(o
polistirene). Chim. - Resina sintetica ottenuta per polimerizzazione
dello stirene (o stirolo o vinilbenzene). Si distingue dalle altre resine
viniliche per sue peculiari caratteristiche. In realtà sotto il nome
p. si indicano talvolta anche altri prodotti che sono
resine
polistiroliche, cioè resine simili al
p., generalmente
ottenute modificandolo variamente. Il
p. è un materiale dotato di
ottime caratteristiche elettriche, buone proprietà meccaniche e di
resistenza ai solventi, buone proprietà ottiche e basso costo. La sua
produzione pone questa materia plastica fra le più diffuse.
La
polimerizzazione dello stirolo può essere condotta per diverse vie. Come
per l'etilene, il propilene e i derivati vinilici (ad esempio il PVC), essa
avviene per apertura del doppio legame dello stirene, che ha
formula:
Le catene polimeriche, almeno nel
p. vero e proprio, sono essenzialmente lineari, e possono essere quindi
rappresentate nel seguente modo:
Si tratta quindi
di catene di gruppi metilenici ―CH
2―,
simili a quella del polietilene, che sono sostituiti uno sì e uno no con
un anello benzenico. L'economicità di questo materiale deriva dal basso
costo dello stirene, che è ricavato da benzene ed etilene o da altri
prodotti. La polimerizzazione viene condotta per via radicalica secondo diversi
sistemi. Fra questi il più comune è la polimerizzazione in blocco
in continuo: si carica il monomero con piccole quantità di catalizzatore
(un generatore di radicali, ad esempio un perossido, che si decompone per
riscaldamento) in un reattore a 70 ÷ 90 °C nel quale avviene la
prepolimerizzazione. In tale fase il monomero polimerizza al 30 ÷ 40%; la
reazione è completata in un successivo reattore, mantenuto a temperatura
più alta (150 ÷ 210 °C), nel quale la polimerizzazione avviene
completamente e il polimero raggiunge il peso molecolare desiderato. Questo si
trova allo stato di fluido viscoso; viene scaricato dalla colonna e mandato,
senza lasciarlo raffreddare, in un estrusore dal quale escono dei nastri che
vengono raffreddati e tagliati per ottenere il prodotto granulato adatto allo
stampaggio. La polimerizzazione in blocco produce un polimero trasparente,
dotato di ottime caratteristiche elettriche e ottiche. In cambio è
difficile controllare la formazione del polimero (peso molecolare e
distribuzione dei pesi molecolari) e si hanno dei problemi di asportazione del
calore generato dalla reazione di polimerizzazione che è esotermica.
È importante osservare che le molecole del polimero non hanno tutte lo
stesso peso molecolare, ma esiste una distribuzione dei pesi molecolari secondo
una certa curva che in certi casi si avvicina a una gaussiana, ma in altri ne
può anche differire sensibilmente. In ogni caso, quanto più la
curva è ristretta, tanto più le molecole hanno pesi molecolari
prossimi fra loro e quindi tanto migliori sono le caratteristiche meccaniche del
prodotto finito. Si usa quindi caratterizzare questi polimeri con due parametri:
il peso molecolare medio (media dei pesi molecolari delle singole molecole)
M
n e la media pesata dei pesi molecolari (media dei prodotti dei pesi
molecolari delle molecole per la differenza fra il loro peso e quello medio)
detta M
w. Il rapporto M
w/M
n viene assunto come
rozzo indice dell'allargamento della curva della distribuzione dei pesi
molecolari: esso sarebbe unitario se tutte le molecole avessero lo stesso peso
molecolare (che sarebbe allora uguale a M
n). In generale si tende a
tenere questo rapporto quanto più prossimo possibile all'unità, ma
valori di 15 sono già considerati accettabili per molte applicazioni. La
polimerizzazione può anche essere eseguita in soluzione, in sospensione o
in emulsione. In soluzione viene condotta raramente per gli alti costi di
recupero del solvente. In sospensione o in emulsione (la differenza fra questi
due metodi consiste nel fatto che nel primo caso le particelle sono tenute
sospese nel liquido solo con l'agitazione, mentre nel secondo anche con
l'ausilio di agenti emulsionanti opportuni) è molto semplice ed
economica: si può impiegare come liquido l'acqua (che non è
necessario recuperare) e si può ottenere una facile asportazione del
calore come pure un buon controllo della reazione. Per contro la presenza di
diversi inquinanti quali gli agenti emulsionanti, stabilizzanti e coagulanti che
devono essere aggiunti, porta alla formazione di un prodotto non perfettamente
trasparente e che non può essere impiegato in tutti i casi in cui le
proprietà ottiche del polimero hanno importanza. Anche altre
proprietà sono influenzate, anche se meno di quelle ottiche, dal tipo di
polimerizzazione condotta, per cui la scelta di un metodo o dell'altro viene
fatta in base alle caratteristiche che deve avere il polimero, e i diversi
sistemi coesistono. Come quasi tutte le materie plastiche, anche il
p.
