(dal latino tardo
praeexistentia, der. di
praeexistens:
preesistente). Il fatto di esistere prima. Il termine è usato in modo
particolare per indicare l'anteriorità dell'esistenza
dell'anima rispetto al corpo. • St. delle rel. - Ogni concezione
dualistica circa anima e corpo porta con sé, non solo la questione del
destino dell'anima dopo la morte, ma anche quella di una sua esistenza,
anteriormente all'unione con il corpo. Questi due problemi, qualora
abbiano una eguale rilevanza, possono trovare una comune risposta nella dottrina
dell'incarnazione. Il binomio
p. dell'anima-incarnazione non
è tuttavia scontato; infatti, nella storia delle religioni è
possibile riscontrare la prima credenza anche indipendentemente dalla seconda.
Presso le popolazioni indigene dell'Australia centrale è, infatti,
convinzione diffusa che per dar vita a una nuova esistenza non sia sufficiente
l'unione sessuale di un uomo e di una donna; a questo deve accompagnarsi
"l'entrata nel corpo della madre di uno degli spiriti bambini"
che aspettano l'occasione di incarnarsi nei centri del culto totemico,
dove sono stati lasciati dai fondatori mitici dei vari clan totemici. Idee
simili circa il concepimento si riscontrano presso molte popolazioni autoctone
della Melanesia e dell'America settentrionale. Numerose versioni della
dottrina della
p. dell'anima, ancora una volta indipendenti
dall'idea di reincarnazione, erano diffuse anche nell'India antica.
Il fondamento teorico di tale concezione era l'idea che l'anima
fosse parte di un'unica sostanza spirituale eterna o, in alternativa, che
l'anima individuale stessa fosse indistruttibile per sua propria natura e
che la nascita, propriamente detta, coincidesse con la sua unione con la
sostanza primordiale. Nell'antica Grecia la
p. dell'anima era
uno dei capisaldi dei misteri orfici. L'anima era ritenuta di natura
eterna e divina, mentre la sua unione con il corpo era vista in funzione
dell'espiazione di una colpa originaria; solo dopo un completo processo di
purificazione, reso possibile dalle pratiche misteriche, l'anima poteva
far ritorno alla sua sede divina. Tale concezione fu alla base della dottrina
della metempsicosi (V.) formulata dai Pitagorici e
poi ripresa da Platone. Concezioni simili a quella orfica sono riscontrabili
anche nello Gnosticismo e nel Manicheismo. L'idea della
p.
dell'anima ebbe larga diffusione anche nel pensiero cristiano delle
origini. Origene, per primo, sostenne che l'anima viene creata da Dio
anteriormente alla sua unione con il corpo, che si ha al momento del
concepimento. L'autorità e il prestigio di Origene contribuirono
alla diffusione di questa dottrina: la si riscontra infatti anche in Nemesio,
Didimo, Evagrio; lo stesso Agostino non seppe dare una soluzione definitiva al
problema, esitando fra questa teoria e quella secondo cui Dio crea l'anima
al momento del concepimento. La questione, a lungo dibattuta nella Chiesa
antica, trovò una soluzione dogmatica in occasione del Concilio di
Costantinopoli (553) dove l'origenismo venne condannato. • Filos. -
Espressione adottata per stabilire il primato di un essere rispetto a un altro,
nell'ordine del divenire. In campo filosofico il termine, oltre che in
connessione al problema dell'anima, è spesso usato con riferimento
a Dio. In questo caso l'accezione temporale è impropria perché
solo il secondo termine si trova nella dimensione del tempo, essendo il primo
fuori dal piano misurabile dei fenomeni. L'idea della
p. di Dio è
espressa dalla più antica tradizione biblica ed è stata ripresa
dal pensiero cristiano. È stato Sant'Agostino il filosofo che ha
analizzato più chiaramente il concetto metafisico di
p. attraverso
una riduzione dell'idea di tempo al piano della realtà creata. Secondo
Agostino non è corretto affermare che Dio esisteva prima del mondo,
perché la dimensione temporale ha avuto inizio con la creazione e
definisce quindi la durata di ciò che diviene, non l'essere permanente di
Dio.