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Progresso.

(dal latino progredi: avanzare, andare avanti). Processo di avanzamento, l'andare avanti, l'avanzare. ║ In p. di tempo: con l'andar del tempo. ║ Ant. - Il modo di procedere, di atteggiarsi. ║ Il procedere verso una meta, verso il proprio compimento. ║ Sviluppo, aumento, rafforzamento. ║ Avanzamento verso stadi superiori, miglioramento, perfezionamento, trasformazione graduale e costante verso il meglio. ║ Fare p.: migliorare, progredire, incrementare i propri risultati. ║ Evoluzione. ║ L'avanzamento verso forme di vita più complesse ed elevate, che garantiscano un miglioramento generale nelle condizioni di vita dell'umanità, ottenuto tramite l'evolversi della cultura, dei modelli di organizzazione sociale, politica, economica e l'incremento delle conoscenze tecnico-scientifiche. • Econ. - P. tecnico: acquisizione di conoscenze in grado di tradursi in nuovi e migliori processi produttivi o nella produzione di nuovi beni. L'economia classica si è occupata della nozione di p. soprattutto in rapporto alla ricerca e alle applicazioni tecnologiche in campo industriale e ha individuato in essa uno dei fattori principali dello sviluppo economico. All'inizio del XX sec. un contributo decisivo all'approfondimento del concetto è stato dato da J.A. Schumpeter; nelle sue ricerche egli ha distinto due aspetti fondamentali del p. tecnico: l'invenzione, che favorisce il p. attraverso la ricerca, e l'innovazione, ovvero l'introduzione e la diffusione di nuovi processi produttivi o di nuovi prodotti. Gli economisti neoclassici, considerando il p. come una variabile indipendente del sistema economico, hanno evitato di studiarne le cause e si sono impegnati nell'approfondimento delle influenze del p. sulla crescita del reddito nazionale, sulla produttività, sull'occupazione. Negli anni Trenta S. Hicks ha definito come neutrale il p. capace di determinare un aumento del prodotto marginale del lavoro pari a quello del prodotto marginale del capitale. H.R.F. Harrod ha riservato la qualifica di neutrale a quel p. che mantiene immutato il rapporto capitale/prodotto e ha sostenuto che il p. tecnico consiste invece in labour-saving, se diminuisce il rapporto lavoro/prodotto, e in capital-saving, se agisce sul rapporto capitale/prodotto. Con l'utilizzo di una funzione di produzione aggregata, gli studi empirici volti a misurare gli effetti del p. tecnico sulla produttività hanno ricevuto nuovo impulso. Alla fine degli anni Sessanta, R.M. Solow ha individuato nel p. tecnico la causa principale (90%) della crescita della produttività del lavoro negli Stati Uniti tra il 1909 e il 1949, stimando, invece, nella misura del 10% il contributo dato dall'accumulazione del capitale. Altri studi, che tenevano conto nella funzione di produzione di altri elementi (qualità del lavoro, ricerca e sviluppo, economie di scala), come quelli condotti da J. Kendrik, D. Sorgenson, E. Denison, hanno attribuito un ruolo decisamente minore al p. tecnico nell'aumento della produttività. Negli anni Ottanta le conseguenze del p. tecnico sono state oggetto di attento studio da parte della scuola evolutiva (R. Nelson, S. Winter, C. Freeman, G. Dosi, L. Soete, G. Silverberger). In questo ambito si è approfondito il ruolo del sistema innovativo, non solo tecnologico, ma anche istituzionale e sociale, nell'accelerare il p. produttivo e commerciale. In modo particolare si è dimostrato che il p., a differenza di quanto sostenuto dall'economia neoclassica, non è indipendente dal sistema economico, ma risulta influenzato dalle scelte degli operatori. Risale a Harrod l'idea che la crescita del capitale umano, vista come una delle principali fonti di p. tecnico, sia influenzata dalle decisioni degli operatori economici; mentre H. Uzawa, negli anni Sessanta, ha elaborato un modello in cui la crescita endogena del capitale umano determina la crescita del prodotto. Solo nella seconda metà degli anni Ottanta, tuttavia, i modelli di crescita endogena hanno avuto una diffusione allargata, contribuendo allo sviluppo di una nuova corrente di studi (P. Romer, R.E. Lucas, H. Grossman, E. Helpman, P. Aghion, P. Howitt). Mentre nei primi modelli di crescita endogena il p. tecnico veniva visto come un effetto dell'apprendimento per esperienza, in seguito è considerato una conseguenza delle spese in ricerca sostenute in modo intenzionale