usato comunemente non è costituito da resina pura. Il prodotto
commerciale contiene sempre dei riempitivi inerti o aggiunti per ottenere
particolari proprietà. Fra questi composti ne esistono sia di polimerici
(ad esempio, gomme) sia di non polimerici. Si è soliti aggiungere degli
stabilizzanti per la luce ultravioletta (ad esempio, idrossifenil benzotriazolo
sostituto in ragione dello 0,2 ÷ 05%) per aumentare la vita dei prodotti
esposti al sole, dei prodotti per facilitare il distacco dallo stampo (0,2%
circa di acidi grassi saturi come ad esempio lo stearico) e dei prodotti
antistatici (ad esempio, l'1 ÷ 2% di alchil ammine o alchil ammidi a lunga
catena alifatica) per ridurre la tendenza ad accumulare polvere e cariche
elettrostatiche in generale. Altri prodotti vengono poi addizionati per favorire
il flusso nello stampaggio (ad esempio, oli minerali per lo 0,5 ÷ 2%) o per
stabilizzare la resina, sempre durante la lavorazione a caldo. Infine si ha una
vasta serie di coloranti che possono venir aggiunti per ottenere una gamma assai
vasta di tinte: ossido di bario, ossido di ferro, pigmenti organici e inorganici
vari. Nel campo dell'addizione dei coloranti si è assistito in questi
ultimi anni a una variazione di impostazione. Per evitare dei grossi depositi di
magazzino e per ovviare ai problemi connessi con l'obsolescenza dei colori sono
stati messi a punto dei procedimenti di colorazione mediante concentrati. In
questo modo lo stampatore gestisce solo un magazzino di un tipo di resina base,
uguale per tutti i prodotti (o al massimo un numero molto ristretto di tipi). Il
colorante viene addizionato come concentrato immediatamente prima dell'uso e
solo per la quantità di resina necessaria per fabbricare il numero di
pezzi che gli sono stati richiesti. Allo stesso modo possono essere addizionati
solo al momento dello stampaggio anche altri agenti (antistatici, distaccanti
dallo stampo, ecc.) riducendo ulteriormente la gamma di tipi che il produttore
deve fornire e lo stampatore conservare a magazzino. Naturalmente questo
complica lo stampaggio, in quanto la macchina di iniezione deve essere costruita
in modo da assicurare una buona mescola e omogeneizzazione del materiale
caricato. ║
Caratteristiche: è difficile trovare dei valori
concordanti sulle caratteristiche del
p. in quanto, a pezzo finito, esse
dipendono da troppi fattori. Anzitutto si ha una evidente influenza della
qualità della resina (peso molecolare, distribuzione dei pesi molecolari,
ecc.). Inoltre le proprietà meccaniche del pezzo finito possono variare
fortemente a seconda che lo stampaggio sia studiato in modo che le catene del
materiale abbiano un orientamento adatto (in quanto esse si orientano durante lo
stampaggio), che sia fatta una distensione termica per rimuovere tensioni
interne, che la progettazione del pezzo sia fatta in modo opportuno, evitando
intagli e raccordi a spigolo vivo, bruschi cambiamenti di sezione e così
via. Fondamentalmente il
p. e le sue modificazioni vengono indicate con
una classificazione che si basa sulla resistenza all'urto (resilienza). Si parla
quindi di: a)
p. comune: la resina base, non modificata per resistere
all'urto, che si presenta vetrosa e fragile; b)
p. antiurto: la maggior
differenza rispetto al precedente è una maggior duttilità, e una
conseguente maggior resistenza agli urti; c)
p. antiurto ad alto impatto:
presenta una resistenza all'urto ancora maggiore del tipo precedente; la
duttilità è notevole (allungamento a rottura del 20 ÷ 30%).
