eXTReMe Tracker
Tweet

Polimerizzazione.

Chim. - Processo per il quale, tramite una serie di reazioni chimiche, molte molecole di sostanze semplici si uniscono fra loro per dare origine a molecole di elevato peso molecolare. Esso realizza quindi una sorta di fusione fra più molecole di piccole dimensioni, dette monomeri, per dare molecole di maggiori dimensioni (polimeri), aventi peso molecolare superiore anche di migliaia di volte rispetto a quello dei monomeri. La p. viene anche detta omo-p., se i monomeri che partecipano ad essa sono di un solo tipo o di più tipi, ognuno dei quali però non polimerizzabile da solo; co-p. o etero-p., se i monomeri che partecipano ad essa sono di più tipi e polimerizzabili anche separatamente. Affinché una p. sia possibile, le molecole del monomero (o dei monomeri) devono presentare almeno due gruppi funzionali o due punti reattivi. Elenchiamo i casi più comuni. A) Esistenza di due gruppi funzionali nella molecola (ad esempio ―OH, ―COOH, ―NH2, ―NCO). Questi possono essere uguali fra loro (in questo caso la molecola non può polimerizzare da sola), oppure diversi (in tal caso la molecola può anche polimerizzare da sola). Naturalmente, poiché la p. avviene in questo caso per reazione fra due gruppi funzionali, occorrono che questi diano una reazione fra loro e che le condizioni operative siano tali da favorirla. B) Esistenza di un legame doppio. Il legame, aprendosi, dà origine a due legami semplici, che possono essere considerati alla stregua di due possibili punti di giunzione con altre molecole. C) Esistenza di un anello. In questo caso la molecola del monomero, per apertura dell'anello, viene a trovarsi con due punti di possibile attacco per altre molecole. Naturalmente sono polimerizzabili anche tutte le sostanze che per effetto di una qualsiasi reazione possono venirsi a trovare in una delle condizioni dette. ║ I meccanismi di p. si distinguono tradizionalmente in due tipi. La policondensazione, nella quale la saldatura fra le diverse molecole di monomero (o monomeri) avviene con eliminazione di molecole di piccole dimensioni (acqua, acido cloridrico, alcool etilico, ammoniaca, ecc.), generalmente una molecola per ogni legame formatosi fra due molecole. Si tratta in genere di una reazione relativamente lenta, che quasi sempre permette anche di isolare prodotti intermedi di reazione. La poliaddizione prevede una saldatura fra molecole senza alcuna eliminazione di sostanza, per apertura di un doppio legame o di un anello molecolare. Essa viene ancora ulteriormente distinta in due tipi di reazione: addizione lenta (impropriamente anche detta policondensazione) e addizione veloce, detta anche impropriamente p. a catena. La differenza fra questi due tipi di reazione consiste essenzialmente nella velocità con la quale si verificano: nel primo caso la reazione avviene più lentamente e in generale è possibile isolare anche i prodotti intermedi. È il caso tipico di p. per apertura di un anello molecolare. Nell'addizione veloce, invece, la reazione è molto rapida e la separazione di prodotti intermedi è impossibile. È il caso di reazioni che avvengono per apertura di un doppio legame. La p. può avvenire spontaneamente, quando i monomeri sono portati in determinate condizioni, oppure per azione di sostanze che hanno il compito di innescarla e sono dette iniziatori o, impropriamente, catalizzatori. Benché esistano casi in cui il catalizzatore si rigenera al termine della reazione, in generale esso si distrugge o entra a far parte delle macromolecole del polimero. Di norma esso viene perso durante l'operazione di p. e quindi non deve essere chiamato catalizzatore in quanto non ha, nemmeno in teoria, efficacia infinita. Affinché le molecole di monomero subiscano la p., si deve fornire almeno ad alcune di esse dell'energia di attivazione. Ciò può essere fatto per via termica, con radiazioni, ecc.; in tutti i casi però la formazione del polimero è esotermica per 5 ÷ 20 kcal/mole di monomero. Occorre quindi provvedere un adeguato sistema di eliminazione del calore generato dalla reazione. In generale le temperature di lavoro sono non molto lontane dalla temperatura ambiente; vi sono però dei casi in cui si lavora a -50 °C o sopra i 100 °C. Un importante tipo di p. è la p. stereospecifica, introdotta in campo industriale, che permette di ottenere polimeri aventi catene di eccezionale regolarità e quindi dotati di superiori caratteristiche meccaniche (V. OLTRE). I principali fattori che devono essere controllati durante un'operazione di p. sono: a) peso molecolare del polimero; b) distribuzione dei pesi molecolari del polimero; c) purezza del polimero. Il peso molecolare assume grande importanza per le caratteristiche meccaniche, elettriche, chimiche, ecc. del prodotto finale. Se esso è basso il polimero resta più facilmente fusibile, più debole, ecc.; se è troppo alto può rendere difficile la lavorazione (eccessiva viscosità a caldo). Se il polimero contiene nelle sue molecole solo poche unità di monomero viene chiamato oligomero e più precisamente dimero (due molecole di monomero), trimero (tre molecole di monomero), tetramero e così via. Nella maggior parte dei casi il numero di unità monomeriche che costituiscono le molecole del polimero è molto elevato, da un centinaio a molte migliaia o centinaia di migliaia. Si definiscono alti polimeri quelli che contengono almeno un migliaio di unità monomeriche, che cioè hanno un peso molecolare superiore di almeno 1.000 volte circa rispetto a quello dei monomeri; bassi polimeri sono quelli che hanno peso molecolare minore. Naturalmente questa distinzione ha valore solo all'interno delle singole classi di polimeri. Vi sono poi dei casi in cui non ha significato parlare di peso molecolare. Ad esempio, i polimeri (o resine) termoindurenti sono costituiti non da molecole lineari, ma da una struttura tridimensionale nella quale, anche volendo individuare delle catene, si troverebbe che queste sono collegate a tutte le altre vicine. In tal modo tutta la massa del polimero può essere considerata come un'unica gigantesca molecola e quindi la definizione di peso molecolare non ha alcun significato. Anche la distribuzione dei pesi molecolari di un polimero è un fattore di rilevante importanza per le caratteristiche del materiale finito. Essa viene evidenziata mediante una curva che riporta, in funzione del peso molecolare, il numero di molecole presenti nel polimero o, meglio, la loro concentrazione. Quindi, assunta come unitaria l'area che sta al di sotto della curva, l'area posta sotto ad un tratto di curva compreso fra due pesi molecolari M1 e M2 dà la frazione del polimero (ad esempio, in peso) costituita da molecole di peso molecolare compreso fra M1 e M2. Sperimentalmente questa curva può essere costruita in modo approssimativo, frazionando il polimero in un numero molto grande di frazioni aventi peso molecolare pressoché uguale fra loro e pesando poi le singole frazioni. Questo processo è molto lungo e spesso risulta addirittura impossibile; ci si accontenta allora di una determinazione più grossolana, oppure di una curva approssimata ricavata per via teorica. Particolare importanza nella p. va posta nell'evitare che permangano nel polimero delle tracce di monomero o di oligomeri: questi infatti in molti casi possono agire come plastificanti e produrre grandi variazioni nelle caratteristiche meccaniche della resina. Anche la purezza del polimero è importante: la presenza in esso di sostanze estranee quali catalizzatore, solvente, tensioattivi, emulsionanti, ecc. può avere una notevole influenza sulle caratteristiche meccaniche, elettriche, ottiche, ecc. del polimero finito. Ricordiamo che le reazioni di p. sono infatti di per sé molto semplici da condurre; tuttavia, se non sono accuratamente controllate possono produrre polimeri aventi caratteristiche scadenti o comunque non rispondenti a quanto desiderato. Questo fatto permette però anche l'ottenimento di prodotti diversi dalle stesse materie prime, anche dagli stessi processi, semplicemente cambiandone di poco le condizioni di lavoro; in questo modo è possibile ottenere dei polimeri fabbricati appositamente per quasi tutte le esigenze particolari, cosa che costituisce uno dei principali vantaggi delle materie plastiche sui materiali tradizionali. Osserviamo anche che le reazioni di p. costituiscono l'esempio più importante di reazioni a catena: due monomeri reagiscono fra loro per dare un certo prodotto che, pur essendo diverso da essi, presenta condizioni tali da farlo ancora reagire con un terzo monomero; a sua volta il prodotto così formato è ancora in grado di reagire e così via. Spesso il meccanismo di queste reazioni, studiato a fondo, ha permesso di chiarire anche meccanismi di reazioni diverse. ║ Policondensazione: la formazione di macromolecole per policondensazione avviene, come si è detto, tramite legami che si stabiliscono fra due monomeri o fra una molecola in accrescimento e un monomero; ad ogni legame che si forma si ha eliminazione di una molecola semplice. Alcuni esempi possono chiarire questo meccanismo. Consideriamo ad esempio il caso del nylon 66, un polimero formato per policondensazione di acido adipico ed esametilendiammina. Questi due composti, che hanno formula:

HOOC―(CH2)4―COOH acido adipico

H2N―(CH2)6―NH2 esametilendiammina

sono entrambi bifunzionali (uno è un diacido e l'altro è una diammina); inoltre i gruppi funzionali dell'uno sono in grado di reagire con quelli dell'altro. Nella policondensazione i gruppi ―COOH reagiscono con i gruppi ―NH2 per dare un legame ionico del tipo ...―COO- +H3N―.... Per riscaldamento questo legame, di tipo salino, si trasforma per perdita di una molecola di acqua in un legame di tipo ammidico, più stabile, del tipo:

...CO―NH―....

La reazione fra il diacido e la diammina si può quindi scrivere nel seguente modo:

POLIM00.png

Come si vede, questo composto (ipotetico) è ancora in grado di reagire: a sinistra presenta infatti un gruppo ―COOH che può reagire con una molecola di diammina, mentre a destra presenta un gruppo ―NH2 che può reagire con una molecola di acido. Anche negli stadi intermedi della reazione il composto in accrescimento è sempre bifunzionale e quindi in grado di allungarsi dalle due parti. È da notare però che anche se esso fosse monofunzionale potrebbe comunque accrescersi, anche se solo da un lato. Si è detto che il composto indicato nella reazione ora scritta è ipotetico. Infatti durante il riscaldamento per passare dal legame salino ad un legame ammidico si verifica anche un accrescimento delle molecole fino ad un peso molecolare molto alto. La reazione complessiva avviene con formazione di molti legami e si può scrivere quindi nel seguente modo:

POLIM01.png

intendendo che la macromolecola che si forma è costituita (tranne le parti terminali) dalla ripetizione di x volte del complesso fra parentesi quadre. Il parametro x, intero, viene detto grado di p. (abbreviato GP) del polimero. Esso è evidentemente un valore medio per un certo polimero, dato che non tutte le molecole di questo hanno uguale lunghezza. Un caso analogo è la reazione che porta alla formazione di un poliestere, ad esempio del polietilentereftalato, un polimero prodotto per policondensazione fra acido tereftalico e glicole etilenico:

POLIM02.png

In questo caso avviene una reazione fra i gruppi carbossilici ―COOH ed i gruppi ossidrilici ―OH con formazione di un legame tipo estere

POLIM03.png

e la sua formazione avviene con l'eliminazione di circa 2 molecole di acqua. Un terzo esempio è la formazione di un policarbonato aromatico. In questo caso si parte da un unico composto bifunzionale, ad esempio il bisfenolo A, e da un composto che non presenta gruppi funzionali, il fosgene. È da notare che il bisfenolo A presenta due gruppi uguali fra loro, come appare dalla sua struttura:

POLIM04.png

e quindi non è polimerizzabile da solo. In presenza di fosgene esso però polimerizza, in quanto avviene la formazione di acido cloridrico HCl e la formazione di un legame di tipo misto etere-estere per ogni due gruppi ―OH. Il polimero presenta quindi dei legami del tipo:

POLIM05.png

con un GP medio che va da 100 a 400 per i tipi di impiego comune. La policondensazione non deve necessariamente avvenire a partire da monomeri di due specie: composti che presentano nella loro molecola gruppi funzionali di due tipi possono infatti anche polimerizzare da soli. Ad esempio, l'acido ε-amminocapronico

POLIM06.png

può essere facilmente fatto condensare per eliminazione di acqua a dare il nylon 6 che ha una formula del tipo:

POLIM07.png

che presenta dei legami ammidici del tutto identici a quelli del nylon 66, ottenuto da un diacido e da una diammina. Nella pratica corrente il nylon 6 si ottiene però dal caprolattame, un composto ciclico che si forma dall'acido ε-amminocapronico per perdita di una molecola d'acqua e ciclizzazione, secondo una reazione di poliaddizione lenta. Le reazioni che portano alla formazione dei polimeri del tipo considerato possono, salvo rari casi, ricondursi a reazioni di esterificazione. Come è noto, queste non sono completamente spostate in quanto esiste sempre un equilibrio dinamico che porta alla formazione di una certa quantità di estere (in un'unità di tempo) per esterificazione, ma anche alla distruzione di una quantità uguale di estere per idrolisi. Infatti le sostanze che si formano durante la reazione possono reagire con i legami che si sono formati quando sono state liberate e determinare la rottura di una macromolecola in due pezzi. Questo fatto ostacola fortemente la crescita del polimero: infatti la reazione di demolizione delle macromolecole tende ben presto a diventare più veloce di quella di allungamento delle macromolecole stesse. Mentre le molecole di monomero hanno solo un punto della catena alla quale saldarsi per aumentare il GP di un'unità (la macromolecola ha gruppi funzionali adatti solo in testa o in coda), le molecole liberate (ad esempio di acqua) hanno un numero di punti molto maggiore con cui reagire (cioè x o 2x circa); per ogni molecola che si attacca si ha inoltre un secco dimezzamento del GP. Operando in presenza dell'acqua o delle altre sostanze liberate, la policondensazione non va oltre la formazione di oligomeri; se invece si procede all'allontanamento continuo di tali sostanze man mano che si formano la reazione può proseguire fino alla formazione di alti polimeri. L'accrescimento delle macromolecole, a meno di rotture per idrolisi, proseguirebbe indefinitamente se non si esaurissero i monomeri: la p. è quindi completa quando questi sono ridotti ad una concentrazione insignificante. Le macromolecole però conservano le loro estremità reattive; in condizioni particolari, ad esempio per effetto delle temperature elevate di stampaggio o trafila delle resine, le estremità possono saldarsi fra loro provocando un forte aumento del GP e quindi della viscosità del polimero, che può diventare molto difficile da lavorare. Si può evitare questo inconveniente addizionando alla miscela di monomeri di partenza piccole quantità di composti monofunzionali: essi funzionano da terminatori delle catene in quanto l'addizione di uno di essi blocca il proseguire della reazione. Questi polimeri non possono poi aumentare di peso molecolare in quanto le estremità delle catene non sono più reattive. Il processo di policondensazione è facilitato dal fatto che le molecole che si liberano hanno in generale un peso molecolare molto basso, ad esempio:

H2O, HCl, CH3OH, NH3, CH3COOH

quindi possono essere facilmente allontanate in modo quasi completo mediante riscaldamento o ebollizione. Per tale motivo, le policondensazioni vengono quasi sempre condotte a caldo e spesso con temperature crescenti al procedere della reazione. Finora si è considerato il caso di composti bifunzionali. Si hanno però anche resine di grande importanza commerciale che sono prodotte a partire da prodotti trifunzionali o polifunzionali. Basta che un tipo di monomero abbia più di due gruppi funzionali reattivi perché la struttura delle macromolecole non sia più lineare: infatti anche immaginando che due gruppi vengano utilizzati per la formazione della catena principale, ne resta almeno uno in ogni monomero trifunzionale che forma dei legami con le altre catene. Si ottiene quindi una resina che viene detta reticolata, in quanto si può considerare formata da un'unica grande macromolecola. A seconda del grado di reticolazione questo prodotto può essere più o meno insolubile ed infusibile (a differenza delle resine lineari, termoplastiche e spesso anche solubili); una reticolazione controllata può essere ottenuta introducendo piccole quantità di monomero tri- o polifunzionale fra monomeri bifunzionali. Le resine reticolate di impiego comune (alchidiche, amminiche, fenoliche, ureiche, ecc.) sono insolubili ed infusibili; per questo devono essere reticolate direttamente durante l'operazione di stampaggio a caldo. Si prepara quindi un polimero nel quale la policondensazione è molto limitata (il cosiddetto prepolimero) e poi si produce la p. completa e la reticolazione direttamente nello stampo, eventualmente con l'aiuto di catalizzatori di policondensazione. In tal caso lo stampo deve essere costruito in modo da permettere il libero sfiato dei gas che si formano durante lo stampaggio. Gli esempi di resine reticolate sono molto numerosi e molto importanti. Ad esempio le resine urea-formaldeide (o resine amminiche o amminoplasti) vengono preparate a partire da urea e formaldeide:

POLIM08.png

Operando in ambiente basico si ha dapprima un'addizione di formaldeide sull'urea a formare dei prodotti ureici, principalmente la monometilolurea e la dimetilolurea:

POLIM09.png

Per riscaldamento questi prodotti formano, eliminando acqua, una struttura reticolata tridimensionale. La reazione viene dapprima condotta in modo da formare un polimero quasi lineare, cioè con un basso grado di reticolazione, che potremo rappresentare nel piano con una struttura di questo tipo:

POLIM10.png

che ha valore puramente esemplificativo. La presenza di gruppi funzionali diversi (―OH, ―NH2, ―NH―, ecc.) nelle molecole di questo tipo permette la formazione di altri legami. Ciò si compie per effetto del calore fornito durante lo stampaggio (ed eventualmente per effetto di catalizzatori aggiunti), sempre con eliminazione di acqua. La resina, che nello stato precedente era ancora fusibile e parzialmente solubile, diventa infusibile ed insolubile. La struttura che acquista è schematizzabile nel modo seguente:

POLIM11.png

cioè con un numero molto alto di legami fra le varie catene: infatti la massa di polimero può essere considerata un'unica grande molecola. Casi perfettamente analoghi si hanno per resine fenoliche (ottenute per condensazione di fenolo con formaldeide), resine melamminiche (ottenute per condensazione di melammina e formaldeide), ecc. ║ Poliaddizione: la formazione di legami fra i monomeri per dare le molecole polimeriche avviene, in questo caso, o per apertura di un anello o per apertura di un doppio legame. A seconda dei meccanismi di reazione e dei monomeri impiegati le catene del polimero possono essere lineari e ramificate; non si hanno però reticolazioni fra le diverse catene del polimero, salvo che queste vengano create appositamente. In linea di massima quindi la poliaddizione produce dei polimeri a struttura lineare, eventualmente ramificati, che sono termoplastici e spesso anche solubili in solventi organici. L'apertura di un anello o di un doppio legame crea sulla molecola di monomero due punti attivi, in grado di legarsi con corrispondenti punti attivi di un altro monomero e così via. Nel caso della poliaddizione lenta si ha apertura di un anello; la reazione è abbastanza lenta. Un esempio di questo genere è la p. dell'ossido di etilene:

POLIM12.png

a dare il poliossietilene. La reazione è iniziata da un alcool, indicato genericamente con R―OH, dove R― è un radicale alchilico, ed avviene con apertura dell'anello per rottura di un legame carbonio-ossigeno. Lo schema di inizio è quindi il seguente:

POLIM13.png

La propagazione avviene per addizione di altre molecole di ossido di etilene: si avrà quindi la formazione del dimero:

R― (―O―CH2―CH2―)2―OH

e poi del trimero:

R―(―O―CH2―CH2―)3―OH

poi del tetramero e così via. Questi prodotti sono anche isolabili separatamente. In modo perfettamente analogo al poliossietilene si prepara il poliossipropilene a partire dall'ossido di propilene:

POLIM14.png

Con particolari catalizzatori questa poliaddizione porta ad altri polimeri dotati di buone proprietà. Un caso particolare è la p. del caprolattame a dare nylon 6. Questa reazione si svolge apparentemente come una poliaddizione lenta (cioè non si ha eliminazione di acqua o altra sostanza a basso peso molecolare). In effetti il meccanismo è del tutto analogo a quello della policondensazione. Il caprolattame, che ha formula:

POLIM15.png

non è altro che il lattame dell'acido ε-amminocapronico già citato e si ottiene da esso per eliminazione di una molecola di acqua. La sua p. viene iniziata con acqua, che si addiziona sull'anello e, aprendolo, riforma l'acido amminocapronico. Questo, reagendo per policondensazione, genera dell'acqua utilizzata per trasformare altro caprolattame in acido amminocapronco. Le poliaddizioni veloci (o p. a catena) sono molto numerose. Loro caratteristica, che le differenzia dalle precedenti reazioni, è la velocità molto elevata, che non permette l'isolamento degli oligomeri, salvo casi rari. La p. avviene in generale per apertura di un doppio legame etilenico, cioè fra due atomi di carbonio. Non è però raro il caso in cui il doppio legame sia fra carbonio e ossigeno o fra carbonio e altre specie atomiche. Un esempio di apertura di legame carbonio-ossigeno è la p. della formaldeide a dare poliossimetilene. L'apertura del doppio legame crea due valenze libere, una sul carbonio e una sull'ossigeno secondo lo schema:

―CH2―O―

Il polimero avrà quindi una struttura di questo tipo:

...―CH2―O―CH2―O―CH2―O―CH2―O―...

È quindi un polietere, come il poliossietilene ed il poliossipropilene. L'apertura di un doppio legame etilenico, cioè fra due atomi di carbonio, è il meccanismo più comune. Il numero di sostanze polimerizzabile per questa via è enorme: la maggior parte di esse però possono considerarsi dei derivati dell'etilene (anch'essa polimerizzabile)

POLIM16.png

per sostituzione di uno o più dei suoi atomi idrogeno con altri gruppi funzionali. Citiamo solo alcuni dei più importanti monomeri che possono ascriversi a questo tipo (indicati come monomeri vinilici, in quanto nella loro molecola è presente il gruppo vinile H2C═CH―), riportandone le formule di struttura:

POLIM17.png

Genericamente tutti questi composti possono rappresentarsi con la formula

POLIM18.png

nella quale X, Y, W e Z sono atomi di idrogeno o radicali di vario genere. La maggior parte dei monomeri del tipo citato presenta però tre atomi di idrogeno, quindi può essere scritta nella forma

POLIM19.png

Per quanto finora detto, la p., avvenendo per apertura del doppio legame e quindi con formazione di un ideale composto con due valenze libere, cioè del tipo:

POLIM20.png

dovrebbe portare alla formazione di polimeri lineari, cioè del tipo:

POLIM21.png

In molti casi si ha però la formazione di catene laterali e, di conseguenza, le macromolecole sono ramificate. Questo può avvenire per due principali motivi. A) Il sostituente laterale ―X contiene dei doppi legami che si possono aprire nelle condizioni di p. In questo caso ognuno di essi può essere l'origine di una ramificazione della catena principale. In alcuni casi insieme ad un monomero nel quale ―X non ha insaturazioni viene posta od è presente come impurezza una piccola quantità di un altro monomero che ha un sostituente ―X con insaturazioni. B) Nelle condizioni di lavoro è possibile che alcuni atomi di idrogeno possano venir staccati dalla catena polimerica in accrescimento, creando dei punti attivi sui quali inizia la crescita di una ramificazione laterale. In generale però queste ramificazioni sono sempre di lunghezza molto limitata, al massimo di una decina di atomi di carbonio. Per comprendere come ciò possa avvenire si devono considerare i due diversi tipi di meccanismo di reazione. Il meccanismo di tipo radicalico si verifica quando le molecole polimeriche si accrescono come radicali, cioè come gruppi di atomi con un elettrone spaiato, e quindi come intermedio instabile. Il tipo ionico si verifica se le molecole di polimero si accrescono come ioni, cioè come gruppi di atomi uno dei quali porta una carica elettrica unitaria positiva o negativa. In questo caso il composto intermedio è abbastanza stabile (anche se di vita molto breve), poiché alla carica ionica della molecola polimerica si affaccia sempre uno ione semplice di carica opposta, detto controione. A sua volta la p. a catena di tipo ionico può essere ulteriormente suddivisa secondo i seguenti quattro tipi di meccanismo: a) anionico; b) cationico; c) anionico coordinato; d) cationico coordinato. Consideriamo separatamente questi casi. A) P. a catena radicalica. È uno dei meccanismi più comuni e sicuramente quello usato maggiormente per i polimeri di grande produzione. Esso provoca la formazione, nella massa di monomero, dei radicali in grado di addizionare le molecole di monomero stesso in rapida successione; dopo l'addizione di ogni molecola permane l'elettrone spaiato, cioè resta un nuovo radicale che è ancora in grado di accrescersi addizionando altro monomero. Il procedere della reazione può quindi distinguersi in tre stadi: a) inizio della catena; b) propagazione della catena; c) terminazione della catena. L'inizio della catena polimerica consiste nella creazione della catena stessa. Ciò può essere ottenuto ad esempio attivando i monomeri stessi (per riscaldamento, irradiazione, ecc.) fino a trasformarne una piccola parte in radicali per dissociazione omolitica. Se indichiamo genericamente con M una molecola di monomero e con M* una molecola di monomero attivata (che sarà evidentemente un radicale) questa reazione consiste nel far avvenire:

POLIM22.png

La stessa reazione di inizio può anche essere compiuta attivando una diversa sostanza: poiché l'attivazione del polimero richiede energie molto elevate (ad esempio 30 kcal/mole) si possono introdurre nel monomero piccole quantità di sostanze che si decompongono facilmente per generare dei radicali, anche per riscaldamento moderato. Se questa sostanza ha per esempio formula A―B la sua decomposizione genera due radicali (indicati con un punto in alto) che potrebbero essere A· e B·. Si avrebbe cioè che:

A―B → A· + B·

Come esempio consideriamo il perossido di benzoile

POLIM23.png

Per modesto riscaldamento esso si decompone in due radicali di acido benzoico che, essendo instabili, si decompongono a loro volta dando origine ad un radicale di benzene ed anidride carbonica secondo lo schema seguente:

POLIM24.png

Analoghe reazioni possono aversi con altre sostanze quali il difenilmetano, diversi azonitrili simmetrici e così via. La propagazione della catena avviene per successive addizioni di monomero; la macromolecola che si accresce ha sempre una estremità che è attivata o è un radicale. Ad esempio, se A· è un radicale essa avviene nel modo seguente:

A· + M → A―M·
A―M· + M → A―M―M·
A―M―M· + M → A―M―M―M·

e così via. Come si vede, si tratta di una reazione a catena che avviene per stadi successivi, ad ognuno dei quali viene addizionata un'unità monomerica. In tal modo le macromolecole che sono in via di formazione hanno la possibilità di accrescersi finché è presente del monomero. Si comprende in tal modo come il peso molecolare medio del polimero sia tanto minore quanto maggiore è il numero di iniziatori (si hanno infatti molti punti in accrescimento che tuttavia non hanno tempo di allungarsi molto). La propagazione da catena prosegue infatti finché una macromolecola in accrescimento incontra dei monomeri, oppure finché non reagisce in modo da disattivarsi, cioè da perdere la possibilità di addizionare ulteriormente monomeri (terminazione di catena). La terminazione può avvenire con diversi meccanismi, dei quali forniamo una breve descrizione. a) Disproporzionamento. L'incontro di due radicali porta ad una reazione nella quale uno di essi cede un atomo di idrogeno all'altro, saturandone la valenza libera. A sua volta si trasforma però in una olefina con un doppio legame sul carbonio che conteneva l'elettrone spaiato. Lo schema è di questo tipo:

R―CH2―CH2· + ·CH2―CH2―R'→ R―CH2―CH3 + H2C═CH―R'

avendo indicato con R― e R'― tutta la catena di una macromolecola eccetto gli atomi terminali. b) Accoppiamento fra due radicali. In questo caso l'incontro di due radicali comporta la loro unione con formazione di un'unica macromolecola; ad esempio si avrà:

R―CH2―CH2· + ·CH2―CH2―R' → R―CH2―CH2―CH2―CH2―R'

In entrambi i casi la fine dell'accrescimento delle macromolecole comporta la scomparsa dei radicali. c) Trasferimento di catena cinetica. Si tratta di reazioni nelle quali la fine dell'accrescimento di una macromolecola innesca l'inizio di un'altra, cioè un radicale ad alto peso molecolare diventa saturo ma si crea un altro radicale. Si distinguono diversi casi, precisamente: 1) trasferimento al monomero; 2) trasferimento al polimero; 3) trasferimento a molecole di altro genere. Nel primo caso, indicando con R―(M)n ―M· il radicale e con M il monomero si ha un meccanismo del tipo:

R―(M)n―M· + M → R―(M)n―M + M·

In pratica questa reazione avviene per trasferimento di un atomo (di idrogeno o anche di altro genere) da una molecola di monomero al radicale; a sua volta la molecola di monomero diventa un radicale e inizia ad accrescersi. Nel caso di trasferimento al polimero si verifica lo stesso processo: mentre un radicale si satura e diventa una molecola di polimero, una di queste viene trasformata in radicale e comincia ad accrescersi. L'elettrone spaiato in questo caso non viene generato alla fine della catena ma, in genere, su una posizione qualsiasi. Ad esempio si ha una reazione del tipo:

R―(M)n―M―M + R'― (M)m―M· → R―(M)n―M―M + R'― (M)m―M

Questo radicale si accresce nel solito modo per propagazione della catena:

POLIM25.png

Se l'elettrone spaiato non si è generato sull'ultimo atomo di carbonio della molecola polimerica si avrà, come nell'esempio visto, la trasformazione della catena (lineare o ramificata) in una catena sicuramente ramificata. In effetti, data la probabilità molto bassa che il trasferimento di catena avvenga proprio sull'ultimo carbonio, si può dire che in generale questo fenomeno comporta la formazione di ramificazioni sulle molecole polimeriche, cioè produce un polimero ramificato. Nel trasferimento di catena a molecole di altro genere si verifica un meccanismo del tutto simile: il radicale in accrescimento si satura mentre si genera un nuovo radicale. Sia Z la molecola cui si trasferisce la catena e sia Z· un suo radicale. Allora si ha:

R― (M)n―M· + Z → R― (M)n―M + Z·

Queste molecole possono essere presenti nelle condizioni di reazione come solvente, impurezze o come agenti di trasferimento appositamente aggiunti per controllare il peso molecolare del polimero attraverso una loro addizione. Ad esempio nelle p. di olefine tali agenti di trasferimento possono essere sostanze come il tetracloruro di carbonio, il cloroformio, l'idrogeno, ecc. Con idrogeno si ha un meccanismo di questo genere:

R―CH2―CH2· + H2 → R―CH2―CH3 + H·

nel quale si ha formazione di un radicale idrogeno H· che inizia una nuova catena. Si tratta di una reazione simile a quella che si verifica in caso di scissione omolitica dell'idrogeno:

H2 → 2H·

dopo di che un H· si addiziona sul radicale polimerico secondo una reazione di accoppiamento, mentre l'altro inizia una nuova catena. Con il tetracloruro di carbonio si avrebbe analogamente la scissione:

CCl4 → CCl3· + Cl·

in due radicali che si comportano come visto precedentemente. In alcuni casi l'agente di trasferimento genera due radicali, uno dei quali si addiziona mentre l'altro non è sufficientemente attivo per iniziare la nuova catena. In questo caso la fine della catena polimerica (cioè la trasformazione del radicale polimerico in macromolecola) coincide con la fine della catena cinetica, cioè con la fine dell'accrescimento, in quanto il nuovo radicale non si accresce più. Si conoscono diverse sostanze di questo tipo (soprattutto fenoli e derivati) che vengono anche dette inibitori o ritardatori della p. B) P. a catene ioniche. Si distinguono in cationiche e anioniche. In questi casi l'attivazione di un monomero per generare una catena consiste nel provocarne una scissione eterolitica oppure nell'addizionare sul monomero uno ione in modo da trasformarlo in carboanione o carbocatione; si parlerà quindi rispettivamente di p. anionica o cationica. La p. cationica avviene con formazione di un carbocatione, cioè di un gruppo atomico nel quale un atomo di carbonio (dove avviene l'accrescimento) possiede una carica positiva. L'inizio della reazione può avvenire per effetto di un acido di Lewis: AlCl3, BF3, H2SO4, ecc. Generalmente al catalizzatore vero e proprio si associa un promotore che ha lo scopo di renderlo più attivo. Ad esempio per il BF3 il promotore può essere l'acqua; avviene infatti la reazione:

BF3 + H2O → F3BOH+ H+

nella quale sono gli ioni a svolgere la funzione di catalizzatori. L'inizio della reazione avviene per reazione dello H+ con una molecola; consideriamo ad esempio il caso di propilene:

POLIM26.png

Come si vede, si è verificato l'attacco elettrofilo dell'H+ sul doppio legame, con formazione di un carbocatione. Questo a sua volta può facilmente dare un attacco sempre elettrofilo su un'altra molecola di propilene:

POLIM27.png

con formazione di un nuovo carbocatione e così via. In questo modo si produce l'allungamento del carbocatione fino a dare una molecola polimerica, che tuttavia mantiene la natura di carbocatione. Va rilevato che in questo caso l'estremità in accrescimento non è libera ma, essendo a carica positiva, è sempre affacciata ad uno ione a carica negativa. Indicando con una linea ondulata tutto il carbocatione eccetto l'atomo di carbonio carico, avremo quindi sempre lo schema seguente:

~ C+ -BF3OH

La reazione di propagazione avviene, come si è visto, con addizione di nuovi monomeri sul carbonio carico. La terminazione della catena avviene invece con perdita di un protone da parte del carbocatione, che si trasforma in un'olefina secondo lo schema seguente:

POLIM28.png

Il protone così generato è in grado di iniziare un nuovo accrescimento; la terminazione della catena polimerica non coincide perciò con la terminazione della catena cinetica. Le p. cationiche sono impiegate in molti processi industriali; si tratta quasi sempre di reazioni molto favorite, che vengono condotte in solventi a bassa temperatura. La p. anionica è analoga a quella cationica; tuttavia essa prevede la formazione di un carboanione invece che di un carbocatione. Anche in questo caso la reazione viene iniziata da un complesso catalitico che, dissociandosi, crea il carboanione. Ad esempio il litiobutile tende a dare una reazione di questo tipo:

LiC4H9 → Li+ + C4H9

In presenza di un monomero reattivo, ad esempio il nitrile acrilico H2C═CH―CN si ha accrescimento nel seguente modo:

POLIM29.png

che prosegue poi addizionando altri monomeri fino ad avere un macroione, cioè una lunga catena carica su un carbonio. La terminazione può avvenire per trasferimento di uno ione idruro H al controione:

POLIM30.png

e formazione quindi di un'insaturazione. Nello schema ora esemplificato si è fatta l'ipotesi che il legame fra il carboanione e il suo controione fosse completamente ionizzato, cioè che ci si trovasse nella situazione seguente :

~ C- +Li

In realtà ciò non è necessario. Basta infatti che il legame sia fortemente polarizzato, cioè che si abbia lo schema seguente:

- δ + δ
~ C Li

perché la p. possa avvenire. Evidentemente le molecole di monomero si inseriscono sul carbonio che porta la carica parziale negativa, cioè sul legame polarizzato. Si ha quindi un meccanismo di questo tipo (per l'addizione di una molecola di etilene):

Li―C4H9 + H2C═CH2 → Li―CH2―CH2―C4H9

seguito da:

Li―(CH2)2―C4H9 + H2C═CH2 → Li―CH2―CH2―(CH2)2―C4H9

e così via. La propagazione e la terminazione di catena sono analoghe a quelle già viste, ma il fatto che le molecole di monomero non si inseriscano più al termine di una molecola (o ione) ma su un legame polarizzato comporta una notevole diversità nel processo. Infatti in questo modo è possibile, utilizzando dei catalizzatori opportuni, controllare l'inserimento dei monomeri, orientandoli nel modo più opportuno. C) P. stereospecifica. Si tratta di una particolare p. a catena di tipo ionico e si distingue in anionica coordinata e cationica coordinata (dove coordinato è sinonimo di stereospecifico). Questa p. utilizza un meccanismo simile a quello utilizzato nella p. anionica in presenza di legami non del tutto dissociati. Il catalizzatore ha una struttura complessa, con una forma tale per cui l'inserimento del monomero può avvenire solo in un certo modo, con un orientamento opportuno. Il risultato del processo è quindi un polimero ad elevato grado di regolarità e quindi altamente cristallino. Uno dei catalizzatori più usati è un complesso di cloruro di titanio e alluminio trialchile, che produce una p. anionica coordinata di olefine. Consideriamo la p. del propilene CH3―CH═CH2: essa viene effettuata in genere con un complesso di tricloruro di titanio TiCl3 e un dialchil-alogenuro di alluminio, comunemente dietil-cloroalluminio Al(C2H5)2Cl, che indicheremo genericamente con AlR2Cl. Secondo un'ipotesi abbastanza accreditata il complesso che queste due sostanze formano è del tipo:

POLIM31.png

con i legami alluminio-carbonio fortemente polarizzati con carica positiva sull'alluminio e negativa sul carbonio (per questo la p. si dice anionica). La struttura del catalizzatore non riveste particolare importanza; esso può essere schematizzato nel seguente modo:

[Cat]+-R

In presenza di propilene questo complesso lo addiziona nel seguente modo:

POLIM32.png

dopo di che inizia l'allungamento della catena, con inserimento di altri monomeri, sempre fra complesso catalitico e atomo di carbonio ad esso attaccato:

POLIM33.png

La reazione prosegue in questo modo. È molto importante che tutti i monomeri si inseriscano nello stesso ordine, cioè: a) testa-coda. Il carbonio che porta il metile ―CH3 di un monomero si attacca al carbonio (già addizionato) che non lo porta, cioè al ―CH2―. Questo è dovuto al fatto che nel propilene il carbonio del CH2═ è più ricco di elettroni degli altri; esso si attacca quindi al complesso catalitico, a carica parzialmente positiva; b) col metile sempre da un lato. Nello schema piano di rappresentazione della reazione il metile resta sempre in basso, in realtà la molecola ha un andamento ad elica e il CH3― è sempre verso l'esterno. Questo orientamento è dovuto alla forma del complesso catalitico, che è tale da permettere alla molecola di propilene di avvicinarsi (per essere addizionata) solo se è orientata in un senso opportuno. Per queste ragioni il polipropilene che si ottiene dalla p. del propilene con questo catalizzatore presenta (nello schema piano) i metili tutti da un lato e viene detto polipropilene isotattico. Esso si può rappresentare così:

POLIM34.png

Con catalizzatori simili è possibile ottenere anche un polipropilene sindiotattico, che nello schema piano presenta i metili alternativamente da un lato e dall'altro:

POLIM35.png

Anche questo è stericamente regolare e permette alle molecole di formare un materiale altamente cristallino. Con i catalizzatori comuni (non stereo-specifici) il propilene è polimerizzabile molto facilmente; la struttura delle macromolecole è disordinata, poiché i monomeri possono inserirsi sia in posizione testa-coda sia testa-testa; inoltre i metili si trovano da una parte e dall'altra della catena in modo non regolare. Questo polimero, detto polipropilene atattico (cioè senza ordine) avrà quindi una struttura del tipo:

POLIM36.png

Nella p. anionica coordinata la terminazione di catena può avvenire con diversi meccanismi. I più comuni sono: a) terminazione spontanea: il complesso catalitico si stacca dalla catena in accrescimento portando via un atomo di idrogeno; a sua volta nella catena si crea un'insaturazione:

POLIM37.png

b) Trasferimento al monomero: per reazione del complesso catalizzatore-macromolecola con una molecola di monomero si forma la stessa macromolecola (con insaturazione) ora vista, mentre il catalizzatore si trasforma in un complesso del tipo:

POLIM38.png

che può iniziare di nuovo ad addizionare monomeri e ad accrescersi. c) Scambio con il catalizzatore: una parte del catalizzatore, compreso l'atomo di alluminio, si stacca dal resto del complesso insieme con la macromolecola che esso porta. Per trattamento con acqua esso viene poi staccato dalla macromolecola che resta satura, mentre al suo posto compare un gruppo ―OH. d) Intervento di regolatori di peso molecolare: tali sostanze sono aggiunte per limitare l'accrescimento delle macromolecole. Uno dei regolatori più comuni è l'idrogeno H2, che viene addizionato al posto di un monomero; si spezza in tal modo il legame sul quale avviene la crescita, in quanto lo satura dall'una e dall'altra parte con un atomo ―H. ║ Processi: la p. può essere effettuata in molti modi, con reagenti in soluzione, in sospensione, allo stato gassoso, liquido, ecc. Sarebbe qui troppo lungo elencare tutti i possibili metodi, comprendendo anche i casi in cui essa si compie per stadi, una parte all'atto della fabbricazione del polimero e poi durante l'utilizzazione. Ci limitiamo quindi a citare un solo processo, la p. radicalica, che è il più diffusamente impiegato. La poliaddizione a catena radicalica è molto semplice e può essere condotta addirittura allo stato gassoso; normalmente però si opera in fase liquida in quanto è necessario controllare accuratamente la reazione affinché il polimero finale abbia le caratteristiche volute. Uno dei maggiori problemi che si presentano è l'asportazione di calore; tutte le p. sono infatti reazioni esotermiche. Altri problemi si hanno nella separazione e purificazione del polimero. Le tecniche di più comune impiego per queste reazioni sono: 1) p. in blocco; 2) p. in soluzione; 3) p. in sospensione; 4) p. in emulsione. Operando la p. in blocco si usano monomeri gassosi o allo stato liquido o facilmente liquefacibili; una massa di monomeri, alla quale viene addizionato il catalizzatore, è lasciata reagire eventualmente a temperatura diversa da quella ambiente. Esempi di p. in blocco sono la produzione di polietilene con il processo ad alta pressione (ICI) che utilizza monomero gassoso e la produzione di lastre di polimetilmetacrilato (il comune Plexiglas), che utilizza monomeri liquidi. In tutti i casi si incontrano diversi problemi connessi con l'asportazione del calore di reazione; nella massa reagente si generano differenze di temperatura troppo forti a causa delle quali le condizioni operative e quindi le caratteristiche del polimero sono diverse da punto a punto. In particolare questo sistema produce un polimero con un'ampia variazione di peso molecolare. Se la p. è condotta su una colata di monomero già nella sua forma di prodotto finito si ha anche la formazione di tensioni interne che possono provocare la rottura del manufatto anche senza applicazione di carico. Questo metodo viene quindi applicato solo in casi di lastre o altre pareti sottili, oppure per polimeri che vengono poi sottoposti a fusione e stampaggio. La p. in soluzione non presenta tali svantaggi: il calore può essere facilmente asportato e la temperatura controllata anche strettamente. La velocità di reazione è minore rispetto alla p. in blocco perché la concentrazione di monomero non è più unitaria. Il problema maggiore in questo caso è il recupero del solvente, sempre assai costoso. Questo metodo si usa quindi quando non si può operare in sospensione o emulsione (ad esempio con catalizzatori stereospecifici, che sarebbero distrutti dall'acqua), oppure per la preparazione di polimeri che vengono impiegati allo stato di soluzione per fabbricare vernici, mastici, ecc. La p. in sospensione viene effettuata eseguendo una sospensione in acqua del monomero (e del polimero che si va formando) mediante una vigorosa agitazione meccanica. Questo metodo permette un ottimo controllo della reazione, un'elevata velocità di reazione (il monomero è disperso in forma di goccioline; all'interno di queste la reazione avviene in un mezzo omogeneo ed il monomero ha la stessa concentrazione che avrebbe nella p. in blocco) e produce polimeri di peso molecolare elevato, di ottima purezza e di elevata durezza. La separazione del polimero può essere fatta per centrifugazione, con liquido (acqua) a perdere. Il metodo della p. in sospensione è largamente usato per produrre polimeri di alta qualità. La p. in emulsione è simile alla precedente: essa si differenzia tuttavia per l'addizione di opportune sostanze emulsionanti (saponi o tensioattivi). Per la velocità di p. valgono le stesse considerazioni fatte in precedenza. Il procedimento si dimostra più semplice, poiché l'agitazione richiesta è molto minore e meno critica; il polimero, però, si forma in sferette molto più piccole e quindi di più difficile separazione; inoltre gli agenti addizionati per creare l'emulsione vengono trattenuti dal polimero e ne possono alterare anche grossolanamente le caratteristiche meccaniche ed elettriche. Un polimero ottenuto con questo metodo ha quindi proprietà inferiori allo stesso polimero ottenuto in sospensione. La scelta del metodo, fra emulsione e sospensione, dipende quindi dal tipo di applicazioni del polimero che si vuole produrre. ║ Copolimerizzazione: p. di due o più specie monomeriche polimerizzabili anche separatamente. Questa operazione, comune fra le olefine, prevede due casi distinti: 1) la copolimerizzazione viene effettuata per creare un determinato numero di gruppi funzionali utilizzabili per reazioni successive; 2) la copolimerizazzione viene effettuata per creare un polimero che abbia caratteristiche completamente diverse da quelle ottenute polimerizzando separatamente i diversi monomeri. Il primo caso è diffuso soprattutto nella preparazione di elastomeri sintetici, mentre il secondo caso è molto comune. ║ Reticolazioni: una forte variazione delle caratteristiche dei polimeri può verificarsi per effetto di reazioni successive di reticolazione, che stabiliscono ponti, cioè legami chimici, fra una catena e l'altra. Questo fenomeno viene provocato soprattutto su polimeri aventi catene lineari (in genere su materie termoplastiche) e comporta un miglioramento delle caratteristiche meccaniche e di resistenza ai solventi. Spesso con questo metodo si può trasformare un polimero termoplastico in infusibile. I meccanismi sono diversi, ma in tutti i casi si sfruttano dei punti reattivi sulle catene lineari e si introducono nel polimero delle sostanze con due punti reattivi che, saldandosi ognuno con una catena, stabiliscono il legame fra due catene. ║ Modificazioni chimiche di polimeri: in molti casi si possono preparare dei polimeri di un certo tipo polimerizzando non il monomero adatto, ma un altro monomero, e modificando poi il polimero finito, sostituendo alcuni suoi gruppi funzionali con altri. Ad esempio l'alcool polivinilico:

POLIM39.png

non può essere preparato per p. dell'alcool vinilico perché questo, appena preparato, isomerizza a formaldeide. L'alcool polivinilico si produce quindi per idrolisi dell'acetato di polivinile:

POLIM40.png

il quale a sua volta si produce facilmente per p. in blocco, in soluzione o in sospensione dell'acetato di vinile, stabile.