Termine proprio del linguaggio psicoanalitico, riferito a pensieri che, pur
essendo inconsci, non sono stati rimossi e sono perciò richiamabili
spontaneamente, senza che sia necessario un trattamento di psicoanalisi o di
ipnosi. Freud utilizzò questo termine in contrapposizione a quello di
inconscio, considerato come l'insieme degli elementi di carattere
psichico di difficile accesso perché bloccati da forze censuranti da
rimuovere. Secondo Freud, in una teoria già presente ne
L'interpretazione dei sogni, i processi del
p. riescono a
mantenere con la coscienza un certo rapporto, mitigato però dalla
presenza di attività selezionatrici, atte a proteggere la coscienza
stessa da eventuali elementi perturbatori. Più tardi, ne
L'Io e
l'Es (1922), Freud abbandonò questa dicotomia per inserire la
distinzione tra
Io,
Es e
Super-Io. In questa nuova
formulazione dei processi psichici, il termine
p. assunse valore
aggettivale e arrivò a qualificare parte dei contenuti e dei processi
tipici di
Io e
Super-Io.