Sono invece inferiori le caratteristiche meccaniche (trazione) e la resistenza
al creep. Anche le applicazioni sono notevolmente diverse: si hanno campi ben
distinti per i tre tipi, quasi fossero dei materiali diversi. Date le differenze
che si possono avere nelle proprietà del pezzo finito sia per differenze
nella resina che nei processi di lavorazione e nella forma del pezzo, è
praticamente impossibile dare per il
p. delle caratteristiche che abbiano
un valore assoluto. I dati che riporteremo qui hanno quindi valore puramente
orientativo, da usare solo in prima approssimazione. Inoltre, salvo contraria
indicazione, sono da riferirsi solo alla resina base non modificata, cioè
al
p. comune. Il carico di rottura a trazione si aggira sui 350 ÷
850 kg/cm
2 , con allungamenti a rottura dell'1 ÷ 2,5%. Per i
tipi ad alta resistenza all'impatto, il carico può scendere a 100 ÷
500 kg/cm
2 e l'allungamento può salire al 20 ÷ 30% e
più (in casi limite anche all'80%). Il peso specifico è 1,04
÷ 1,09, cioè leggermente superiore a quello dell'acqua; i tipi
caricati possono avere pesi specifici maggiori, fino a 1,33. Il comportamento in
temperatura del
p. non è dei migliori: la temperatura di impiego
continuo per il tipo comune non caricato è 65 ÷ 75 °C. Esistono
però dei tipi speciali, appositamente studiati, che possono essere
impiegati in servizio continuo fino a circa 95 ÷ 100 °C; pressappoco
alla stessa temperatura si può giungere con i tipi normali caricati col
20 ÷ 30% di fibre di vetro. Per quanto riguarda le caratteristiche
elettriche, il
p. e i suoi derivati sono degli ottimi isolanti: la
resistività di volume non è inferiore a 10
16 ohm/cm
mentre la rigidità dielettrica è di 160 ÷ 250 KVolt/cm. La
costante dielettrica varia fra 2,4 e 2,65 ma può salire a 4,5 in qualche
derivato. Assai basso è il fattore di perdita, che va da 0,0004 a 0,0020;
discreta è la resistenza all'arco elettrico. Rispetto alle
caratteristiche ottiche si possono avere, come già detto, delle
variazioni molto notevoli secondo il processo di fabbricazione. Fondamentalmente
la resina base si presenta trasparente, con indice di rifrazione 1,59 ÷
1,60 e trasmissione della luce di almeno 1,88% nel campo del visibile. I
derivati del
p. come pure il
p. stesso caricato possono essere sia
trasparenti che traslucidi che opachi. Dal punto di vista della combustione il
p. è classificato come materiale a bassa velocità di
combustione; esistono però anche delle modificazioni ininfiammabili.
