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Poliomielite.

(dal greco pólios: grigio e myelós: midollo). Med. - Infiammazione della sostanza grigia del midollo spinale. È una infezione virale acuta dell'uomo e dei bambini in particolare, caratterizzata da sintomi che possono variare da una forma leggera non-paralitica a una paralisi estesa della muscolatura volontaria. Descritta per la prima volta nel 1840 da J. Heine, fu caratterizzata come forma epidemica nel 1881 da O. Medin. Individuata con il nome di p. anteriore acuta, paralisi infantile o malattia di Heine-Medin, è una patologia di tipo epidemico, provocata da un virus filtrabile neurotropo specifico che si trasmette per contagio diretto orale (tosse, starnuto) e per contagio indiretto orale-fecale, insinuandosi nell'organismo attraverso le tonsille o la mucosa gastro-intestinale da dove, per via linfatica, raggiunge il sistema nervoso centrale; qui si localizza nelle corna grigie anteriori del midollo spinale (nella forma spinale classica della malattia), oppure, più raramente, nel bulbo e nel ponte, le sezioni più basse della massa cerebrale (forma bulbo-pontina), nel cervello (forma encefalica), nelle meningi (forma meningitica), oppure nel cervelletto (forma cerebellare). Di questo virus, agente causale della p., si sono isolati numerosi ceppi, tutti però riconducibili a tre tipi principali: Brunhilde, dal nome dello scimpanzé nel quale venne isolato la prima volta; Lansing, dalla regione in cui avvenne il primo isolamento di questo tipo di virus; Léon, dal nome del malato che per primo risultò esserne affetto. Dal punto di vista morfologico, le osservazioni al microscopio elettronico hanno permesso di stabilire che il virus poliomielitico è tra i più piccoli finora conosciuti, con un diametro di non più di 30 millesimi di micron. Per il suo sviluppo sono necessari tessuti vivi e proliferanti, sui quali esercita un effetto citopatogeno molto intenso; è assai resistente agli agenti fisici e chimici, come è dimostrato dal fatto che, mentre le opere di risanamento ambientale (in particolare quella di depurazione dei liquami) hanno fatto scomparire nei Paesi igienicamente più progrediti le enteropatie infettive, non hanno invece apportato alcun beneficio nei riguardi della p. Più virulenta nei mesi caldi, la malattia colpisce di preferenza i bambini, ad eccezione dei lattanti. Particolarmente significativo il contagio attraverso i portatori sani del virus, e nel caso di malattia abortita, cioè non caratterizzata da paralisi: si è potuto accertare che in alcune epidemie i casi abortivi sfioravano o raggiungevano la percentuale del 50%. Una volta superata la fase infettiva, il fisico viene automaticamente immunizzato in modo permanente: proprio a causa del suo potere neutralizzante nei confronti del virus, il siero ricavato dal sangue di pazienti immunizzati viene usato sia come preventivo sia come curativo (nel periodo pre-paralitico). Lo stadio prodromico, o pre-paralitico, insorge dopo una incubazione variabile da due a dieci giorni. I sintomi iniziali più comuni sono un leggero mal di testa, febbre, mal di gola, nausea, vomito, diarrea, sonnolenza e agitazione. La temperatura corporea aumenta lentamente, toccando il suo apice nel giro di due o tre giorni, quindi ridiscende in modo piuttosto rapido. Oltre l'80% di tutti i pazienti che contraggono il virus poliomielitico si ristabiliscono nello spazio di tre o quattro giorni, senza sviluppare lo stadio paralitico. Nei casi più gravi (sindrome paralitica spinale) si ha paralisi flaccida degli arti, accompagnata da un brusco rialzo febbrile; a volte la paralisi interessa il nervo facciale, oppure anche il trigemino e l'oculomotore. Nella forma meningea si hanno sintomi d'irritazione meningea, quali vomito, cefalea, rigidità della nuca; nella forma cerebellare invece predomina l'atassia, cioè la mancanza di coordinamento nei vari movimenti muscolari; più rara ma di notevole gravità la forma encefalica, caratterizzata da convulsioni, tremori, delirio, oltre che da atassia e da febbre. Superato il periodo paralitico (nel giro di una o due settimane), la febbre tende a scomparire e la paralisi si circoscrive a determinati gruppi muscolari, a volte soltanto a uno, mentre la mobilità degli altri gruppi muscolari colpiti ritorna lentamente allo stato normale. Nei casi più fortunati, gli effetti della paralisi scompaiono nel corso dei mesi; più spesso però rimane un deficit motorio per tutta la vita. Secondo le statistiche in un terzo circa dei casi rimane offesa la gamba sinistra; di poco inferiore è la probabilità che resti offesa la gamba destra, mentre nel 18% dei casi sono colpiti tutti e due gli arti inferiori. La paralisi poliomielitica si accompagna a ipotrofia, ossia a scarsa nutrizione e sviluppo dell'arto leso: il braccio o la gamba rimasti offesi sono insensibili e penzolanti, pallidi e freddi, e non seguono lo sviluppo generale del resto del corpo. Forma particolarmente grave di p., in alcuni casi con esito mortale, è la paralisi ascendente di Landry, così detta perché il fenomeno paralitico, che interessa dapprima i soli arti inferiori, ascende lungo il corpo, toccando il tronco e poi gli arti superiori; la morte sopravviene per asfissia quando la paralisi raggiunge il centro bulbare del respiro. Sostanzialmente inefficaci risultano le cure contro l'infezione già in atto. Nel periodo pre-paralitico si ricorre comunque, in alcuni casi con successo, a iniezione di siero di sangue di convalescente nell'interno della colonna vertebrale oppure per via endovenosa; oppure si inietta nel derma, cioè nello strato profondo della pelle, un vaccino ottenuto da virus raccolti dalla mucosa nasale e faringea e dalle feci del malato stesso, associandovi una sostanza attivante. Nel caso in cui abbia avuto inizio la fase paralizzante si possono tentare (ma quasi sempre con scarso successo) punture lombari, massaggi, impacchi caldi, röntgenterapia del midollo spinale ed elettroterapia. La guarigione comporta l'instaurarsi di un regime immunitario estremamente solido; tuttavia non è raro il caso di recidive di un virus di tipologia diversa. Gravi epidemie di p. si sono verificate in molte parti del mondo. Un progresso sostanziale in campo profilattico è stato compiuto nel 1955 con la scoperta di un vaccino antipoliomielitico realmente efficace, il vaccino Salk. La scoperta è avvenuta negli Stati Uniti ed è stata resa possibile dal poderoso appoggio finanziario della National Foundation of the Infantile Paralysis, creata dal presidente F.D. Roosevelt, affetto lui stesso da paralisi. II vaccino Salk, preparato con tre ceppi di virus (trivalente) risulta efficace contro tutti i differenti casi della malattia. Più efficace ancora si è mostrato il vaccino Sabin (da A. Sabin, che lo propose nel 1962), anch'esso preparato per la prima volta in laboratori statunitensi, e impiegato in Italia a partire dal 1964. La maggior efficacia immunizzante di questo secondo vaccino dipende dal fatto che esso viene preparato con virus vivi devirulentati, a differenza del vaccino Salk, preparato con virus poliomielitici preventivamente uccisi. Grazie all'impiego dei vaccini, la p. ha subito un forte calo nel giro di pochissimi anni, soprattutto nei Paesi dove la vaccinazione antipoliomielitica è obbligatoria per legge.