec. dalla corrente cubista. • Geom. - Parte della geometria
descrittiva che si avvale dell'elaborazione di regole grafiche per realizzare
un'immagine bidimensionale di qualunque oggetto reale affine a quella data dalla
visione diretta. ║
P. lineare: tecnica utilizzata in
p. che
consente di costruire le immagini quali risulterebbero osservando gli oggetti da
un unico punto di vista
V, detto
centro di p. In generale,
l'oggetto da rappresentare si suppone appoggiato su di un piano orizzontale
α, detto
piano stazione o
geometrale, mentre la superficie
piana π sulla quale viene tracciata l'immagine, detta
quadro della
p., si suppone verticale (
p. normale); se il piano π non
è verticale, si ha una
p. con quadro inclinato. L'intersezione tra
il piano geometrale e il quadro si dice
linea di terra, mentre
l'intersezione tra il quadro e il piano orizzontale passante per il centro di
vista prende il nome di
orizzonte; la semiretta per
V
perpendicolare al quadro si dice
raggio visuale principale, e il suo
punto di intersezione con l'orizzonte si dice
punto principale della
p. Infine, si chiama
distanza principale la distanza tra il centro
di vista e il punto principale, mentre si dicono
punti principali di
distanza i quattro punti del quadro appartenenti, rispettivamente,
all'orizzonte e alla retta perpendicolare all'orizzonte, aventi distanza dal
punto principale pari alla distanza principale. La
p. lineare non
è altro che una proiezione centrale dal centro
V sul quadro
π; a seconda che
V si supponga al finito o all'infinito si hanno,
rispettivamente, la
p. centrale o
conica e la
p. parallela
o
rapida o
assonometrica.