L'assorbimento di acqua è contenuto: non supera mai lo 0,1% in peso dopo
24 ore di immersione a temperatura ambiente. Riguardo alla resistenza agli
agenti chimici, il
p. ha un comportamento alquanto vario. Resiste molto
bene agli acidi minerali diluiti mentre a quelli concentrati resiste solo se non
sono ossidanti. Non viene invece attaccato minimamente dagli alcali sia deboli
che forti e concentrati. Con riferimento ai solventi più comuni, il
p. resiste bene agli alcoli (eccetto a quelli superiori), alle sostanze
detergenti e agli idrocarburi paraffinici. È invece attaccato con
relativa facilità dagli idrocarburi aromatici, dagli idrocarburi
clorurati, dai chetoni e da alcuni grassi e oli minerali. Agli agenti
atmosferici resiste abbastanza bene, ma la luce solare ne provoca un
ingiallimento più o meno marcato; in presenza di protettivi questo
fenomeno può però essere ridotto quasi a zero e comunque non ha
grande influenza sulle proprietà meccaniche, mentre ne ha molta su quelle
ottiche. Infine occorre ricordare che la sua lavorabilità è
ottima. Può essere stampato a iniezione o a compressione, come pure
formato sotto vuoto, sottoposto a
blow moulding, a estrusione e lavorato
all'utensile. Può essere poi incollato, saldato a caldo, impresso a
stampa e metallizzato sotto vuoto o con procedimenti
electroless. Tipiche
condizioni di stampaggio per termocompressione sono 130 ÷ 200 °C e 100
÷ 700 atm; per stampaggi a iniezione si opera invece a 160 ÷ 250
°C e pressioni sulle 700 ÷ 2.000 atm. Il ritiro di solidificazione
è variabile da 0,001 a 0,006 mm/mm secondo le condizioni di lavoro e le
caratteristiche del polimero. Nello stampaggio di molte materie plastiche e
soprattutto del
p. sono stati fatti notevoli progressi nel tentativo di
utilizzare cicli sempre più rapidi, che permettano una maggior
produttività per gli impianti. Infatti, dato il basso costo della resina
di partenza, il costo di un manufatto di
p. è di solito più
legato al costo di trasformazione che al costo del materiale. Si tende quindi ad
avere dei cicli sempre più veloci, senza che questo debba compromettere
la qualità del prodotto finale: a questo scopo è molto importante
il disegno del pezzo e dello stampo. ║
Applicazioni: oltre che per
le suddette proprietà, il
p. si è imposto come materiale di
primaria importanza per la sua stabilità dimensionale. Gli esempi di
applicazioni soddisfacenti sono tanto numerosi che non è possibile darne
un elenco significativo; ci si limiterà quindi a citarne alcuni
particolarmente significativi. Uno dei maggiori impieghi di questa resina
è la fabbricazione di parti espanse (il cosiddetto
p. espanso)
secondo la tecnica che verrà poi descritta. Il
p. comune viene
utilizzato per la fabbricazione di giocattoli, contenitori, vasetti, fiale per
prodotti farmaceutici, tappi per bottiglie, parti di macchine a contatto con
prodotti alimentari, e così via. Una quantità sensibile di
p. e suoi derivati viene impiegata dall'industria automobilistica. Il
p. antiurto e le qualità migliori di
p. comune vengono
impiegati per la fabbricazione di coperchi di lampade (ad esempio quelle
all'interno delle automobili), contenitori e barattoli vari, bicchieri e
stoviglie, cordame, ecc. I tipi ad alta resistenza all'urto sono invece
utilizzati per giocattoli, mobili per apparecchi radio e televisivi o per altri
beni di consumo durevoli, contenitori per alimenti (frutta e altro), paraventi
traslucidi, ecc. Un'applicazione caratteristica è la produzione di quei
contenitori sottili e molto flessibili che vengono posti in diversi imballaggi
(soprattutto di frutta o di biscotti) per tenere in posizione la merce entro la
scatola. Essi sono fabbricati a partire da un foglio alquanto sottile per
formatura sotto vuoto. L'uso del
p. permette una formatura anche
estremamente profonda (si possono ricavare cave imbutite profonde anche molte
volte la loro larghezza) e la possibilità di decorazioni o
metallizzazioni per effetti estetici. Per la sua atossicità questo
materiale (salvo cariche particolari) viene usato a contatto diretto con
prodotti alimentari. Sempre il film di
p. viene anche impiegato per
avvolgere pacchetti di sigarette o di sigari. Oltre a tutto questo si fanno con
p. anche articoli di cancelleria (righe, squadre, curvilinee, ecc.),
pannelli per frigoriferi, corpi di prese di corrente, scatole di derivazione
elettrica, ecc. ║
Derivati del p.: molti derivati del
p.
