Rel. - Concezione religiosa e filosofica contrapposta al monoteismo, basata
sull'affermazione dell'esistenza di più divinità. Si distingue
dall'enoteismo che, pur ammettendo l'esistenza di più divinità, ne
fa oggetto di culto una soltanto. In ogni concezione politeista, le singole
divinità corrispondono, in varia misura, ai fenomeni fondamentali della
natura o dell'esistenza umana. Caratteristica di tutte le società
primitive è infatti la credenza che i processi della natura e il successo
delle imprese umane dipendano da entità che trascendono l'esperienza
quotidiana. Il
p. non rappresenta comunque la forma più primitiva
di religione, ma si colloca in uno stadio intermedio tra le religioni
primordiali, di tipo animistico, totemico, feticistico e quelle posteriori
monistiche. Con la creazione di un consesso di figure divine in grado di
rappresentare interamente il mondo reale, il
p. risponde perfettamente
alle esigenze di una società organizzata e complessa quale quella umana,
che pretende di strutturare a sua immagine l'intero universo. Tra gli studiosi
del XIX sec. era opinione diffusa che le varie credenze fossero state
inizialmente frutto di un'interpretazione ingenua dell'esperienza e che la
religione fosse stata costruita su di esse. Successivamente prevalse la
tendenza, poi abbandonata, a porre l'accento sui riti e sulle pratiche
liturgiche, sostenendo che le credenze erano sorte unicamente per giustificare
le pratiche stesse. Assai diversa è la posizione dei sostenitori di un
monoteismo primitivo, secondo cui il
p., anziché essere il
risultato di un processo evolutivo dalle forme più elementari di
religione a quelle più complesse, sarebbe una forma di decadenza della
religione originaria, in seguito alla sovrapposizione di nuovi elementi alla
primitiva idea di un dio unico. Questo sarebbe avvenuto in seguito alla
personificazione di attributi del dio stesso e anche in seguito all'incontro e
alla fusione di varie popolazioni monoteistiche che conservarono ciascuna la
propria divinità accanto alle altre, così da dar vita a concezioni
politeistiche. Probabilmente il
p. ha avuto origine nell'ambito di una
civiltà evoluta quale quella sumerica (III millennio a.C.), diffondendosi
successivamente dapprima tra le popolazioni mesopotamiche, quindi tra le genti
semitiche e in Egitto. Accolto favorevolmente in India e in Asia Minore nel
millennio successivo, il
p. avrebbe in seguito attecchito sia in
Occidente (Greci, Romani, Celti, Goti) sia in Oriente (Giappone, Indonesia,
Cina), dando infine forma alle religioni polinesiana e a quelle delle grandi
civiltà precolombiane. Le radici del
p. vanno anche rintracciate
nel fatto che nell'antichità, e soprattutto nei grandi Stati come
l'Egitto, il re era spesso considerato l'incarnazione o il vicario terreno del
dio Sole e i suoi antenati e gli eroi erano venerati come semidei, dando
così vita a una molteplicità di figure divine. Pressoché
tutte le popolazioni arcaiche riconoscevano un
dio del cielo,
dispensatore della pioggia, e una
dea della terra, che elargiva gli
alimenti e la fecondità e che dominava sulle altre numerose
divinità terrestri con funzioni più limitate e locali. Inoltre, di
grande rilievo era il culto degli antenati e dei defunti in genere, strettamente
connesso alla credenza negli spiriti, suddivisi in protettori e demoni
persecutori. In ogni caso tutte le culture pagane riconoscono un essere supremo,
creatore del mondo e, accanto ad esso, onorano la Terra. Tipicamente politeista
è, per esempio, la religione degli Yoruba della Nigeria, in cui, al di
sotto dell'Essere Supremo, eterno e increato, generatore di tutte le forme di
vita, si collocano il dio del cielo e sua moglie-madre la dea della terra,
venerata coma madre primordiale. Violentata e fecondata dal figlio, essa
partorisce dal suo grande corpo smembrato i fiumi e gli
orisha,
personificati in alcune centinaia di divinità minori, espressioni delle
varie manifestazioni della natura. Accanto ad essi si collocano gli antenati, in
particolare i fondatori dei gruppi gentilizi. • Filos. - Nell'ambito della
dottrina filosofica, l'affermazione politeistica si connette alla distinzione
tra divinità e Dio e ai suoi rapporti con il mondo, a cominciare dallo
sforzo della prima filosofia greca di trovare il principio fondamentale da cui
doveva scaturire il mondo nella sua ordinata struttura. Tale principio, definito
da Parmenide "essere", venne a trovarsi immediatamente in opposizione
con i concetti di divenire e di molteplicità che caratterizzarono tutto
il periodo classico. Le dottrine che il pensiero filosofico ha formulato,
dall'età classica in poi, sulla divinità e i suoi rapporti con il
mondo, anche quando sono fondate sull'idea monistica di unità e
unicità dell'Assoluto, non escludono una pluralità e
molteplicità assimilabile al
p. religioso.