dalle imprese per ricavare maggiori profitti, attraverso l'introduzione di nuovi beni sul mercato. In questo modo il p. tecnico viene a essere del tutto simile a un fattore di produzione, che viene utilizzato sulla base del suo costo e della sua produttività. Tale impostazione è riuscita a fornire una spiegazione, negli studi empirici, di fenomeni precedentemente poco compresi, quali la mancanza di convergenza fra Paesi industrializzati e in via di sviluppo (dal momento che i bassi redditi impediscono una veloce accumulazione di conoscenze tecniche) e le fluttuazioni economiche, provocate da shock endogeni, correlati allo sviluppo della conoscenza tecnologica. • Filos. - Nell'ambito della filosofia della storia, il termine p. indica un processo di avanzamento continuo e unilaterale, durante il quale le conquiste si accumulano portando a un miglioramento, supposto illimitato, delle condizioni materiali e morali dell'umanità. In questo senso l'idea di p. è qualcosa di relativamente recente, essendo apparsa solo alle soglie dell'età moderna. Il mondo antico, greco e romano, risulta, infatti, prevalentemente ancorato all'idea di una mitica età dell'oro, posta all'inizio dei tempi, rispetto alla quale le successive tappe appaiono come un processo regressivo, o a quella dell'eterno ritorno (sostenuta ad esempio dagli stoici), secondo cui gli eventi si ripeterebbero ciclicamente. Con l'avvento del Cristianesimo, l'idea di un andamento circolare della storia viene soppiantata da una concezione lineare, che va dalla creazione e dalla cacciata di Adamo dal paradiso terrestre, all'incarnazione, fino alla fine dei tempi. In questo modello, tuttavia, il p. non è risultato dell'operato umano, ma della Provvidenza divina. L'idea di p. come ampliamento delle conoscenze umane e frutto dell'opera dell'uomo nasce nel Rinascimento, anche se qualche anticipazione è già presente nel XII sec., come si può cogliere dalla celebre metafora di Bernardo di Chartres, secondo cui i contemporanei sono come nani sulle spalle di giganti (gli antichi), e perciò capaci di vedere più lontano. Solo nel Rinascimento, tuttavia, l'idea del necessario p. intrinseco alla storia, basato sulla capacità di conquista della natura umana, diventa un'idea ampiamente diffusa e continuamente alimentata dal veloce allargamento delle conoscenze storiche, geografiche, scientifiche e tecniche. Emblematica in questo senso è la posizione di Giordano Bruno (La Cena delle ceneri), secondo cui l'avanzamento della conoscenza è proporzionale al numero di osservazioni che si sono potute effettuare; la naturale conseguenza è che i moderni hanno una maggiore esperienza degli antichi. Il tema della superiorità dei moderni sugli antichi diviene di grande attualità soprattutto nel Seicento (lo si trova in Campanella, Bacone, Cartesio, Pascal, Leibniz, ecc.), epoca in cui trova una delle sue più celebri espressioni nella Digression sur les anciens et les modernes (1688) di B. de Fontenelle. Le argomentazioni di Fontenelle ricalcano quelle di Bruno: la supremazia dei moderni sugli antichi deriva dal fatto che i primi usufruiscono delle precedenti scoperte come punto di partenza per p. futuri, in uno sviluppo che si ritiene illimitato. L'Illuminismo estende la nozione di p. dal campo meramente conoscitivo a quello sociale e morale e fa del p. il caposaldo della sua filosofia della storia. Risale infatti alla storiografia illuministica la concezione della storia come un lento, ma costante processo di transizione verso un'organizzazione perfetta e definitiva della società umana. L'idea di p., la cui concettualizzazione viene impostata da Voltaire e da Turgot, permea poi tutta la letteratura illuministica, da Helvétius a Holbach. I contributi dati dagli illuministi alla teoria del p. sono molteplici e fondamentali: la concezione laica della storia, l'idea dell'influsso delle arti e della scienza sul miglioramento delle condizioni dell'umanità, l'idea della liberazione dalla superstizione e dal pregiudizio come condizione di perfezionamento, l'interesse per società diverse da quella europea, rispetto alla quale rappresenterebbero stadi di sviluppo anteriori. Un importante contributo viene dato anche dalla scuola fisiocratica con la sua teoria di una successione delle forme economiche (caccia-pesca, pastorizia, agricoltura) e del loro influsso sul p. dell'umanità. Un chiaro influsso di tale