sono disponibili in commercio, messi a punto per ovviare ad alcune
caratteristiche negative di questo materiale. Oltre al notissimo
ABS che
è un copolimero fra acrilonitrile, butadiene e stirene, sono molto
diffusi i tipi di
p. caricati con piccole quantità di elastomero
in noduli (per aumentare la resistenza all'impatto) e il
SAN. Questo
materiale è un copolimero fra stirene e acrilonitrile dotato di buona
rigidità meccanica, buona resistenza all'abrasione (presenta una elevata
durezza), agli agenti chimici e alla rottura per
creep. Il
SAN
viene prodotto in modo del tutto simile al
p. (al limite con gli stessi
impianti) partendo da una miscela di stirolo e
acrilonitrile invece che
da stirolo da solo. È disponibile trasparente, traslucido e opaco. La
forma più comune è trasparente, con una leggera colorazione
bluastra; sono diffusi anche i tipi opachi, variamente colorati. Viene
utilizzato per stoviglie (tazze, piatti, contenitori vari per alimentari),
articoli vari per uso domestico, parti di beni di consumo durevoli, soprattutto
di elettrodomestici, giocattoli, contenitori ottenuti per blow moulding, manici
per spazzolini da denti, corpi di spazzole, ecc. Altri polimeri sono stati
preparati copolimerizzando con lo stirene diversi prodotti quali butadiene,
isobutene, metil-pentene, ecc. ║
Film di p.: si è già
detto che il
p. può essere facilmente estruso per formarlo in
fogli sottili. Il
p. però è fondamentalmente
atattico (V. POLIPROPILENE) onde il film,
pur avendo buone caratteristiche meccaniche e ottiche, può ancora essere
migliorato sottoponendolo all'operazione di
orientazione che favorisce
una disposizione ordinata, delle molecole del polimero secondo certe direzioni.
Questo viene ottenuto curando l'estrusione e sottoponendo il materiale estruso a
un'operazione di stiro. Il materiale così trattato mostra delle ottime
caratteristiche di resistenza meccanica anche a temperature molto basse,
mantenendo tuttavia un'ottima elasticità. Inoltre esso presenta un'ottima
trasparenza (sopra il 90% nel visibile), una buona rigidità, una
eccellente stabilità dimensionale, una eccezionale stampabilità
per formatura sotto vuoto e una grande facilità di essere impresso a
stampa o di accettare la stesura di altri strati. Viene quindi utilizzato per
imballaggi di prodotti vari, soprattutto alimentari, ma anche come supporto per
pellicole fotografiche, schermo per luci al neon o come rivestimento sigillante
sopra scatole di cartone. Può inoltre essere laminato con facilità
su cartone e altri materiali, compresa la maggior parte delle altre materie
plastiche. ║
P. espanso o
schiuma di p.: sotto questo nome
si indica un materiale molto poroso (peso specifico da 16 a 500 g/l) che si
presenta come una massa cellulare rigida, omogenea o no, di colore bianco e
opaca. Questa plastica espansa viene prodotta facendo in modo che il polimero
finito (ma non lavorato) contenga nei suoi granuli un solvente che vaporizza a
temperature non molto alte, ad esempio 90 °C circa. Durante l'operazione di
stampaggio, condotta in condizioni diverse da quelle normalmente usate, questi
granelli si gonfiano per effetto della temperatura e, portandosi l'uno a
contatto con l'altro, occupano tutto lo spazio disponibile nello stampo. La
struttura finale è costituita da tanti granelli (cellule) di forma
tondeggiante, cementati assieme; essa è caratterizzata da una
densità bassissima (un blocco grande come una valigia di medie dimensioni
può pesare meno di 1 kg). L'espansione mediamente usata va da 2 a 50
