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Profetismo.

Attività del profeta nell'ambito di una forma religiosa. ║ Tendenza ad assumere toni profetici; convinzione di intuire lo svolgimento di eventi futuri. • St. delle rel. - P. ebraico: a partire dal IX sec. a.C., come si può evincere dalla Bibbia, si affermano nel mondo ebraico individui che si fanno, più che prefiguratori del futuro, portavoci e interpreti della volontà divina e che richiamano instancabilmente popolo, governanti, sacerdoti al rispetto delle clausole fondamentali dell'alleanza con Yahvé. In questo senso, il p. ebraico trova la sua ragion d'essere nella necessità di difendere l'ortodossia del culto dalle degenerazioni ritualistiche e idolatriche; alla luce, però, delle forti implicazioni etico-sociali del messaggio profetico, non è improprio sostenere che il p. costituì una vera e propria coscienza critica della società ebraica. Nella storia del p., si usa distinguere profeti attivi (Elia ed Eliseo tra gli altri) e profeti scrittori; questi ultimi, operanti a partire dall'VIII sec. a.C., hanno lasciato numerosi scritti, confluiti nella Bibbia. Si tratta di Amos, Osea, Isaia, Michea, Nahuma, Sofonia, Abacuc, Geremia e Abdia per il periodo precedente l'esilio babilonese (586 a.C.), di Ezechiele e Daniele per il periodo dell'esilio (586-538 a.C.) e di Aggeo, Zaccaria e Malachia per il periodo successivo; incerta è la collocazione temporale di Gioele. Per ampiezza e importanza delle loro rivelazioni, Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele sono definiti profeti maggiori, mentre agli altri va il nome di profeti minori. Nell'epoca successiva all'esilio, il p. andò decadendo, in gran parte a causa della progressiva perdita della sua indipendenza dal potere politico e religioso, fino a essere sostituito dall'apocalittica. Rispetto al p., l'apocalittica è caratterizzata da un rigido determinismo storico, dalla segretezza della predicazione e dall'insistenza sul motivo dell'appartenenza al ristretto novero degli eletti: riconoscendo, peraltro, la linea di continuità che sussiste tra queste due correnti di pensiero, si tende a riconoscere nell'apocalittica un'evoluzione del p. In questo senso, anche nei secoli successivi, con la piena affermazione del Cristianesimo, il p., lungi dall'essere rigettato, subì anzi quegli emendamenti che gli permisero di giocare un ruolo di un certo rilievo tanto nelle prime elaborazioni ideologiche ufficiali quanto presso i movimenti ereticali (Millenarismo, Montanismo), fino a divenire espressione di quel disagio nei confronti della gerarchia ecclesiastica che attraversò tutto il Medioevo.