Che si riferisce a più persone o cose; che esprime il concetto della
molteplicità, in contrapposizione al singolare. • Ling. - Aspetto
della categoria grammaticale del numero che indica che le persone o le cose sono
più di una. La distinzione singolare-
p., attestata in tutte le
lingue nei pronomi, nelle lingue indoeuropee è indicata, per i
sostantivi, gli aggettivi, gli articoli e i verbi, dalla presenza di suffissi
diversi. In altre lingue il
p. può essere indicato in vari modi:
mediante l'apposizione di sostantivi indicanti moltitudine, con la ripetizione
di una parte o di tutta la parola, ecc. ║
P. di maestà (dal
latino
pluralis maiestatis): impiego del
p., al posto del
singolare, in discorsi o atti ufficiali di un monarca, un pontefice, o una
grande personalità. ║
P. di modestia: uso del
p. al
posto del singolare da parte degli scrittori per associare amichevolmente al
discorso i lettori, per farli quasi compartecipi del contesto narrativo, oppure
per evitare un'immodesta ripetizione del pronome di prima persona singolare.
║
Pluralia tantum: espressione latina indicante quei sostantivi che
hanno soltanto forma
p., come alcuni nomi di città
(
Athenae,
Thebae, ecc.); in italiano si usano solo al
p.
vocaboli come
nozze,
esequie,
dintorni,
viveri,
viscere,
ferie, ecc. ║ Alla formazione del
p. nella
lingua italiana preesistono diverse regole: la norma generale prescrive che i
nomi e gli aggettivi maschili in
-o e quelli femminili in
-a
abbiano il
p. rispettivamente in
-i ed
-e; e così i
nomi maschili e femminili terminanti in
-e hanno il
p. in
-i. Invariabili al
p. sono i monosillabi, le parole terminanti con
accento tonico (virtù, caffè), i maschili e i femminili in
-i. Anomali sono i
p. di
bue (
buoi),
dio
(
dei),
uomo (
uomini),
tempio (
templi). In
altri casi non esiste una regola assoluta.