volte il volume del polimero non espanso. Un ciclo di stampaggio si compone di
solito di più operazioni. Si effettua in generale una preespansione della
polvere polimerica in modo che il riempimento dello stampo sia più
regolare, quindi si carica il preespanso nello stampo e si effettua il
riscaldamento graduale, di solito per iniezione di vapore. Al termine
dell'espansione si effettua un raffreddamento, si apre lo stampo (che deve
sempre essere composto almeno di due parti), si espelle la parte stampata e la
si essicca per asciugarla dal vapore condensato. Lo stampaggio può
avvenire anche in altro modo: si può effettuare un riscaldamento in
autoclave sotto pressione e lasciare poi espandere completamente la schiuma
all'uscita dall'autoclave stessa, oppure si può effettuare il
riscaldamento del polimero a mezzo di radio frequenza. Con questo ultimo metodo
il riscaldamento avviene per perdita dielettrica nella massa del polimero che
viene immersa in un campo elettromagnetico variabile con frequenza molto
elevata. Si ha il vantaggio che il calore è generato in modo uniforme in
tutta la massa polimerica e quindi che le cellule dell'espanso hanno dimensioni
più costanti in tutta la massa. Oltre che per stampaggio, la schiuma di
p. può essere prodotta anche per estrusione. Si opera portando a
riscaldamento il polimero in una macchina idealmente simile a quella utilizzata
per una comune estrusione di materie plastiche, se non che dopo l'orificio il
polimero viene lasciato espandere a un volume di 30 ÷ 50 volte quello
originale. Si fabbricano in questo modo degli espansi in forma di lastre spesse
o di sbarre o billette. Il
p. espanso è un materiale divenuto di
uso assai comune per le sue caratteristiche di elevata rigidità (in
confronto con le altre plastiche espanse), per la sua bassissima
conducibilità termica (dovuta alla sua particolare struttura cellulare),
per la sua resistenza all'acqua e al vapor d'acqua e per la sua durata nel
tempo. Le applicazioni sono numerosissime ma le più importanti si hanno
nel campo dell'edilizia, delle costruzioni frigorifere e dell'imballaggio. In
edilizia si impiegano lastre di
p. espanso (detto anche in modo breve
PSE) come isolante termico e acustico. Nel primo caso si sfrutta a pieno la sua
rigidità: salvo casi di costruzioni particolarmente gravose, si possono
porre le lastre di
p. direttamente sulla soletta di cemento armato ed
effettuare su questa una lieve gettata sulla quale viene poi realizzata la
piastrellatura. Per le pareti invece si ricava una intercapedine sottile che
viene riempita con del PSE in lastre e serve come isolamento termico e acustico
molto più efficace della tradizionale intercapedine vuota. Il PSE ha
anche il vantaggio di ridurre la trasmissione di umidità attraverso
pareti eventualmente a contatto con terreno. Le lastre di PSE possono essere
impiegate direttamente durante la costruzione delle pareti; con un kg di PSE si
possono isolare diversi metri quadrati di parete. Le lastre di PSE sono anche
utilizzate per costruzioni industriali. La struttura del PSE è infatti
tale per cui esso può essere trattato con estrema facilità: si
può decorare in tutti i modi, si può incollare e persino cementare
con gesso. In certe costruzioni si sono impiegate lastre sagomate di PSE
addirittura per la costruzione di soffitti sottili e leggerissimi, utilizzandolo
come materiale primario della costruzione. Un altro tipo di costruzione
più comune utilizza invece una soletta di cemento armato ma effettua un
rivestimento dell'armatura, prima della gettata, con delle lastre di
p.
