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Polis.

Voce greca: città. Il termine p. è usato nella storiografia moderna per indicare la città-Stato o lo Stato che caratterizzò l'organizzazione politica greca in età classica. • Encicl. - La nascita e lo sviluppo della p. in Grecia è storicamente collegata alla fine dei Regni micenei; in genere le città classiche sorsero sulle rovine di quelle micenee, caratterizzate da una rocca fortificata, o acropoli, e da numerosi villaggi sparsi nella campagna intorno, dove abitavano i sudditi. Per p. si intese dapprima la città alta, come testimoniano documenti ufficiali del IV sec. a.C. riferiti ad Atene. Al sorgere delle città greche contribuì, dopo lo stanziamento dei diversi gruppi di migratori ellenici nelle definitive sedi della penisola, l'indebolimento dei vincoli di sangue che legavano gli appartenenti a una stessa stirpe, vincoli che si ridussero a puri rapporti sacrali, come il culto comune alle divinità della stirpe. Inoltre le condizioni geografiche del territorio greco, per la grande difficoltà di comunicazione, determinarono anche l'indebolimento dei legami politici ed economici già esistenti fra gli appartenenti a un medesimo gruppo, creando interessi comuni solo ai residenti di una ristretta parte del territorio. Con lo sviluppo economico del VII sec. a.C., che determinò un incremento dell'industria e del commercio, quei raggruppamenti abitati che si erano formati ai piedi dell'acropoli si trasformarono in vere e proprie città, che vennero quindi murate e fortificate, diventando centro di attrazione per le genti della campagna. Quando il potere politico, dopo la caduta delle Monarchie, passò, anche formalmente, nelle mani dell'aristocrazia terriera, divenne per essa necessario trasferire la propria dimora nelle città e fissare qui, per i magistrati delle nuove Repubbliche, una residenza ufficiale. La p., divenuta al tempo stesso centro politico, economico e militare, raccolta intorno a un'area dedicata alla divinità, munita di un'acropoli per la difesa, di un'agorà o piazza per il mercato e le assemblee del popolo, acquisì presto una notevole importanza demografica. Aristotele nella Politica distingue due specie di esseri umani: quelli che marciscono in popolazioni selvagge, soggette a Monarchie mostruose, e quelli che vivono associati armonicamente in città. Trattando poi della nascita della p., distingue tre stadi successivi di associazione: la prima comunità (la famiglia), il suo sviluppo (il villaggio), l'associazione di più villaggi (lo Stato completo, la comunità perfetta, che egli definisce p.). Essa esiste per natura e, costituendo il fine ultimo delle associazioni antecedenti, è la sola in grado di offrire all'uomo il suo sviluppo completo. Il più importante carattere della città greca era la divisione dei cittadini in tribù o fratrìe che si riconoscevano politicamente nella capitale, o agglomerato urbano principale, ma che godevano di larghissima autonomia amministrativa. Lo sviluppo economico del VII sec. a.C. determinò la trasformazione dell'aristocrazia, fondata sull'antica nobiltà di sangue, in oligarchia, fondata sul censo. In Attica nel corso del VI sec. a.C. una serie di riforme politiche e amministrative determinarono di fatto la nascita della democrazia nella p. Per accedere all'Assemblea del popolo (ecclésia) era indispensabile il requisito della cittadinanza, concessa soltanto a coloro che erano figli di madre e padre ateniesi. La p., nata all'inizio delle guerre persiane, con l'acquisita coscienza dell'autonomia e della libertà, sanciva la differenza essenziale fra greco e barbaro, differenza sentita fra l'uomo libero e quello schiavo, priva, in origine, di connotazioni razziali. All'Assemblea spettava il compito di approvare o respingere i disegni di legge presentati al Consiglio. Presidente dell'Assemblea era un cittadino designato dall'estrazione a sorte. Ogni cittadino aveva il diritto di proporre mozioni o emendamenti, e in generale all'Assemblea competeva il potere legislativo, il controllo del potere esecutivo, la parte politica del potere giudiziario. Il Consiglio (bulé) era formato da 500 cittadini designati per sorteggio in numero di 50 per ciascuna tribù; ciascuna tribù esercitava le funzioni di Governo per la decima parte della sessione annuale. Un presidente veniva eletto ogni giorno, a sorte, tra i 50 e nessun Ateniese poteva avere quest'onore per più di un giorno nella sua vita. Il Consiglio aveva il compito di proporre le misure che dovevano essere esaminate dall'Assemblea generale dei cittadini, e inoltre deteneva il potere esecutivo. I magistrati erano soggetti al suo ampio controllo. Esso poteva fungere da corte di giustizia o affidare i trasgressori a una delle corti ordinarie; aveva il controllo della flotta, delle finanze, la gestione della proprietà pubblica e la prerogativa dell'imposizione delle tasse. Piena sovranità all'interno e piena indipendenza all'esterno erano i principi cardine della p., un'organizzazione politica che non presupponeva una persona giuridica, lo Stato, distinto e contrapponibile alla massa dei cittadini. Il territorio soggetto alla p., inoltre, differentemente dalla concezione moderna di Stato, non era elemento necessario alla nozione giuridica di Stato. La p. non ha carattere di Stato territoriale se non in età ellenistica; per i Greci era sufficiente l'organizzazione politica dei consociati; Aristotele nella Politica afferma che "lo Stato non è che la somma dei cittadini". Un'altra caratteristica della p. era l'essere un organismo sacrale: l'empio era escluso dalla comunità dei cittadini; il forestiero non aveva personalità sacrale. L'essenza della p. non era quindi da ricercare solo nell'ordinamento politico dei suoi appartenenti; la p. era una più complessa e più intima unione in tutti gli aspetti, politici, religiosi, privati. Rappresentava il luogo e il mezzo attraverso cui l'individuo riusciva a farsi valere in ogni forma della sua attività, sentendosi membro di una collettività i cui fini erano gli stessi suoi. Lo sviluppo dell'individualismo, propugnato dalla Sofistica, a partire dalla fine del V sec. a.C., e la conseguente tendenza a farsi valere al di là e sopra la p. segnarono la sua decadenza, che materialmente si realizzò con la fine dell'indipendenza greca ad opera dei Macedoni prima (338 a.C.), dei Romani poi (146 a.C.).