Sistema politico in cui operano più partiti, caratteristico dei regimi
democratico-parlamentari. Nel sistema pluripartitico, non possedendo in genere
nessun partito una solida maggioranza assoluta, si suole ricorrere a Governi di
coalizione in cui più partiti esercitano, in proporzioni diverse, le
funzioni di governo, mentre altri svolgono quella di opposizione. Molte varianti
sono distinguibili nel
p.: sistemi decisamente pluralisti come quello
dell'Italia e della Francia pregollista, e sistemi che si avvicinano al tipo
bipartitico come nel caso della Germania e dell'Austria, dove il Partito
democratico-cristiano e quello socialista occupano una posizione predominante.
Secondo uno studio di M. Duverger il
p. maschererebbe
l'"assenza" di veri partiti, caratteristica di quei Paesi in cui
l'opinione pubblica è divisa in gruppi numerosi, ma instabili, effimeri,
fluidi. Pur con varianti, il
p. caratterizza oggi soprattutto i sistemi
dell'Europa occidentale, anche se la tendenza sembra essere quella di
raggrupparli in aree politiche più ampie. A seconda del numero dei
partiti in campo, si possono distinguere diverse varietà di
p.:
tripartitismo, quadripartitismo, polipartitismo. Duverger, dopo aver rilevato
che il bipartitismo tende spesso a trasformarsi in tripartitismo, com'è
avvenuto in vari Paesi (Gran Bretagna, Belgio, Svezia, Australia, Nuova Zelanda,
ecc.), in seguito allo sviluppo dei partiti socialisti verso la fine
dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, nota la tendenza generale di ogni
partito riformista o rivoluzionario a diventare conservatore, non appena siano
state attuate le riforme o la rivoluzione originariamente contenute nel suo
programma. Lo spostamento da sinistra verso destra del partito lascierebbe un
vuoto colmato successivamente dall'apparizione di un nuovo partito di sinistra,
destinato a seguire la stessa evoluzione. Nell'analisi di G. Sartori
(
Bipartitismo imperfetto o
pluripartitismo polarizzato, 1967), la
distinzione tradizionale tra sistemi bipartitici e sistemi multipartitici
è inesatta, e deve essere sostituita da una distinzione tra
sistemi
bipolari e
sistemi multipolari, in quanto il numero dei poli non
corrisponde necessariamente al numero dei partiti. Pertanto si può avere
un sistema bipolare anche nel caso in cui siano presenti tre/quattro o
più partiti, purché il sistema non faccia perno su un polo
centrale. Al contrario, in un sistema multipolare, cioè basato su
più di due poli, si ha un centro che rappresenta il perno del sistema
stesso. Pertanto, tre sono i tipi di sistema di partito presenti nell'Europa
occidentale: bipartitismo semplice,
p. moderato,
p. estremo. Il
bipartitismo presuppone una cultura politica omogenea, tale da consentire
che le maggioranze elettorali oscillino ritmicamente in misura sufficiente a
produrre una maggioranza e una minoranza che s'alternano al Governo. Il
p.
moderato è, per una larga maggioranza di Paesi, la soluzione
più congeniale e soddisfacente. Esso è infatti di più
facile attuazione del bipartitismo e, poiché resta un sistema bipolare,
conserva sostanzialmente i benefici di una meccanica bipartitica, per quanto
sia, ovviamente, esposto alle tentazioni che portano al pluralismo estremo.
Quest'ultimo rappresenta la soluzione meno vitale e meno funzionante, in quanto
risulta di fatto largamente paralizzato dall'instabilità e soprattutto
dall'eterogeneità delle coalizioni di Governo. L'Italia, dal 1948 in poi,
offre un esempio fra i più interessanti di
p. estremo,
caratterizzato da un arco politico molto ampio e da notevole distanza fra i poli
estremi, con la collocazione al centro dello schieramento della DC, perno del
sistema. Prima e fondamentale caratteristica dei sistemi multipolari è
infatti l'esistenza di un partito, o di un gruppo di partiti, che occupano una
posizione di centro. La seconda caratteristica, direttamente collegata alla
prima, riguarda i meccanismi di rotazione al potere che escludono un sistema di
tipo alternativo (maggioranza/opposizione). Nel
p. estremo e polarizzato
la rotazione di Governo è limitata ad alcuni partiti minori ("mezze
ali del sistema"), non sussistendo per il maggior partito di centro il
problema di essere escluso dal Governo, in quanto perno insostituibile di
qualsiasi coalizione. Inoltre, data la grande distanza ideologica tra i vari
poli, minime sono le probabilità di costituire coalizioni abbastanza
omogenee; è infatti chiaro che qualunque sia la longevità di una
coalizione, quanto più essa è eterogenea, tanto meno è in
grado di perseguire con efficacia un disegno politico di insieme. Il sistema
elettorale rappresenta un elemento decisivo ai fini della formazione bipartitica
o pluripartitica. Infatti il sistema maggioritario a un solo turno caratterizza
il bipartitismo; al contrario, lo scrutinio maggioritario con ballottaggio o la
rappresentanza proporzionale tendono al
p., essendo scarse le spinte alla
fusione di quei partiti che presentano tra loro notevoli somiglianze,
poiché la divisione non reca loro alcun danno. Per contro, sussistono ben
pochi impedimenti alle scissioni da parte di correnti interne ai partiti, in
quanto la rappresentanza totale delle due frazioni divise non risulterà,
meccanicamente, ridotta per effetto del suffragio.