Alla rimozione dell'armatura le lastre di PSE sono cementate fortemente alla
volta di cemento armato, realizzando un isolamento termico e acustico: si
procede quindi alla stuccatura con gesso (assai semplice, dato che la superficie
è già liscia) e alla decorazione. Infine ricordiamo che molti
pannelli utilizzati per costruzioni prefabbricate contengono al loro interno
delle lastre di PSE. In queste applicazioni gli spessori variano da meno di 1 cm
a diversi centimetri. Nel campo delle costruzioni frigorifere il PSE viene
utilizzato come isolante termico per ridurre le dispersioni di calore. Molti
frigoriferi per uso domestico e la maggior parte delle celle frigorifere per
impieghi industriali hanno le imbottiture delle pareti realizzate in PSE sia in
lastre sia, per le costruzioni più piccole, in pezzi già sagomati
ottenuti per stampaggio. La ragione principale dell'impiego del PSE in questi
casi è la sua rigidità, la facilità di impiego, la
bassissima conducibilità termica e il basso costo. Nel campo
dell'imballaggio il PSE è utilizzato in tre diverse forme. Si possono
impiegare le lastre, poste all'interno dell'imballo di cartone, per proteggere
la merce dagli urti; questo tipo di impiego però è poco diffuso.
Una migliore protezione può essere infatti ottenuta impiegando dei
ritagli di PSE alla rinfusa. Questi ritagli, di forma estremamente variabile
(fili ritorti, fili ondulati simili a spaghetti, stellette, parti a forma di S,
ecc.) sono in generale prodotti per estrusione e successivo taglio dell'estruso.
La tecnica comune di imballo consiste nel porre questo materiale sul fondo della
scatola di cartone, inserire in questa la merce e riempire poi gli interstizi
con dell'altro materiale espanso. In questo uso il PSE sostituisce quindi i
materiali tradizionali (paglia, carta di giornale stropicciata, ecc.) con
vantaggi sensibili per quanto riguarda pulizia, resistenza agli urti, estetica e
riutilizzabilità dell'imballo. Nei casi di produzione di serie di beni di
consumo durevoli e non, si ricorre sempre più di frequente agli imballi
di PSE composti di due parti, generalmente a incastro fra loro. Questo imballo
può essere utilizzato come coibente termico, come protezione dagli urti o
per entrambi gli scopi. Un caso tipico è la confezione più comune
delle torte-gelato a mezzo di un contenitore di PSE con coperchio pure di PSE.
Il contenitore di PSE sostituisce inoltre il tradizionale imballo di cartone con
pregi anche estetici (si sporca meno facilmente e non ha alcuna tendenza a
lacerarsi). Anche molti beni di consumo durevoli sono confezionati per mezzo di
PSE stampato. Un caso abbastanza frequente, soprattutto per oggetti di
dimensioni piccole o medie (macchine fotografiche, accessori per fotografia come
gli obiettivi, sveglie, macchine per scrivere e da calcolo, strumenti di
precisione, ecc.), è che l'oggetto sia chiuso in un sacco sigillato di un
film (di polietilene o altro) eventualmente termorestringente; attorno a questo
vengono poi messe due valve di PSE che riproducono all'interno la forma
dell'oggetto mentre all'esterno hanno una forma molto regolare, che riproduce
quella dell'imballo esterno di cartone, generalmente di forma parallelepipeda.