dottrina è riscontrabile non solo nel pensiero di Turgot, che la arricchì con la legge dell'accelerazione del p. indotta da ogni avanzamento dell'umanità e con quella degli stadi evolutivi dello spirito umano (soprannaturale, filosofico, scientifico), ma anche nella filosofia della storia di Condorcet. Quest'ultimo traccia un quadro sistematico del p. universale, culminante in un'era futura in cui gli uomini, grazie alla diffusione della conoscenza e al potere che essa conferisce, saranno in grado di superare gli ostacoli fisici e mentali che si oppongono alla felicità. Uguaglianza delle Nazioni, eliminazione delle differenze di classe e, come risultato di ciò, un miglioramento morale e spirituale generalizzato, sarebbero state, secondo Condorcet, le naturali conseguenze del p. Anche le filosofie della storia elaborate in seno all'Illuminismo e all'Idealismo tedeschi (Lessing, Herder, Kant, Fichte, Hegel) non risultano estranee a queste tematiche ma, a causa della loro complessità, ebbero un pubblico meno vasto e un minor influsso sulla concettualizzazione dell'idea di p. Va comunque ricordato che l'idea hegeliana dell'esistenza di un'unica legge, logicamente necessaria, di sviluppo progressivo, valida sia per l'evoluzione della società sia per qualunque aspetto della civiltà, fornì nuovi argomenti e presupposti alla teoria del p. La formulazione classica dell'idea di p. rimane tuttavia quella elaborata in Francia e Inghilterra nel corso del XIX sec., in seno al movimento del Positivismo. Mentre nel Settecento l'idea di p. aveva mantenuto una certa flessibilità e un carattere probabilista, nell'Ottocento essa diviene rigida e deterministica: il p. viene assunto come legge necessaria e unilaterale dell'evoluzione dell'umanità. Le riflessioni di Saint-Simon e Comte rappresentano le tappe fondamentali di questa trasformazione. Un ulteriore elemento per la formulazione definitiva della nozione di p. viene fornita da Darwin con la sua teoria dell'evoluzione. Estesa dal campo biologico a quello storico, l'evoluzione diviene il modello più accreditato di p. In questa direzione, emblematica è la posizione di H. Spencer che considera la storia umana come un processo continuo di adattamento, in cui il male è destinato progressivamente a scomparire. La concezione di p. avanzata dal Positivismo ebbe una diffusione estremamente ampia, tanto da permeare di sé ogni manifestazione culturale del XIX sec.; tuttavia è nel corso di questo stesso secolo che vengono poste le basi della successiva critica all'idea di p. Basti pensare alla filosofia di Schopenhauer, che rifiuta come illusorio il p., in quanto espressione di una cieca volontà irrazionale che conduce l'uomo verso nuove e sempre più gravi catastrofi. Un'analoga visione pessimistica dello sviluppo storico è rintracciabile anche in E. von Hartmann e nel Novecento, subito dopo il primo conflitto mondiale, in H. von Keyserling e in O. Spengler. Una volta abbandonata l'idea intellettualistica e scientifica di p., in tali concezioni si fa strada la distinzione fra "cultura" e "civiltà": la prima riguarda i valori spirituali permanenti di un popolo, mentre rientrano nella seconda le strutture tecnico-scientifico-giuridiche di una società. Essendo due aspetti del tutto indipendenti, un avanzamento della civiltà non comporta necessariamente un p. nel campo dei valori spirituali profondi. L'ingenuità e l'inconsistenza dell'idea di p., fu smascherata da F. Nietzsche, le cui accuse contro la mentalità progressista moderna, che va dall'Illuminismo al Positivismo, hanno profondamente influenzato tutta la filosofia del Novecento e in particolare la scuola di Francoforte e il pensiero di M. Heidegger. Va ricordato che la critica novecentesca dell'idea ottimistica di p. ha potuto avvalersi, oltre che di contributi prettamente filosofici, anche dei concetti forniti dall'antropologia culturale e dall'etnografia, in primo luogo quello del rifiuto dell'esistenza di un'evoluzione unica e unidirezionale del cammino umano. ║ P. all'infinito: locuzione, propria della filosofia scolastica, che indica il procedere logico che si verifica quando, per spiegare una cosa, il pensiero ricorre a un secondo termine, il quale a sua volta, per giustificarsi, implica un terzo, e così via, senza che sia possibile giungere a un termine ultimo di spiegazione.
"Il concetto di progresso scientifico" di Ludovico Geymonat