Termine indicante ogni concezione che consideri la realtà come costituita
da una pluralità di principi. • Pol. - Ogni concezione e pratica
che favorisce in un sistema politico la libertà di espressione, di
divulgazione e di organizzazione di una pluralità di opinioni, anche se
diverse da quelle professate dall'autorità o dalla maggioranza della
popolazione. In opposizione alla concezione totalitaria dello Stato, e ispirato
a principi illuministici, il
p. è ricollegabile all'affermazione
della libertà di pensiero, di espressione, di religione, ecc. In una
diversa accezione esso consiste nella pluralità di diversi ordinamenti
giuridici all'interno dello Stato, cui consegue lo sviluppo delle autonomie,
anche territoriali, e il riconoscimento dei diritti di enti, associazioni,
comunità, ecc. che hanno la funzione di limitare, controllare,
contrastare il centro di potere dominante. Storicamente riconducibile alla
teoria degli "ordini intermedi" espressa da Montesquieu nell'
Esprit
des lois, secondo cui nobiltà, clero e antichi ordini privilegiati
avrebbero dovuto rappresentare una "contro-forza" rispetto al potere
centrale, ma sviluppatosi principalmente nell'ultimo cinquantennio in Gran
Bretagna e Francia (H.J. Laski, E. Barker, J.P. Boncour), l'indirizzo
pluralistico si affermò sulla concezione del monismo politico, in
concomitanza con lo sviluppo industriale che determinò l'affermarsi di
una diffusa pluralità di centri di decisione, non solo economici. Nella
Costituzione italiana trovano esplicito riconoscimento una molteplicità
di ordinamenti: Stati, Chiesa cattolica (art. 7), varie confessioni religiose
(art. 8), partiti politici (art. 49), sindacati (art. 39), ecc. Nel dibattito
politico contemporaneo il
p. appare strettamente collegato alla questione
del decentramento e delle autonomie territoriali, in vista di un effettivo
equilibrio fra i diversi ordinamenti e centri decisionali. • Filos. - Ogni
dottrina filosofica che considera la realtà originariamente costituita da
una pluralità di elementi o enti, in opposizione a concezioni monistiche
o dualistiche. Coniato da Ch. Wolff, in antitesi ad
egoismo, inteso come
solipsismo, il termine può essere riferito anche alle dottrine
presocratiche. In particolare Empedocle indicò le radici fondamentali di
tutti gli esseri esistenti nei quattro elementi: fuoco, terra, aria, acqua.
Democrito e gli atomisti considerarono la realtà come costituita da una
molteplicità di elementi (atomi) identici per natura, ma diversi tra di
loro per le loro figure o forme. In età moderna, al
p. si
ricondusse il sistema del filosofo tedesco J.F. Herbart che, partendo dalla
contraddizione fra l'unitarietà della "cosa" presentataci
dall'esperienza e la molteplicità delle sue proprietà, dunque
dalla necessità di giungere all'essere in sé che rende pensabili i
concetti, ricorse alla concezione di entità "reali" che
partecipano a relazioni "accidentali", dipendenti dal pensiero. La
più vigorosa affermazione di una visione pluralistica fu fatta dal
filosofo e psicologo americano W. James, che elaborò una metafisica
pluralistica dell'universo, secondo cui l'universo ha come suoi tratti
fondamentali il
p. e l'indeterminismo. Per il neorealismo americano
p. è il rifiuto di una concezione unitaria della realtà,
che si presenta attraverso una sempre crescente molteplicità e
pluralità dei suoi fenomeni.