L'uso del PSE in questi casi è economico perché a una ottima
protezione contro gli urti si unisce la facilità di confezionamento (che
richiede pochi secondi), la possibilità di tenere bloccato l'oggetto
nella sua posizione senza contrastarlo troppo rigidamente e la
possibilità di ricavare in uno stesso imballo sedi per alloggiare anche
eventuali parti di ricambio o accessori. La resistenza all'urto del
p.
espanso è legata alla sua struttura cellulare. Infatti, questo materiale
è alquanto cedevole di fronte a una deformazione anche rapida, ma non
è in grado di trasmettere vibrazioni nella sua massa disomogenea. Anzi,
questa struttura consente di assorbire una notevole quantità di lavoro
per cui anche una deformazione profonda o una rottura superficiale del PSE non
compromette l'integrità del contenuto. Infine ricordiamo che il PSE
può anche essere lavorato meccanicamente con utensili da taglio;
condizione essenziale è però un'ottima e costante affilatura
dell'utensile. Il taglio di lastre non molto spesse può essere effettuato
ad esempio con un rasoio o una lametta da barba. ║
PSE in fogli.
Un'altra tecnica di imballaggio utilizza dei fogli di PSE aventi un volume
specifico 6 ÷ 15 volte superiore a quello del
p. non espanso,
cioè un rapporto di espansione 6 ÷ 15 e quindi peso specifico 0,06
÷ 0,15 kg/l. La fabbricazione di questi fogli, generalmente dello spessore
dell'ordine di millimetri, viene effettuata con macchine simili a quelle
impiegate per la normale estrusione di film plastici in forma di tubo, che poi
viene tagliato e spianato. In questo caso si deve però impiegare del
p. espandibile (e quindi con il particolare solvente al suo interno) in
luogo del polimero comune; certi stampatori però utilizzano la comune
resina ma effettuano una iniezione di un solvente volatile (proveniente da un
serbatoio a lato) direttamente in una sezione della macchina di estrusione. In
questo caso la materia prima di partenza è più economica ma viene
complicata la macchina di stampaggio e la conduzione del processo. Per ottenere
una buona planarità del foglio e una ruvidità superficiale
controllata, è pratica comune allargare il tubo estruso fino a un
diametro 3 ÷ 5 volte quello della filiera; questo può essere fatto
mettendo in pressione il tubo appena estruso (e quindi ancora plastico) oppure
facendolo scorrere su un mandrino di forma tronco-conica. Il foglio di PSE
presenta in generale una struttura cellulare più fine e più
omogenea del PSE in lastre o blocchi; esso ha quindi anche migliori
caratteristiche meccaniche. Presenta comunque sempre una bassissima
conducibilità termica per la sua struttura cellulare. Esso può
essere sottoposto con grande facilità a stampaggio per termoformatura in
sagome non molto complicate e prive di spigoli vivi ed è ammesso a
contatto diretto con prodotti alimentari per la sua inerzia chimica e
atossicità. Il suo impiego tipico si ha nell'imballo di prodotti
alimentari da consumare freschi (carne, pesce, formaggi freschi, frutta, ecc.).
La confezione più comune, ormai adottata per la sua semplicità da
quasi tutti i grandi magazzini di alimentari, impiega uno stampato di foglio di
PSE formato a piatto, vaschetta, vassoio, ecc. per contenere il prodotto e un
foglio sottile di altra materia plastica (trasparente, non espansa e chiudibile
a caldo con temperature moderate, ad esempio di polietilene) per chiuderlo nella
parte superiore, lasciando in vista il prodotto. In questo caso il foglio di PSE
viene impiegato diffusamente anche perché ha un basso assorbimento di
umidità e non viene danneggiato dal contatto con acqua o soluzioni
acquose. In linea di massima si tende a realizzare con questi contenitori una
confezione sempre più simile a quella usata con PSE stampato per i beni
industriali, anche in sostituzione parziale dello stesso PSE stampato (ad
esempio nella confezione di gelati) in quanto la formatura del foglio di PSE
è meno costosa dello stampaggio del PSE stesso in stampo chiuso.