Rel. - Nell'antica
Roma, relativo all'intero collegio dei pontefici, ai suoi singoli membri o al
pontefice massimo. ║
Libri p.:
definizione generica per
indicare le varie compilazioni curate dai pontefici dell'antica Roma. ║
Relativo al sommo pontefice della Chiesa cattolica o, secondo l'accezione
strettamente liturgica del termine, riferito ai vescovi. ║
Liber
pontificalis: compilazione che riporta notizie biografiche e pastorali dei
papi da Pietro a Pio II. ║ Fig. - Solenne, autorevole, autoritario.
║
Libro p.:
testo liturgico che raccoglie le formule, le
preghiere e i riti per il conferimento dei Sacramenti, la cui amministrazione
è riservata ai vescovi o agli alti prelati (Cresima, Ordine,
consacrazione e dedicazione di chiese e altari, ecc.). • Encicl. - Intorno
al X sec., il
Sacramentario (cioè il libro che conteneva i riti di
pertinenza del
sacerdos, prete o vescovo che fosse), si articolò
nel
Messale (che raccoglieva letture, preghiere e canti per la Messa),
nel
Rituale (riferito alle varie celebrazioni, benedizioni ed esorcismi),
e nel
P. (relativo ai riti non eucaristici riservati ai vescovi).
Quest'ultimo nacque dalla necessità di raccogliere in un unico volume
maneggevole riti sparsi in diverse compilazioni e, inizialmente, ebbe il titolo
di
Ordinalis liber, in quanto il conferimento dell'Ordine sacerdotale era
il rito di gran lunga più importante cui si riferiva. La prima edizione
nota è del X sec.: il
P. romano-germanico fu infatti composto
intorno al 950 nel monastero di Sankt Alban, vicino a Magonza, in anni in cui a
Roma la vita ecclesiale era in decadenza. Con il trasferimento a Roma della
corte imperiale ottoniana nel 962 (V. OTTONE I) e
i successivi pontificati di papi tedeschi, questo
p. fu adottato anche a
Roma, intorno all'anno 1000, ed ebbe vasta diffusione in Occidente, influenzando
tutta la liturgia romana medioevale. Nato, secondo lo spirito di riforma
religiosa degli Ottoni, come adattamento per le chiese franco-germaniche del
sacramentario detto
gelasiano antico, esso univa sezioni didattiche e
testi liturgici vari, per un totale di 258 titoli di celebrazioni di varia
importanza. Il cerimoniale che ne sortì mostrava una progressiva
solennizzazione e drammatizzazione e, nel compenetrarsi di elementi romani,
gallicani e di nuova redazione, è la prima testimonianza di quella
"liturgia mista" romano-barbarica che avviò l'unificazione dei
riti di tutto l'Occidente. Giudicato tuttavia "troppo" tedesco da
Gregorio VII (XI sec.), ne furono soppressi gli elementi marcatamente germanici
e fu approntata una nuova redazione: il cosiddetto
P. romano del XII sec.
Esso risultava semplificato e ridotto nelle sezioni didattiche (soprattutto
relative a riti desueti quali gli esorcismi e le ordalie) e maggiormente
plasmato sugli usi della corte papale e delle chiese maggiormente romanizzate. I
cerimonieri di Innocenzo III (1198-1216), mediante ulteriori semplificazioni,
redassero il
P. della curia romana del sec. XIII. Basandosi su tali
testi, il vescovo di Mende, Francesco Durando, realizzò tra il 1292 e il
1295, un
P. che prese il suo nome. Esso era di particolare efficacia
perché ordinava la materia secondo un criterio logico (riti per le
persone, sulle cose, celebrazioni, azioni, ecc.), configurandosi come un manuale
rituale per tutte le celebrazioni episcopali. Grazie a tali caratteristiche la
curia pontificia e papa Clemente V, che conobbe l'opera durante l'esilio
avignonese (1314), rese ufficiale il
P., in quanto
"autentico
e autorevole" e in grado di temperare la tradizione antica romana con le
elaborazioni medioevali d'oltralpe. Diverse edizioni a stampa furono approntate:
ricordiamo il
Liber pontificalis del 1485 (curato da A.P. Piccolomini e
G. Bucardo) e il
P. romano del 1520 (perfezionato da A. Castellani)
.
Dopo
il Concilio di Trento, nel 1596, papa Clemente VIII rese questa
versione del
P. obbligatoria per tutta la Chiesa latina. Se si escludono
interventi limitati e marginali da parte dei pontefici seguenti, il
P.
romano rimase sostanzialmente in vigore fino al Concilio Vaticano II. Prima
di questo evento, il
P. si divideva in tre libri. Il primo comprendeva i
riti relativi a Cresima, Ordine (dall'ostiariato all'episcopato), benedizione di
abati e badesse, consacrazione delle vergini, incoronazione di re e regine; il
secondo riti di dedicazione di chiese, altari e luoghi sacri; il terzo riti di
funzioni speciali sempre di grado episcopale. Papa Giovanni XXIII riformò
nel 1961 il libro secondo, mentre la revisione di tutte le restanti materie fu
compiuta dal Concilio, rinnovando in particolare i riti di conferimento di
diaconato, presbiterato ed episcopato. La riforma liturgica del Vaticano II si
concluse con la pubblicazione del
P. romano (8 volumi, 1968-90), del
Rituale romano (9 volumi, 1969-91) e del
Cerimoniale dei vescovi
(1984). ║
Insegne p.:
vesti e attributi cerimoniali
riservati ai vescovi e finalizzati a
significare (cioè a rendere
evidente per mezzo di segni) ai fedeli il carattere pastorale e docente della
dignità vescovile. Le principali insegne
p. sono: l'anello, il
pastorale e la cattedra o sede episcopale. Un
motu proprio emanato da
Paolo VI nel 1968,
Pontificalia insigna, regolò l'uso delle
insegne e ridusse il numero dei prelati cui sono attribuite.