L'insieme delle tendenze artistiche, letterarie e filosofiche postmoderne.
• Arch. - In ambito architettonico, il delinearsi del
P. si attua
in contemporanea e stretta connessione con il progressivo esaurirsi del
Movimento Moderno. Iniziata nel 1961 con l'azione critica di Ph. Johnson, la
crisi del Movimento Moderno giunse al suo culmine nel 1977, anno in cui Ch.
Jencks fissò il suo definitivo concludersi e l'inizio ufficiale del
P. Alla messa in discussione di alcuni dei principi fondamentali
dell'architettura modernista, quali il concetto di funzione, la pianta libera,
il grattacielo, la città verticale, si accompagnò la riscoperta
dei legami con la storia, a cui si collegava la scelta stilistica
dell'eclettismo, del revival, della molteplicità di stili, in voluto
contrasto con il gusto del movimento precedente. A queste pratiche stilistiche,
apparentemente improntate a una completa libertà, si affiancò
peraltro la proposta di una vera e propria regolamentazione in ambito
architettonico, con l'introduzione di misure di controllo quali la legislazione
sui materiali, una pianificazione a scala umana, l'adozione di nuove tecniche di
formazione per gli specialisti. Figure guida di questo nuovo indirizzo furono
innanzitutto R. Venturi, dapprima continuatore e in seguito contestatore
dell'opera di L. Kahn, e Ch. Moore. Evidenti espressioni del
P. si
riscontrano nelle critiche mosse al brutalismo da P. Eisenman, J. Hejduk, R.
Siegel, R. Meier, o anche nei disegni di M. Ridolfi, nelle ironiche citazioni di
T. Gordon Smith e, infine, nelle opere di M. Scolari, A. Rossi o F. Purini. In
Italia la presentazione ufficiale degli artisti postmodernisti avvenne in
occasione della Biennale di Venezia del 1980, nell'ambito della mostra allestita
dall'architetto P. Portoghesi sul tema "La presenza del passato".
• Arte - In ambito artistico il
P. si configura soprattutto come un
insieme di esperienze improntate ad uno stesso atteggiamento di apertura
culturale piuttosto che uno stile vero e proprio. Il nuovo indirizzo si
affermò in concomitanza con una radicale revisione del gusto estetico
dell'epoca precedente, in cui l'arte era fondata sul continuo rinnovarsi dei
linguaggi, su una linea di netta rottura con gli stili proposti dal passato. Il
dibattito sul
P. portò con sé, oltre alla messa in
discussione del modello modernista, una rivalutazione delle manifestazioni
artistiche del passato, e soprattutto la scelta di rivolgere l'attenzione
innanzitutto ai processi comunicativi dell'arte. Si delineò così
un gusto estetico aperto alle più svariate influenze culturali, teso a
valorizzare e a creare prodotti appunto "multiculturali"; in questo
senso tecnica privilegiata fu quella del "montaggio", attraverso
l'impiego di tutte le possibili tecniche di produzione e riproduzione di
immagini, e in cui i prodotti "alti" della cultura sono volutamente
accostati e mescolati a quelli della cultura di massa. La conseguenza è
la perdita di valore del concetto di "originale". Principali esponenti
di questo indirizzo artistico furono: J.C. Ammann, B.H.D. Buchloche, H. Foster,
T. McEvilley, A. Bonito Oliva. Tra gli artisti rivolti in particolare ai
processi informativi e comunicativi si segnalano B. Bloom, B. Kruger, J. Holzer.
In Europa, dopo una prima fase concentrata sul recupero della pratica pittorica
di ascendenza espressionista (E. Cucchi, A. Kiefer), si assiste a tendenze molto
diversificate: variazioni su colore e spazio (D. Bianchi, A. Kapoor), indagine
fotografica (T. Ruff, M. Clegg & Guttman), riflessioni sui modi di
presentazione nello spazio dell'opera (C. Boutin, R. Horn). • Filos. - Il
dibattito sul
P. ebbe inizio dopo la pubblicazione, nel 1979, dell'opera
di J.F. Lyotard intitolata
La condizione postmoderna. La riflessione
dell'autore muove da un presupposto essenziale: l'affermazione della fine della
modernità determinata dall'esaurirsi delle grandi filosofie, quelle che
Lyotard indica come i "grandi racconti" (
grands récits),
ovvero le prospettive filosofiche iniziate con l'Illuminismo e continuate sino
all'epoca contemporanea, tese a fornire ampi e saldi disegni esplicativi della
realtà. Non più rivolta a filosofie onnicomprensive, non
più disposta a grandi progetti, l'era postmoderna andrebbe oltre tali
prospettive filosofiche, sulla linea di filosofie decisamente più
concrete. Ecco allora il sorgere di una pluralità di discorsi pragmatici,
volti a fornire risposte contingenti, strumentali e non sistematiche ai singoli
problemi dell'uomo. In tale contesto possono essere inquadrate, allora, le
riflessioni di R. Rorty, L. Wittgenstein e W.V.O. Quine. In Italia, la nozione
di
P. fu affrontata approfonditamente da G. Vattimo, che, muovendo dalle
indicazioni di Heidegger e da Nietzsche, elaborò il concetto di
"pensiero debole", indicando in tal senso l'atteggiamento filosofico
dell'uomo contemporaneo, pienamente consapevole della dissoluzione dei valori
assoluti, delle certezze e degli ideali proposti dal passato. • Lett. -
Connesso storicamente all'avvento del tardo capitalismo, il concetto di
P. ha in ambito letterario contorni piuttosto imprecisi. Corrisponde di
fatto ad un mutamento di sensibilità, con la scelta, in poesia, del
ritorno alla libera e immediata espressione lirica, e con la tendenza ad un
nuovo indirizzo in ambito narrativo. Messi in discussione i tradizionali
concetti di inizio, fine, temporalità su cui si fondava il romanzo
ottocentesco, dichiarata la "morte del soggetto", il nuovo romanzo
mescola elementi storici e fantastici, è mosso dal piacere della
narrazione e perde ogni elemento soggettivo; come in ambito artistico, anche
nella narrativa fondamentali diventano i media, veri narratori dell'evento
romanzesco, nell'ottica di una scrittura che superi le precedenti
sperimentazioni avanguardistiche e recuperi, anche se in modo del tutto
innovativo, la dimensione della narratività. • Teat. - Più
chiaramente caratterizzate in una direzione che si possa definire
P.,
risultano le esperienze teatrali degli anni Settanta-Ottanta del XX sec., che
vedono attivi gruppi quali I Magazzini criminali, La gaia scienza, il Falso
Movimento. Attivo soprattutto a Roma, il teatro del
P. riuscì a
realizzare opere caratterizzate da una contaminazione di generi e di linguaggi,
che attinge contemporaneamente ai mondi della danza, della musica, del cinema,
della performance, della pubblicità e del video, dando origine a una
nuova spettacolarità.