Chim. - Processo per il quale, tramite una serie di reazioni chimiche, molte
molecole di sostanze semplici si uniscono fra loro per dare origine a molecole
di elevato peso molecolare. Esso realizza quindi una sorta di fusione fra
più molecole di piccole dimensioni, dette
monomeri, per dare
molecole di maggiori dimensioni (
polimeri), aventi peso molecolare
superiore anche di migliaia di volte rispetto a quello dei monomeri. La
p. viene anche detta
omo-p., se i monomeri che partecipano ad essa
sono di un solo tipo o di più tipi, ognuno dei quali però non
polimerizzabile da solo;
co-p. o
etero-p., se i monomeri che
partecipano ad essa sono di più tipi e polimerizzabili anche
separatamente. Affinché una
p. sia possibile, le molecole del
monomero (o dei monomeri) devono presentare almeno due gruppi funzionali o due
punti reattivi. Elenchiamo i casi più comuni. A) Esistenza di due gruppi
funzionali nella molecola (ad esempio ―OH, ―COOH, ―NH
2, ―NCO). Questi possono essere uguali fra loro (in
questo caso la molecola non può polimerizzare da sola), oppure diversi
(in tal caso la molecola può anche polimerizzare da sola). Naturalmente,
poiché la
p. avviene in questo caso per reazione fra due gruppi
funzionali, occorrono che questi diano una reazione fra loro e che le condizioni
operative siano tali da favorirla. B) Esistenza di un legame doppio. Il legame,
aprendosi, dà origine a due legami semplici, che possono essere
considerati alla stregua di due possibili punti di giunzione con altre molecole.
C) Esistenza di un anello. In questo caso la molecola del monomero, per apertura
dell'anello, viene a trovarsi con due punti di possibile attacco per altre
molecole. Naturalmente sono polimerizzabili anche tutte le sostanze che per
effetto di una qualsiasi reazione possono venirsi a trovare in una delle
condizioni dette. ║ I meccanismi di
p. si distinguono
tradizionalmente in due tipi. La
policondensazione, nella quale la
saldatura fra le diverse molecole di monomero (o monomeri) avviene con
eliminazione di molecole di piccole dimensioni (acqua, acido cloridrico, alcool
etilico, ammoniaca, ecc.), generalmente una molecola per ogni legame formatosi
fra due molecole. Si tratta in genere di una reazione relativamente lenta, che
quasi sempre permette anche di isolare prodotti intermedi di reazione. La
poliaddizione prevede una
saldatura fra molecole senza alcuna
eliminazione di sostanza, per apertura di un doppio legame o di un anello
molecolare. Essa viene ancora ulteriormente distinta in due tipi di reazione:
addizione lenta (impropriamente anche detta
policondensazione) e
addizione veloce, detta anche impropriamente
p. a catena. La
differenza fra questi due tipi di reazione consiste essenzialmente nella
velocità con la quale si verificano: nel primo caso la reazione avviene
più lentamente e in generale è possibile isolare anche i prodotti
intermedi. È il caso tipico di
p. per apertura di un anello
molecolare. Nell'addizione veloce, invece, la reazione è molto
rapida e la separazione di prodotti intermedi è impossibile. È il
caso di reazioni che avvengono per apertura di un doppio legame. La
p.
può avvenire spontaneamente, quando i monomeri sono portati in
determinate condizioni, oppure per azione di sostanze che hanno il compito di
innescarla e sono dette
iniziatori o, impropriamente,
catalizzatori. Benché esistano casi in cui il catalizzatore si
rigenera al termine della reazione, in generale esso si distrugge o entra a far
parte delle macromolecole del polimero. Di norma esso viene perso durante
l'operazione di
p. e quindi non deve essere chiamato catalizzatore in
quanto non ha, nemmeno in teoria, efficacia infinita. Affinché le
molecole di monomero subiscano la
p., si deve fornire almeno ad alcune di
esse dell'energia di attivazione. Ciò può essere fatto per via
termica, con radiazioni, ecc.; in tutti i casi però la formazione del
polimero è esotermica per 5 ÷ 20 kcal/mole di monomero. Occorre
quindi provvedere un adeguato sistema di eliminazione del calore generato dalla
reazione. In generale le temperature di lavoro sono non molto lontane dalla
temperatura ambiente; vi sono però dei casi in cui si lavora a -50
°C o sopra i 100 °C. Un importante tipo di
p. è la
p.
stereospecifica, introdotta in campo industriale, che permette di ottenere
polimeri aventi catene di eccezionale regolarità e quindi dotati di
superiori caratteristiche meccaniche (V. OLTRE). I
principali fattori che devono essere controllati durante un'operazione di
p. sono: a) peso molecolare del polimero; b) distribuzione dei pesi
molecolari del polimero; c) purezza del polimero. Il peso molecolare assume
grande importanza per le caratteristiche meccaniche, elettriche, chimiche, ecc.
del prodotto finale. Se esso è basso il polimero resta più
facilmente fusibile, più debole, ecc.; se è troppo alto può
rendere difficile la lavorazione (eccessiva viscosità a caldo). Se il
polimero contiene nelle sue molecole solo poche unità di monomero viene
chiamato
oligomero e più precisamente
dimero (due molecole
di monomero),
trimero (tre molecole di monomero),
tetramero e
così via. Nella maggior parte dei casi il numero di unità
monomeriche che costituiscono le molecole del polimero è molto elevato,
da un centinaio a molte migliaia o centinaia di migliaia. Si definiscono
alti
polimeri quelli che contengono almeno un migliaio di unità
monomeriche, che cioè hanno un peso molecolare superiore di almeno 1.000
volte circa rispetto a quello dei monomeri;
bassi polimeri sono quelli
che hanno peso molecolare minore. Naturalmente questa distinzione ha valore solo
all'interno delle singole classi di polimeri. Vi sono poi dei casi in cui
non ha significato parlare di peso molecolare. Ad esempio, i polimeri (o
resine)
termoindurenti sono costituiti non da molecole lineari, ma
da una struttura tridimensionale nella quale, anche volendo individuare delle
catene, si troverebbe che queste sono collegate a tutte le altre vicine. In tal
modo tutta la massa del polimero può essere considerata come un'unica
gigantesca molecola e quindi la definizione di peso molecolare non ha alcun
significato. Anche la distribuzione dei pesi molecolari di un polimero è
un fattore di rilevante importanza per le caratteristiche del materiale finito.
Essa viene evidenziata mediante una curva che riporta, in funzione del peso
molecolare, il numero di molecole presenti nel polimero o, meglio, la loro
concentrazione. Quindi, assunta come unitaria l'area che sta al di sotto della
curva, l'area posta sotto ad un tratto di curva compreso fra due pesi molecolari
M
1 e M
2 dà la frazione del polimero (ad esempio, in
peso) costituita da molecole di peso molecolare compreso fra M
1 e
M
2. Sperimentalmente questa curva può essere costruita in modo
approssimativo, frazionando il polimero in un numero molto grande di frazioni
aventi peso molecolare pressoché uguale fra loro e pesando poi le singole
frazioni. Questo processo è molto lungo e spesso risulta addirittura
impossibile; ci si accontenta allora di una determinazione più
grossolana, oppure di una curva approssimata ricavata per via teorica.
Particolare importanza nella
p. va posta nell'evitare che permangano nel
polimero delle tracce di monomero o di oligomeri: questi infatti in molti casi
possono agire come plastificanti e produrre grandi variazioni nelle
caratteristiche meccaniche della resina. Anche la purezza del polimero è
importante: la presenza in esso di sostanze estranee quali catalizzatore,
solvente, tensioattivi, emulsionanti, ecc. può avere una notevole
influenza sulle caratteristiche meccaniche, elettriche, ottiche, ecc. del
polimero finito. Ricordiamo che le reazioni di
p. sono infatti di per
sé molto semplici da condurre; tuttavia, se non sono accuratamente
controllate possono produrre polimeri aventi caratteristiche scadenti o comunque
non rispondenti a quanto desiderato. Questo fatto permette però anche
l'ottenimento di prodotti diversi dalle stesse materie prime, anche dagli stessi
processi, semplicemente cambiandone di poco le condizioni di lavoro; in questo
modo è possibile ottenere dei polimeri fabbricati appositamente per quasi
tutte le esigenze particolari, cosa che costituisce uno dei principali vantaggi
delle materie plastiche sui materiali tradizionali. Osserviamo anche che le
reazioni di
p. costituiscono l'esempio più importante di reazioni
a catena: due monomeri reagiscono fra loro per dare un certo prodotto che, pur
essendo diverso da essi, presenta condizioni tali da farlo ancora reagire con un
terzo monomero; a sua volta il prodotto così formato è ancora in
grado di reagire e così via. Spesso il meccanismo di queste reazioni,
studiato a fondo, ha permesso di chiarire anche meccanismi di reazioni diverse.
║
Policondensazione: la formazione di macromolecole per
policondensazione avviene, come si è detto, tramite legami che si
stabiliscono fra due monomeri o fra una molecola in accrescimento e un monomero;
ad ogni legame che si forma si ha eliminazione di una molecola semplice. Alcuni
esempi possono chiarire questo meccanismo. Consideriamo ad esempio il caso del
nylon 66, un polimero formato per policondensazione di acido adipico ed
esametilendiammina. Questi due composti, che hanno formula:
HOOC―(CH
2)
4―COOH acido adipico
H
2N―(CH
2)
6―NH
2 esametilendiammina
sono
entrambi bifunzionali (uno è un diacido e l'altro è una diammina);
inoltre i gruppi funzionali dell'uno sono in grado di reagire con quelli
dell'altro. Nella policondensazione i gruppi ―COOH reagiscono con i gruppi ―NH
2 per dare un legame ionico del tipo
...―COO
- +H
3N―.... Per riscaldamento questo legame, di tipo salino,
si trasforma per perdita di una molecola di acqua in un legame di tipo ammidico,
più stabile, del tipo:
...CO―NH―....
La
reazione fra il diacido e la diammina si può quindi scrivere nel seguente
modo:

Come si vede, questo composto
(ipotetico) è ancora in grado di reagire: a sinistra presenta infatti un
gruppo ―COOH che può reagire con una
molecola di diammina, mentre a destra presenta un gruppo ―NH
2 che può reagire con una
molecola di acido. Anche negli stadi intermedi della reazione il composto in
accrescimento è sempre bifunzionale e quindi in grado di allungarsi dalle
due parti. È da notare però che anche se esso fosse monofunzionale
potrebbe comunque accrescersi, anche se solo da un lato. Si è detto che
il composto indicato nella reazione ora scritta è ipotetico. Infatti
durante il riscaldamento per passare dal legame salino ad un legame ammidico si
verifica anche un accrescimento delle molecole fino ad un peso molecolare molto
alto. La reazione complessiva avviene con formazione di molti legami e si
può scrivere quindi nel seguente modo:

intendendo che la macromolecola che si forma è costituita
(tranne le parti terminali) dalla ripetizione di
x volte del complesso
fra parentesi quadre. Il parametro
x, intero, viene detto
grado di
p. (abbreviato GP) del polimero. Esso è evidentemente un valore medio
per un certo polimero, dato che non tutte le molecole di questo hanno uguale
lunghezza. Un caso analogo è la reazione che porta alla formazione di un
poliestere, ad esempio del
polietilentereftalato, un polimero prodotto
per policondensazione fra acido tereftalico e glicole etilenico:

In questo caso avviene una reazione fra i gruppi carbossilici ―COOH ed i gruppi ossidrilici ―OH con formazione di un legame tipo
estere

e la sua formazione avviene con
l'eliminazione di circa 2 molecole di acqua. Un terzo esempio è la
formazione di un
policarbonato aromatico. In questo caso si parte da un
unico composto bifunzionale, ad esempio il bisfenolo A, e da un composto che non
presenta gruppi funzionali, il fosgene. È da notare che il bisfenolo A
presenta due gruppi uguali fra loro, come appare dalla sua
struttura:

e quindi non è
polimerizzabile da solo. In presenza di fosgene esso però polimerizza, in
quanto avviene la formazione di acido cloridrico HCl e la formazione di un
legame di tipo misto etere-estere per ogni due gruppi ―OH. Il polimero presenta quindi dei legami del
tipo:

con un GP medio che va da 100 a 400
per i tipi di impiego comune. La policondensazione non deve necessariamente
avvenire a partire da monomeri di due specie: composti che presentano nella loro
molecola gruppi funzionali di due tipi possono infatti anche polimerizzare da
soli. Ad esempio, l'acido ε-amminocapronico

può essere facilmente fatto condensare per eliminazione di
acqua a dare il
nylon 6 che ha una formula del tipo:

che presenta dei legami ammidici del tutto identici a quelli del
nylon 66, ottenuto da un diacido e da una diammina. Nella pratica corrente il
nylon 6 si ottiene però dal caprolattame, un composto ciclico che si
forma dall'acido ε-amminocapronico per perdita di una molecola d'acqua e
ciclizzazione, secondo una reazione di poliaddizione lenta. Le reazioni che
portano alla formazione dei polimeri del tipo considerato possono, salvo rari
casi, ricondursi a reazioni di esterificazione. Come è noto, queste non
sono completamente spostate in quanto esiste sempre un equilibrio dinamico che
porta alla formazione di una certa quantità di estere (in un'unità
di tempo) per esterificazione, ma anche alla distruzione di una quantità
uguale di estere per idrolisi. Infatti le sostanze che si formano durante la
reazione possono reagire con i legami che si sono formati quando sono state
liberate e determinare la rottura di una macromolecola in due pezzi. Questo
fatto ostacola fortemente la crescita del polimero: infatti la reazione di
demolizione delle macromolecole tende ben presto a diventare più veloce
di quella di allungamento delle macromolecole stesse. Mentre le molecole di
monomero hanno solo un punto della catena alla quale saldarsi per aumentare il
GP di un'unità (la macromolecola ha gruppi funzionali adatti solo
in testa o in coda), le molecole liberate (ad esempio di acqua) hanno un numero
di punti molto maggiore con cui reagire (cioè
x o 2
x
circa); per ogni molecola che si attacca si ha inoltre un secco dimezzamento del
GP. Operando in presenza dell'acqua o delle altre sostanze liberate, la
policondensazione non va oltre la formazione di oligomeri; se invece si procede
all'allontanamento continuo di tali sostanze man mano che si formano la reazione
può proseguire fino alla formazione di alti polimeri. L'accrescimento
delle macromolecole, a meno di rotture per idrolisi, proseguirebbe
indefinitamente se non si esaurissero i monomeri: la
p. è quindi
completa quando questi sono ridotti ad una concentrazione insignificante. Le
macromolecole però conservano le loro estremità reattive; in
condizioni particolari, ad esempio per effetto delle temperature elevate di
stampaggio o trafila delle resine, le estremità possono saldarsi fra loro
provocando un forte aumento del GP e quindi della viscosità del polimero,
che può diventare molto difficile da lavorare. Si può evitare
questo inconveniente addizionando alla miscela di monomeri di partenza piccole
quantità di composti monofunzionali: essi funzionano da terminatori delle
catene in quanto l'addizione di uno di essi blocca il proseguire della reazione.
Questi polimeri non possono poi aumentare di peso molecolare in quanto le
estremità delle catene non sono più reattive. Il processo di
policondensazione è facilitato dal fatto che le molecole che si liberano
hanno in generale un peso molecolare molto basso, ad
esempio:
H
2O, HCl, CH
3OH, NH
3,
CH
3COOH
quindi possono essere facilmente allontanate in
modo quasi completo mediante riscaldamento o ebollizione. Per tale motivo, le
policondensazioni vengono quasi sempre condotte a caldo e spesso con temperature
crescenti al procedere della reazione. Finora si è considerato il caso di
composti bifunzionali. Si hanno però anche resine di grande importanza
commerciale che sono prodotte a partire da prodotti trifunzionali o
polifunzionali. Basta che un tipo di monomero abbia più di due gruppi
funzionali reattivi perché la struttura delle macromolecole non sia
più lineare: infatti anche immaginando che due gruppi vengano utilizzati
per la formazione della catena principale, ne resta almeno uno in ogni monomero
trifunzionale che forma dei legami con le altre catene. Si ottiene quindi una
resina che viene detta
reticolata, in quanto si può considerare
formata da un'unica grande macromolecola. A seconda del grado di reticolazione
questo prodotto può essere più o meno insolubile ed infusibile (a
differenza delle resine lineari, termoplastiche e spesso anche solubili); una
reticolazione controllata può essere ottenuta introducendo piccole
quantità di monomero tri- o polifunzionale fra monomeri bifunzionali. Le
resine reticolate di impiego comune (alchidiche, amminiche, fenoliche, ureiche,
ecc.) sono insolubili ed infusibili; per questo devono essere reticolate
direttamente durante l'operazione di stampaggio a caldo. Si prepara quindi un
polimero nel quale la policondensazione è molto limitata (il cosiddetto
prepolimero) e poi si produce la
p. completa e la reticolazione
direttamente nello stampo, eventualmente con l'aiuto di catalizzatori di
policondensazione. In tal caso lo stampo deve essere costruito in modo da
permettere il libero sfiato dei gas che si formano durante lo stampaggio. Gli
esempi di resine reticolate sono molto numerosi e molto importanti. Ad esempio
le resine urea-formaldeide (o resine amminiche o amminoplasti) vengono preparate
a partire da urea e formaldeide:

Operando in
ambiente basico si ha dapprima un'addizione di formaldeide sull'urea a formare
dei prodotti ureici, principalmente la monometilolurea e la
dimetilolurea:

Per riscaldamento questi prodotti
formano, eliminando acqua, una struttura reticolata tridimensionale. La reazione
viene dapprima condotta in modo da formare un polimero quasi lineare,
cioè con un basso grado di reticolazione, che potremo rappresentare nel
piano con una struttura di questo tipo:

che ha valore
puramente esemplificativo. La presenza di gruppi funzionali diversi (―OH, ―NH
2,
―NH―, ecc.)
nelle molecole di questo tipo permette la formazione di altri legami. Ciò
si compie per effetto del calore fornito durante lo stampaggio (ed eventualmente
per effetto di catalizzatori aggiunti), sempre con eliminazione di acqua. La
resina, che nello stato precedente era ancora fusibile e parzialmente solubile,
diventa infusibile ed insolubile. La struttura che acquista è
schematizzabile nel modo seguente:

cioè con
un numero molto alto di legami fra le varie catene: infatti la massa di polimero
può essere considerata un'unica grande molecola. Casi perfettamente
analoghi si hanno per resine fenoliche (ottenute per condensazione di fenolo con
formaldeide), resine melamminiche (ottenute per condensazione di melammina e
formaldeide), ecc. ║
Poliaddizione: la formazione di legami fra i
monomeri per dare le molecole polimeriche avviene, in questo caso, o per
apertura di un anello o per apertura di un doppio legame. A seconda dei
meccanismi di reazione e dei monomeri impiegati le catene del polimero possono
essere lineari e ramificate; non si hanno però reticolazioni fra le
diverse catene del polimero, salvo che queste vengano create appositamente. In
linea di massima quindi la poliaddizione produce dei polimeri a struttura
lineare, eventualmente ramificati, che sono termoplastici e spesso anche
solubili in solventi organici. L'apertura di un anello o di un doppio
legame crea sulla molecola di monomero due punti attivi, in grado di legarsi con
corrispondenti punti attivi di un altro monomero e così via. Nel caso
della
poliaddizione lenta si ha apertura di un anello; la reazione
è abbastanza lenta. Un esempio di questo genere è la
p.
dell'ossido di etilene:

a dare il poliossietilene. La
reazione è iniziata da un alcool, indicato genericamente con R―OH, dove R― è
un radicale alchilico, ed avviene con apertura dell'anello per rottura di un
legame carbonio-ossigeno. Lo schema di inizio è quindi il
seguente:

La propagazione avviene per
addizione di altre molecole di ossido di etilene: si avrà quindi la
formazione del dimero:
R― (―O―CH
2―CH
2―)
2―OH
e poi del trimero:
R―(―O―CH
2―CH
2―)
3―OH
poi del tetramero e così via.
Questi prodotti sono anche isolabili separatamente. In modo perfettamente
analogo al poliossietilene si prepara il poliossipropilene a partire dall'ossido
di propilene:

Con particolari catalizzatori questa
poliaddizione porta ad altri polimeri dotati di buone proprietà. Un caso
particolare è la
p. del caprolattame a dare
nylon 6. Questa
reazione si svolge apparentemente come una poliaddizione lenta (cioè non
si ha eliminazione di acqua o altra sostanza a basso peso molecolare). In
effetti il meccanismo è del tutto analogo a quello della
policondensazione. Il caprolattame, che ha formula:

non
è altro che il lattame dell'acido ε-amminocapronico già
citato e si ottiene da esso per eliminazione di una molecola di acqua. La sua
p. viene iniziata con acqua, che si addiziona sull'anello e, aprendolo,
riforma l'acido amminocapronico. Questo, reagendo per policondensazione, genera
dell'acqua utilizzata per trasformare altro caprolattame in acido
amminocapronco. Le
poliaddizioni veloci (o
p. a catena) sono molto
numerose. Loro caratteristica, che le differenzia dalle precedenti reazioni,
è la velocità molto elevata, che non permette l'isolamento degli
oligomeri, salvo casi rari. La
p. avviene in generale per apertura di un
doppio legame etilenico, cioè fra due atomi di carbonio. Non è
però raro il caso in cui il doppio legame sia fra carbonio e ossigeno o
fra carbonio e altre specie atomiche. Un esempio di apertura di legame
carbonio-ossigeno è la
p. della formaldeide a dare
poliossimetilene. L'apertura del doppio legame crea due valenze libere, una sul
carbonio e una sull'ossigeno secondo lo schema:
―CH
2―O―
Il polimero avrà quindi una
struttura di questo tipo:
...―CH
2―O―CH
2―O―CH
2―O―CH
2―O―...
È quindi un polietere, come il
poliossietilene ed il poliossipropilene. L'apertura di un doppio legame
etilenico, cioè fra due atomi di carbonio, è il meccanismo
più comune. Il numero di sostanze polimerizzabile per questa via è
enorme: la maggior parte di esse però possono considerarsi dei derivati
dell'etilene (anch'essa polimerizzabile)

per
sostituzione di uno o più dei suoi atomi idrogeno con altri gruppi
funzionali. Citiamo solo alcuni dei più importanti monomeri che possono
ascriversi a questo tipo (indicati come
monomeri vinilici, in quanto
nella loro molecola è presente il gruppo vinile
H
2C═CH―), riportandone le
formule di struttura:

Genericamente tutti questi composti
possono rappresentarsi con la formula

nella quale X, Y,
W e Z sono atomi di idrogeno o radicali di vario genere. La maggior parte dei
monomeri del tipo citato presenta però tre atomi di idrogeno, quindi
può essere scritta nella forma

Per quanto finora
detto, la
p., avvenendo per apertura del doppio legame e quindi con
formazione di un ideale composto con due valenze libere, cioè del
tipo:

dovrebbe portare alla formazione di
polimeri lineari, cioè del tipo:

In molti casi si
ha però la formazione di catene laterali e, di conseguenza, le
macromolecole sono ramificate. Questo può avvenire per due principali
motivi. A) Il sostituente laterale ―X contiene
dei doppi legami che si possono aprire nelle condizioni di
p. In questo
caso ognuno di essi può essere l'origine di una ramificazione della
catena principale. In alcuni casi insieme ad un monomero nel quale ―X non ha insaturazioni viene posta od è
presente come impurezza una piccola quantità di un altro monomero che ha
un sostituente ―X con insaturazioni. B) Nelle
condizioni di lavoro è possibile che alcuni atomi di idrogeno possano
venir staccati dalla catena polimerica in accrescimento, creando dei punti
attivi sui quali inizia la crescita di una ramificazione laterale. In generale
però queste ramificazioni sono sempre di lunghezza molto limitata, al
massimo di una decina di atomi di carbonio. Per comprendere come ciò
possa avvenire si devono considerare i due diversi tipi di meccanismo di
reazione. Il meccanismo di tipo
radicalico si verifica quando le molecole
polimeriche si accrescono come radicali, cioè come gruppi di atomi con un
elettrone spaiato, e quindi come intermedio instabile. Il tipo
ionico si
verifica se le molecole di polimero si accrescono come ioni, cioè come
gruppi di atomi uno dei quali porta una carica elettrica unitaria positiva o
negativa. In questo caso il composto intermedio è abbastanza stabile
(anche se di vita molto breve), poiché alla carica ionica della molecola
polimerica si affaccia sempre uno ione semplice di carica opposta, detto
controione. A sua volta la
p. a catena di tipo ionico può
essere ulteriormente suddivisa secondo i seguenti quattro tipi di meccanismo: a)
anionico; b) cationico; c) anionico coordinato; d) cationico coordinato.
Consideriamo separatamente questi casi. A)
P. a catena radicalica.
È uno dei meccanismi più comuni e sicuramente quello usato
maggiormente per i polimeri di grande produzione. Esso provoca la formazione,
nella massa di monomero, dei radicali in grado di addizionare le molecole di
monomero stesso in rapida successione; dopo l'addizione di ogni molecola permane
l'elettrone spaiato, cioè resta un nuovo radicale che è ancora in
grado di accrescersi addizionando altro monomero. Il procedere della reazione
può quindi distinguersi in tre stadi: a) inizio della catena; b)
propagazione della catena; c) terminazione della catena. L'inizio della catena
polimerica consiste nella creazione della catena stessa. Ciò può
essere ottenuto ad esempio attivando i monomeri stessi (per riscaldamento,
irradiazione, ecc.) fino a trasformarne una piccola parte in radicali per
dissociazione omolitica. Se indichiamo genericamente con M una molecola di
monomero e con M* una molecola di monomero attivata (che sarà
evidentemente un radicale) questa reazione consiste nel far
avvenire:

La stessa reazione di inizio
può anche essere compiuta attivando una diversa sostanza: poiché
l'attivazione del polimero richiede energie molto elevate (ad esempio 30
kcal/mole) si possono introdurre nel monomero piccole quantità di
sostanze che si decompongono facilmente per generare dei radicali, anche per
riscaldamento moderato. Se questa sostanza ha per esempio formula A―B la sua decomposizione genera due radicali (indicati
con un punto in alto) che potrebbero essere A
· e
B
·. Si avrebbe cioè che:
A―B → A
· +
B
·Come esempio consideriamo il perossido di
benzoile

Per modesto riscaldamento esso si
decompone in due radicali di acido benzoico che, essendo instabili, si
decompongono a loro volta dando origine ad un radicale di benzene ed anidride
carbonica secondo lo schema seguente:

Analoghe reazioni
possono aversi con altre sostanze quali il difenilmetano, diversi azonitrili
simmetrici e così via. La propagazione della catena avviene per
successive addizioni di monomero; la macromolecola che si accresce ha sempre una
estremità che è attivata o è un radicale. Ad esempio, se
A
· è un radicale essa avviene nel modo
seguente:
A
· + M → A―M
·A―M
· + M → A―M―M
·A―M―M
·
+ M → A―M―M―M
·e così via. Come
si vede, si tratta di una reazione a catena che avviene per stadi successivi, ad
ognuno dei quali viene addizionata un'unità monomerica. In tal modo le
macromolecole che sono in via di formazione hanno la possibilità di
accrescersi finché è presente del monomero. Si comprende in tal
modo come il peso molecolare medio del polimero sia tanto minore quanto maggiore
è il numero di iniziatori (si hanno infatti molti punti in accrescimento
che tuttavia non hanno tempo di allungarsi molto). La propagazione da catena
prosegue infatti finché una macromolecola in accrescimento incontra dei
monomeri, oppure finché non reagisce in modo da disattivarsi, cioè
da perdere la possibilità di addizionare ulteriormente monomeri
(terminazione di catena). La terminazione può avvenire con diversi
meccanismi, dei quali forniamo una breve descrizione. a)
Disproporzionamento. L'incontro di due radicali porta ad una reazione
nella quale uno di essi cede un atomo di idrogeno all'altro, saturandone la
valenza libera. A sua volta si trasforma però in una olefina con un
doppio legame sul carbonio che conteneva l'elettrone spaiato. Lo schema è
di questo tipo:
R―CH
2―CH
2· +
·CH
2―CH
2―R'→ R―CH
2―CH
3 + H
2C═CH―R'
avendo indicato con
R― e R
'― tutta la catena di una macromolecola eccetto gli
atomi terminali. b)
Accoppiamento fra due radicali. In questo caso
l'incontro di due radicali comporta la loro unione con formazione di un'unica
macromolecola; ad esempio si avrà:
R―CH
2―CH
2· +
·CH
2―CH
2―R
' → R―CH
2―CH
2―CH
2―CH
2―R
'In entrambi i casi la
fine dell'accrescimento delle macromolecole comporta la scomparsa dei radicali.
c)
Trasferimento di catena cinetica. Si tratta di reazioni nelle quali la
fine dell'accrescimento di una macromolecola innesca l'inizio di un'altra,
cioè un radicale ad alto peso molecolare diventa saturo ma si crea un
altro radicale. Si distinguono diversi casi, precisamente: 1) trasferimento al
monomero; 2) trasferimento al polimero; 3) trasferimento a molecole di altro
genere. Nel primo caso, indicando con R―(M)
n ―M
· il radicale e con M il monomero si
ha un meccanismo del tipo:
R―(M)
n―M
· + M → R―(M)
n―M +
M
·In pratica questa reazione avviene per
trasferimento di un atomo (di idrogeno o anche di altro genere) da una molecola
di monomero al radicale; a sua volta la molecola di monomero diventa un radicale
e inizia ad accrescersi. Nel caso di trasferimento al polimero si verifica lo
stesso processo: mentre un radicale si satura e diventa una molecola di
polimero, una di queste viene trasformata in radicale e comincia ad accrescersi.
L'elettrone spaiato in questo caso non viene generato alla fine della catena ma,
in genere, su una posizione qualsiasi. Ad esempio si ha una reazione del
tipo:
R―(M)
n―M―M +
R
'― (M)
m―M
· → R―(M)
n―M―M +
R
'― (M)
m―M
Questo radicale si accresce nel solito
modo per propagazione della catena:

Se l'elettrone
spaiato non si è generato sull'ultimo atomo di carbonio della molecola
polimerica si avrà, come nell'esempio visto, la trasformazione della
catena (lineare o ramificata) in una catena sicuramente ramificata. In effetti,
data la probabilità molto bassa che il trasferimento di catena avvenga
proprio sull'ultimo carbonio, si può dire che in generale questo fenomeno
comporta la formazione di ramificazioni sulle molecole polimeriche, cioè
produce un polimero ramificato. Nel trasferimento di catena a molecole di altro
genere si verifica un meccanismo del tutto simile: il radicale in accrescimento
si satura mentre si genera un nuovo radicale. Sia Z la molecola cui si
trasferisce la catena e sia Z
· un suo radicale. Allora si
ha:
R― (M)
n―M
· + Z → R― (M)
n―M +
Z
·Queste molecole possono essere presenti nelle
condizioni di reazione come solvente, impurezze o come agenti di trasferimento
appositamente aggiunti per controllare il peso molecolare del polimero
attraverso una loro addizione. Ad esempio nelle
p. di olefine tali agenti
di trasferimento possono essere sostanze come il tetracloruro di carbonio, il
cloroformio, l'idrogeno, ecc. Con idrogeno si ha un meccanismo di questo
genere:
R―CH
2―CH
2· + H
2
→ R―CH
2―CH
3 + H
·nel
quale si ha formazione di un radicale idrogeno H
· che inizia una
nuova catena. Si tratta di una reazione simile a quella che si verifica in caso
di scissione omolitica dell'idrogeno:
H
2 →
2H
·dopo di che un H
· si addiziona
sul radicale polimerico secondo una reazione di accoppiamento, mentre l'altro
inizia una nuova catena. Con il tetracloruro di carbonio si avrebbe analogamente
la scissione:
CCl
4 →
CCl
3· + Cl
·in due
radicali che si comportano come visto precedentemente. In alcuni casi l'agente
di trasferimento genera due radicali, uno dei quali si addiziona mentre l'altro
non è sufficientemente attivo per iniziare la nuova catena. In questo
caso la fine della catena polimerica (cioè la trasformazione del radicale
polimerico in macromolecola) coincide con la fine della catena cinetica,
cioè con la fine dell'accrescimento, in quanto il nuovo radicale non si
accresce più. Si conoscono diverse sostanze di questo tipo (soprattutto
fenoli e derivati) che vengono anche dette
inibitori o
ritardatori
della
p. B)
P. a catene ioniche. Si distinguono in
cationiche e anioniche. In questi casi l'attivazione di un monomero per generare
una catena consiste nel provocarne una scissione eterolitica oppure
nell'addizionare sul monomero uno ione in modo da trasformarlo in carboanione o
carbocatione; si parlerà quindi rispettivamente di
p. anionica o
cationica. La
p. cationica avviene con formazione di un carbocatione,
cioè di un gruppo atomico nel quale un atomo di carbonio (dove avviene
l'accrescimento) possiede una carica positiva. L'inizio della reazione
può avvenire per effetto di un acido di Lewis: AlCl
3,
BF
3, H
2SO
4, ecc. Generalmente al catalizzatore
vero e proprio si associa un promotore che ha lo scopo di renderlo più
attivo. Ad esempio per il BF
3 il promotore può essere l'acqua;
avviene infatti la reazione:
BF
3 + H
2O →
F
3BOH
–+ H
+nella quale sono
gli ioni a svolgere la funzione di catalizzatori. L'inizio della reazione
avviene per reazione dello H
+ con una molecola; consideriamo ad
esempio il caso di propilene:

Come si vede, si
è verificato l'attacco elettrofilo dell'H
+ sul doppio legame,
con formazione di un carbocatione. Questo a sua volta può facilmente dare
un attacco sempre elettrofilo su un'altra molecola di propilene:

con formazione di un nuovo carbocatione e così via. In
questo modo si produce l'allungamento del carbocatione fino a dare una molecola
polimerica, che tuttavia mantiene la natura di carbocatione. Va rilevato che in
questo caso l'estremità in accrescimento non è libera ma, essendo
a carica positiva, è sempre affacciata ad uno ione a carica negativa.
Indicando con una linea ondulata tutto il carbocatione eccetto l'atomo di
carbonio carico, avremo quindi sempre lo schema seguente:
~ C
+
-BF
3OH
La reazione di propagazione avviene, come si
è visto, con addizione di nuovi monomeri sul carbonio carico. La
terminazione della catena avviene invece con perdita di un protone da parte del
carbocatione, che si trasforma in un'olefina secondo lo schema
seguente:

Il protone così generato
è in grado di iniziare un nuovo accrescimento; la terminazione della
catena polimerica non coincide perciò con la terminazione della catena
cinetica. Le
p. cationiche sono impiegate in molti processi industriali;
si tratta quasi sempre di reazioni molto favorite, che vengono condotte in
solventi a bassa temperatura. La
p. anionica è analoga a quella
cationica; tuttavia essa prevede la formazione di un carboanione invece che di
un carbocatione. Anche in questo caso la reazione viene iniziata da un complesso
catalitico che, dissociandosi, crea il carboanione. Ad esempio il litiobutile
tende a dare una reazione di questo
tipo:
LiC
4H
9 → Li
+ +
–C
4H
9In presenza di un
monomero reattivo, ad esempio il nitrile acrilico H
2C═CH―CN si ha accrescimento nel seguente
modo:

che prosegue poi addizionando altri
monomeri fino ad avere un macroione, cioè una lunga catena carica su un
carbonio. La terminazione può avvenire per trasferimento di uno ione
idruro H
– al controione:

e
formazione quindi di un'insaturazione. Nello schema ora esemplificato si
è fatta l'ipotesi che il legame fra il carboanione e il suo controione
fosse completamente ionizzato, cioè che ci si trovasse nella situazione
seguente :
~ C
- +Li
In realtà ciò
non è necessario. Basta infatti che il legame sia fortemente polarizzato,
cioè che si abbia lo schema seguente:
- δ + δ
~
C Li
perché la
p. possa avvenire. Evidentemente le
molecole di monomero si inseriscono sul carbonio che porta la carica parziale
negativa, cioè sul legame polarizzato. Si ha quindi un meccanismo di
questo tipo (per l'addizione di una molecola di etilene):
Li―C
4H
9 +
H
2C═CH
2 → Li―CH
2―CH
2―C
4H
9seguito
da:
Li―(CH
2)
2―C
4H
9 +
H
2C═CH
2 → Li―CH
2―CH
2―(CH
2)
2―C
4H
9e così
via. La propagazione e la terminazione di catena sono analoghe a quelle
già viste, ma il fatto che le molecole di monomero non si inseriscano
più al termine di una molecola (o ione) ma su un legame polarizzato
comporta una notevole diversità nel processo. Infatti in questo modo
è possibile, utilizzando dei catalizzatori opportuni, controllare
l'inserimento dei monomeri, orientandoli nel modo più opportuno. C)
P.
stereospecifica. Si tratta di una particolare
p. a catena di tipo
ionico e si distingue in
anionica coordinata e
cationica coordinata
(dove
coordinato è sinonimo di
stereospecifico). Questa
p. utilizza un meccanismo simile a quello utilizzato nella
p.
anionica in presenza di legami non del tutto dissociati. Il catalizzatore ha una
struttura complessa, con una forma tale per cui l'inserimento del monomero
può avvenire solo in un certo modo, con un orientamento opportuno. Il
risultato del processo è quindi un polimero ad elevato grado di
regolarità e quindi altamente cristallino. Uno dei catalizzatori
più usati è un complesso di cloruro di titanio e alluminio
trialchile, che produce una
p. anionica coordinata di olefine.
Consideriamo la
p. del propilene CH
3―CH═CH
2: essa viene effettuata in
genere con un complesso di tricloruro di titanio TiCl
3 e un
dialchil-alogenuro di alluminio, comunemente dietil-cloroalluminio
Al(C
2H
5)
2Cl, che indicheremo genericamente con
AlR
2Cl. Secondo un'ipotesi abbastanza accreditata il complesso che
queste due sostanze formano è del tipo:

con i
legami alluminio-carbonio fortemente polarizzati con carica positiva
sull'alluminio e negativa sul carbonio (per questo la
p. si dice
anionica). La struttura del catalizzatore non riveste particolare importanza;
esso può essere schematizzato nel seguente
modo:
[Cat]
+―
-R
In presenza di
propilene questo complesso lo addiziona nel seguente modo:

dopo di che inizia l'allungamento della catena, con inserimento di
altri monomeri, sempre fra complesso catalitico e atomo di carbonio ad esso
attaccato:

La reazione prosegue in questo modo.
È molto importante che tutti i monomeri si inseriscano nello stesso
ordine, cioè: a)
testa-coda. Il carbonio che porta il metile ―CH
3 di un monomero si attacca al carbonio
(già addizionato) che non lo porta, cioè al ―CH
2―.
Questo è dovuto al fatto che nel propilene il carbonio del
CH
2═ è più ricco di elettroni degli altri; esso si
attacca quindi al complesso catalitico, a carica parzialmente positiva; b)
col metile sempre da un lato. Nello schema piano di rappresentazione
della reazione il metile resta sempre in basso, in realtà la molecola ha
un andamento ad elica e il CH
3―
è sempre verso l'esterno. Questo orientamento è dovuto alla forma
del complesso catalitico, che è tale da permettere alla molecola di
propilene di avvicinarsi (per essere addizionata) solo se è orientata in
un senso opportuno. Per queste ragioni il polipropilene che si ottiene dalla
p. del propilene con questo catalizzatore presenta (nello schema piano) i
metili tutti da un lato e viene detto
polipropilene isotattico. Esso si
può rappresentare così:

Con catalizzatori
simili è possibile ottenere anche un
polipropilene sindiotattico,
che nello schema piano presenta i metili alternativamente da un lato e
dall'altro:

Anche questo è stericamente
regolare e permette alle molecole di formare un materiale altamente cristallino.
Con i catalizzatori comuni (non stereo-specifici) il propilene è
polimerizzabile molto facilmente; la struttura delle macromolecole è
disordinata, poiché i monomeri possono inserirsi sia in posizione
testa-coda sia testa-testa; inoltre i metili si trovano da una parte e
dall'altra della catena in modo non regolare. Questo polimero, detto
polipropilene atattico (cioè senza ordine) avrà quindi una
struttura del tipo:

Nella
p. anionica coordinata
la terminazione di catena può avvenire con diversi meccanismi. I
più comuni sono: a)
terminazione spontanea: il complesso
catalitico si stacca dalla catena in accrescimento portando via un atomo di
idrogeno; a sua volta nella catena si crea
un'insaturazione:

b)
Trasferimento al monomero: per reazione del complesso
catalizzatore-macromolecola con una molecola di monomero si forma la stessa
macromolecola (con insaturazione) ora vista, mentre il catalizzatore si
trasforma in un complesso del tipo:

che può
iniziare di nuovo ad addizionare monomeri e ad accrescersi. c)
Scambio con il
catalizzatore: una parte del catalizzatore, compreso l'atomo di alluminio,
si stacca dal resto del complesso insieme con la macromolecola che esso porta.
Per trattamento con acqua esso viene poi staccato dalla macromolecola che resta
satura, mentre al suo posto compare un gruppo ―OH. d)
Intervento di regolatori di peso
molecolare: tali sostanze sono aggiunte per limitare l'accrescimento delle
macromolecole. Uno dei regolatori più comuni è l'idrogeno
H
2, che viene addizionato al posto di un monomero; si spezza in tal
modo il legame sul quale avviene la crescita, in quanto lo satura dall'una e
dall'altra parte con un atomo ―H. ║
Processi: la
p. può essere effettuata in molti modi, con
reagenti in soluzione, in sospensione, allo stato gassoso, liquido, ecc. Sarebbe
qui troppo lungo elencare tutti i possibili metodi, comprendendo anche i casi in
cui essa si compie per stadi, una parte all'atto della fabbricazione del
polimero e poi durante l'utilizzazione. Ci limitiamo quindi a citare un solo
processo, la
p. radicalica, che è il più
diffusamente impiegato. La poliaddizione a catena radicalica è molto
semplice e può essere condotta addirittura allo stato gassoso;
normalmente però si opera in fase liquida in quanto è necessario
controllare accuratamente la reazione affinché il polimero finale abbia
le caratteristiche volute. Uno dei maggiori problemi che si presentano è
l'asportazione di calore; tutte le
p. sono infatti reazioni esotermiche.
Altri problemi si hanno nella separazione e purificazione del polimero. Le
tecniche di più comune impiego per queste reazioni sono: 1)
p. in
blocco; 2)
p. in soluzione; 3)
p. in sospensione; 4)
p. in
emulsione. Operando la
p. in blocco si usano monomeri gassosi o allo
stato liquido o facilmente liquefacibili; una massa di monomeri, alla quale
viene addizionato il catalizzatore, è lasciata reagire eventualmente a
temperatura diversa da quella ambiente. Esempi di
p. in blocco sono la
produzione di polietilene con il processo ad alta pressione (ICI) che utilizza
monomero gassoso e la produzione di lastre di polimetilmetacrilato (il comune
Plexiglas), che utilizza monomeri liquidi. In tutti i casi si incontrano
diversi problemi connessi con l'asportazione del calore di reazione; nella massa
reagente si generano differenze di temperatura troppo forti a causa delle quali
le condizioni operative e quindi le caratteristiche del polimero sono diverse da
punto a punto. In particolare questo sistema produce un polimero con un'ampia
variazione di peso molecolare. Se la
p. è condotta su una colata
di monomero già nella sua forma di prodotto finito si ha anche la
formazione di tensioni interne che possono provocare la rottura del manufatto
anche senza applicazione di carico. Questo metodo viene quindi applicato solo in
casi di lastre o altre pareti sottili, oppure per polimeri che vengono poi
sottoposti a fusione e stampaggio. La
p. in soluzione non presenta tali
svantaggi: il calore può essere facilmente asportato e la temperatura
controllata anche strettamente. La velocità di reazione è minore
rispetto alla
p. in blocco perché la concentrazione di monomero
non è più unitaria. Il problema maggiore in questo caso è
il recupero del solvente, sempre assai costoso. Questo metodo si usa quindi
quando non si può operare in sospensione o emulsione (ad esempio con
catalizzatori stereospecifici, che sarebbero distrutti dall'acqua), oppure per
la preparazione di polimeri che vengono impiegati allo stato di soluzione per
fabbricare vernici, mastici, ecc. La
p. in sospensione viene effettuata
eseguendo una sospensione in acqua del monomero (e del polimero che si va
formando) mediante una vigorosa agitazione meccanica. Questo metodo permette un
ottimo controllo della reazione, un'elevata velocità di reazione
(il monomero è disperso in forma di goccioline; all'interno di queste la
reazione avviene in un mezzo omogeneo ed il monomero ha la stessa concentrazione
che avrebbe nella
p. in blocco) e produce polimeri di peso molecolare
elevato, di ottima purezza e di elevata durezza. La separazione del polimero
può essere fatta per centrifugazione, con liquido (acqua) a perdere. Il
metodo della
p. in sospensione è largamente usato per produrre
polimeri di alta qualità. La
p. in emulsione è simile alla
precedente: essa si differenzia tuttavia per l'addizione di opportune sostanze
emulsionanti (saponi o tensioattivi). Per la velocità di
p.
valgono le stesse considerazioni fatte in precedenza. Il procedimento si
dimostra più semplice, poiché l'agitazione richiesta è
molto minore e meno critica; il polimero, però, si forma in sferette
molto più piccole e quindi di più difficile separazione; inoltre
gli agenti addizionati per creare l'emulsione vengono trattenuti dal polimero e
ne possono alterare anche grossolanamente le caratteristiche meccaniche ed
elettriche. Un polimero ottenuto con questo metodo ha quindi proprietà
inferiori allo stesso polimero ottenuto in sospensione. La scelta del metodo,
fra emulsione e sospensione, dipende quindi dal tipo di applicazioni del
polimero che si vuole produrre. ║
Copolimerizzazione:
p. di
due o più specie monomeriche polimerizzabili anche separatamente. Questa
operazione, comune fra le olefine, prevede due casi distinti: 1) la
copolimerizzazione viene effettuata per creare un determinato numero di gruppi
funzionali utilizzabili per reazioni successive; 2) la copolimerizazzione viene
effettuata per creare un polimero che abbia caratteristiche completamente
diverse da quelle ottenute polimerizzando separatamente i diversi monomeri. Il
primo caso è diffuso soprattutto nella preparazione di elastomeri
sintetici, mentre il secondo caso è molto comune. ║
Reticolazioni: una forte variazione delle caratteristiche dei polimeri
può verificarsi per effetto di reazioni successive di reticolazione, che
stabiliscono ponti, cioè legami chimici, fra una catena e l'altra. Questo
fenomeno viene provocato soprattutto su polimeri aventi catene lineari (in
genere su materie termoplastiche) e comporta un miglioramento delle
caratteristiche meccaniche e di resistenza ai solventi. Spesso con questo metodo
si può trasformare un polimero termoplastico in infusibile. I meccanismi
sono diversi, ma in tutti i casi si sfruttano dei punti reattivi sulle catene
lineari e si introducono nel polimero delle sostanze con due punti reattivi che,
saldandosi ognuno con una catena, stabiliscono il legame fra due catene. ║
Modificazioni chimiche di polimeri: in molti casi si possono preparare
dei polimeri di un certo tipo polimerizzando non il monomero adatto, ma un altro
monomero, e modificando poi il polimero finito, sostituendo alcuni suoi gruppi
funzionali con altri. Ad esempio l'alcool polivinilico:

non può essere preparato per
p. dell'alcool vinilico
perché questo, appena preparato, isomerizza a formaldeide. L'alcool
polivinilico si produce quindi per idrolisi dell'acetato di
polivinile:

il quale a sua volta si produce
facilmente per
p. in blocco, in soluzione o in sospensione dell'acetato
di vinile, stabile.