(dal latino
praedicatum, der. del greco
kategoroúmenon:
detto, asserito). Ciò che si predica, ovvero ciò che si afferma o
nega intorno a una certa cosa che, grammaticalmente, funge da soggetto. ║
P. d'onore o
p.: qualificazione onorifica, attribuita a personaggi
eminenti, per concessione o consuetudine. Ai senatori delle Repubbliche di
Venezia, Genova e Lucca era, anticamente, attribuito il
p. di
Eccellenza, usato anche per i grandi di Spagna e gli appartenenti a
supremi ordini cavallereschi. In seguito questo
p. fu esteso a tutti
coloro che ricoprivano alte cariche civili o militari e ai cardinali; questi
ultimi, a partire dal XVII sec., ebbero come
p. proprio anche quello di
Eminenza.
P. dei sovrani inglesi è quello di
Graziosissima maestà;
Magnifico degli antichi nobili
veneziani e genovesi e, attualmente, dei rettori d'università;
Monsignore veniva attribuito agli alti prelati e, dal XVII sec., al
Delfino francese;
Serenissimo ai principi sovrani minori, ai principi di
rami collaterali della famiglia regnante e ai dogi di Venezia e Genova. Per
concessione della Santa Sede, ai sovrani di Austria-Ungheria, Spagna, Francia e
Portogallo vennero rispettivamente attribuiti i
p. di
Apostolico,
Cattolico,
Cristianissimo,
Fedelissimo. ║
P.
nobiliare: nome, solitamente di luogo, che, preceduto dalla particella
nobiliare (in italiano
di), viene aggiunto al titolo nobiliare per
specificarlo. Esso può seguire il titolo (
Camillo Benso conte di
Cavour) o semplicemente il nome (
conte Camillo Benso di Cavour).
║
Essere in p. di...: essere fra coloro i quali hanno maggiore
probabilità di ottenere una carica o un titolo. • Filos. -
L'analisi delle forme di enunciazione, condotta da Aristotele
nell'
Organon, portò il filosofo greco a individuare i due termini
basilari dell'enunciazione: ciò rispetto a cui si enuncia e ciò
che si enuncia. Aristotele chiamò il primo
upokeímenon,
tradotto dai Latini con
subiectum, da cui il nostro "soggetto",
e il secondo
kategoroúmenon, in latino
praedicatum da cui
p.,
ovvero il prodotto dell'azione di enunciare. Nella logica
aristotelica soggetto e
p. vengono così ad assumere il ruolo di
elementi fondamentali della proposizione, che già Platone aveva
individuato nel nome (
ónoma) e nel verbo (
rema), intendendo
con quest'ultimo, sia il
p. verbale, sia quello
nominale. •
Gramm. - Il
p. come termine fondamentale della proposizione predicativa,
esprime uno stato, una qualità o un'azione del soggetto. È detto
verbale se nella proposizione appare un verbo predicativo,
nominale se nella proposizione appare il verbo essere o un altro verbo
copulativo; in quest'ultimo caso il
p. è formato dalla copula (il
verbo copulativo) e dalla qualità, nome o pronome unito al soggetto per
mezzo della copula. In italiano, il
p. verbale concorda in numero e
persona con il soggetto. Nei tempi composti, nel caso in cui l'ausiliare sia
essere, il participio concorda anche nel genere; se, invece, l'ausiliare
è
avere il participio non concorda con il soggetto, né nel
genere né nel numero, ma con il complemento oggetto. Il
p. nominale
concorda con il soggetto nel genere e numero, se è aggettivo; qualora
sia sostantivo può non concordare. • Log. - Con il termine
p. si intende un'espressione linguistica che designa una proprietà
di oggetti (per esempio, rosso, piccolo, ecc.). Nei
Principia
mathematica, B. Russel, riprendendo le idee di G. Frege, sostenne che a
un
p. corrisponde una funzione a un solo argomento, ottenibile
sostituendo il termine singolare con una variabile (proposizionale monadica).
Questa funzione, equivalente a una proprietà o a una classe, è
soddisfatta da oggetti del dominio della variabile e può avere come
valori proposizioni o valori di verità. Al contrario della logica
classica, di matrice aristotelica e basata sulla metafisica dell'inerenza, la
logica matematica contemporanea permette di formare non solo enunciati nella
forma
soggetto-p.,
ma anche enunciati esprimenti relazioni fra
individui cui corrispondono, nel linguaggio formale, funzioni
diadiche o
n-adiche. Si deve principalmente a Frege e Russel tale potenziamento
dell'analisi logica degli enunciati, in quanto le loro teorie unificavano
proprietà e relazioni nella nozione di funzione a
n argomenti.
Sulla base di tale equiparazione, un
p. viene generalmente definito come
simbolo per una proprietà. I termini formanti gli enunciati, oggetto di
studio nel linguaggio formale
predicativo, vengono classificati in
p.
e designatori per individui, detti anche
termini. Nel simbolismo
della logica formale si usano lettere minuscole per i termini e maiuscole per i
p., con un segno di esponente per indicare il numero di individui cui il
p. si applica. ║
Logica dei p.: sistema formale entro cui,
una volta decise opportune regole di deduzione, vengono studiate le inferenze
tra formule che si possono formare con
p., costanti, variabili
individuali, quantificatori e connettivi logici.