(dal latino
profiteri: dichiarare, professare). Libera e pubblica
enunciazione delle proprie idee, convinzioni politiche, religiose, ideologiche,
ecc. • Rel. - Aperta e pubblica dichiarazione dell'adesione di una persona
a una determinata confessione religiosa. La
p. di fede presuppone un
contenuto dottrinale e sintetizza i principi fondamentali della religione cui
aderisce la persona che pronuncia tale
p.; si identifica con il dogma di
un credo religioso, poiché in essa confluisce il patrimonio di una
rivelazione divina, fissato in un libro sacro e interpretato dalla tradizione in
ossequio all'ortodossia. L'atto con cui il fedele dichiara di accogliere
determinate verità e si impegna nel futuro a non tradire tale decisione
ha carattere non solo pubblico e solenne, ma ufficiale: avviene, infatti,
mediante la ripetizione di una formula decretata e voluta dall'autorità
ecclesiastica. Per quanto riguarda la religione cristiana, tra le formule
più antiche vanno ricordate il
Credo, usato fin dalla fine del II
sec. e oggi adibito alla liturgia del battesimo e il simbolo
niceno-costantinopolitano, entrato in uso dopo il Concilio di Nicea (325) e
confermato nel 381 dal Concilio di Costantinopoli. Sono tenuti alla
p. di
fede i battezzandi (per bocca dei loro padrini se neonati, per atto proprio se
adulti), i provenienti alla religione cattolica da scisma o eresia, quanti
prendano parte a concili o sinodi, quanti vengano eletti a cariche
ecclesiastiche, i rettori di seminari, i professori di facoltà teologiche
e, infine, i suddiaconi e i sacerdoti. La
p. di fede è inoltre
obbligatoria per i sommi pontefici al momento della loro salita al soglio in
qualità di maestri di essa. ║
P. religiosa: atto con cui un
battezzato entra a far parte di un determinato istituto ecclesiastico e diviene
"religioso", consacrandosi totalmente a Dio attraverso il ministero
della Chiesa e facendo della propria vita una testimonianza di offerta e di lode
a Dio. Il rito che dà inizio alla
p. religiosa si caratterizza per
l'osservanza delle regole proprie dell'ordine o della congregazione prescelta.
Tali regole si concretizzano, in genere, nell'emissione dei voti di
castità, povertà e obbedienza (più altri che variano a
seconda delle norme proprie dei vari istituti) e, dunque, nella rinuncia al
"secolo", alla famiglia, alla proprietà e a se stessi. •
Dir. - Esercizio ai fini di lucro di un'attività intellettuale o manuale.
• Encicl. - Anticamente le uniche
p. riconosciute erano quelle
cosiddette
liberali. Nella considerazione generale esse venivano
collocate al di sopra di quelle manuali, chiamate semplicemente
arti o
mestieri, ed erano reputate le uniche degne di uomini liberi. Se le
p. intellettuali, infatti, richiedevano l'uso di una facoltà
nobile e, per così dire, innata, qual è quella dello spirito, per
l'esercizio delle
p. manuali erano sufficienti facoltà più
basse e comuni, quali la forza e la perizia, che si potevano tranquillamente
acquisire con l'esercizio e la pazienza. Con l'avvento della Rivoluzione
industriale, lo sviluppo delle forze produttive e il conseguente mutamento delle
tecniche di produzione evidenziarono come non esista attività di
trasformazione della natura o di manipolazione di oggetti basata essenzialmente
e soltanto sulla forza fisica, senza richiedere l'uso di determinate
facoltà intellettuali. In questo senso il termine
p. è
venuto a indicare tutte le attività, sia intellettuali che manuali, a
condizione che rappresentino l'impiego continuativo e abituale, non
semplicemente casuale, di un individuo e abbiano come scopo precipuo il guadagno
personale. In senso stretto, le
p. si dividono in
legali,
tecniche e
sanitarie; per l'esercizio di alcune è
necessario conseguire la laurea e superare un esame di Stato, per molte altre
è sufficiente il diploma di scuola media superiore Le
p. vengono
assoggettate dallo Stato italiano a una disciplina giuridica che tende a
garantire, da un lato, che i professionisti abbiano conoscenza dei fondamenti
generali e specifici del loro lavoro e, dall'altro, che un esercizio
incontrollato di determinate
p. non venga a danneggiare l'interesse
pubblico. Per rendere fattuali tali garanzie, sono stati istituiti i cosiddetti
albi professionali in cui vengono iscritti tutti coloro che sono ritenuti
in possesso dei requisiti indispensabili per esercitare una determinata
p. L'iscrizione negli albi è condotta da parte di organi speciali
che agiscono sotto il controllo diretto dello Stato e non è più
limitata, come avveniva un tempo, ad alcune categorie, ma è estesa
obbligatoriamente a tutte le
p. La cancellazione dall'albo, causata da
motivi di grave scorrettezza professionale, comporta l'impossibilità di
esercitare ulteriormente la
p. Dal punto di vista giuridico occorre
considerare, in ciascuna
p., sia il rapporto che si instaura tra
professionista e cliente, sia la specifica responsabilità in cui
può incorrere il professionista. Il rapporto tra professionista e
pubblico si viene a stabilire sulla base di un contratto di locazione d'opera:
il professionista si impegna, cioè, a prestare la propria opera nel pieno
rispetto delle norme vigenti inerenti ad essa, mentre l'altra parte viene
obbligata a corrispondere il prezzo dovuto alla prestazione. Occorre che tale
compenso sia adeguato al valore dell'opera e, nel caso in cui non venga
determinato dalle parti, può essere stabilito da un giudice, previo
parere del collegio cui appartiene il professionista. Ovviamente, il
professionista che non risulti iscritto a un albo non ha diritto ad alcun
compenso. Quanto al problema della responsabilità del professionista,
è corretto parlare di
obbligazione di mezzi, ma non di
obbligazione di risultato, poiché non sempre, e anzi ben di rado,
il professionista può garantire al cliente il raggiungimento di un
determinato risultato. Al professionista, dunque, il cliente può imputare
soltanto imperizia o negligenza nello svolgimento del suo lavoro. • Dir.
pen. -
Esercizio abusivo della p.:
reato previsto nel nostro
ordinamento giuridico dall'art. 348 Cod. Pen. che punisce chi eserciti
abusivamente una
p., per la quale è prevista una speciale
abilitazione dello Stato. La pena prevista è la reclusione fino a sei
mesi o una multa da L. 200.000 a L. 1.000.000. Nel caso in cui l'esercizio
abusivo riguardi una carica pubblica o l'esercizio di funzioni nel pubblico
impiego, si incorre nel reato di usurpazione di una pubblica funzione (art. 347
Cod. Pen.). ║
Libera p.:
quella esercitata senza alcun
rapporto di subordinazione rispetto al destinatario della prestazione.
║ Fig. -
Ladro di p.: chi si dedica abitualmente
all'attività illecita del furto. ║ Fig. -
La p. più
antica del mondo: la prostituzione.