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Plotino.

Filosofo greco. A 28 anni si trasferì ad Alessandria per frequentare la scuola di Ammonio Sacca, il pensatore che la tradizione indica come l'iniziatore del Neoplatonismo (V.). Dopo aver seguito le lezioni di Ammonio per 11 anni, con lo scopo di conoscere meglio la tradizione sapienziale orientale, decise di seguire l'imperatore Gordiano III nella sua spedizione contro i Persiani. Nel 244, a seguito della sconfitta e della morte di Gordiano, P. si rifugiò ad Antiochia per poi trasferirsi a Roma dove fondò una scuola (245). Il suo insegnamento riscosse grandissimo favore non solo presso i suoi diretti discepoli, ma anche fra il popolo e l'ambiente di corte, dove si guadagnò l'amicizia dell'imperatore Gallieno. Con l'appoggio di quest'ultimo, P. concepì l'idea di fondare in Campania una città, Platonopoli, dove si sarebbero realizzati gli ideali platonici teorizzati nelle Leggi, ma a causa di intrighi di corte il progetto non fu mai realizzato. Per gran parte della sua esistenza P. non scrisse nulla, essendosi impegnato insieme ad altri condiscepoli a non divulgare la dottrina del maestro Ammonio Sacca. Ma dopo che tale promessa fu rotta da un amico, egli iniziò a stendere diversi trattati che furono sistemati e pubblicati da un suo discepolo, Porfirio, con il titolo di Enneadi. Si tratta di sei raccolte di nove scritti ciascuna, cui Porfirio premise una Vita di Plotino. L'ordinamento dato agli scritti rispecchia criteri contenutistici e non cronologici: la prima enneade raggruppa gli scritti di etica; la seconda quelli di fisica e cosmologia; la terza quelli di cosmologia, con particolare riferimento al problema del tempo, dell'eternità, della contemplazione dell'Uno; la quarta gli scritti sull'anima; la quinta quelli sull'intelletto e le idee; la sesta tratta dell'ente, dell'essere e del Bene. ║ Il pensiero: benché P. abbia presentato i suoi scritti come semplici commenti a Platone, in realtà essi costituiscono una sintesi originale di tutto il pensiero filosofico antico che, influenzata dalla spiritualità orientale, cerca di fondere le esigenze razionalistiche con le istanze dell'esperienza mistica. Si tratta di una vera e propria rifondazione della metafisica classica da leggersi sullo sfondo dello scontro fra cultura pagana e Cristianesimo: il pensiero plotiniano costituisce l'estremo e più compiuto tentativo della filosofia greca di rispondere alle questioni riguardanti il destino ultimo dell'uomo e il suo rapporto con il divino. Pur risultando sconfitto sul piano storico dal trionfo del Cristianesimo, il sistema plotiniano si prese una sorta rivincita interna: gli autori protocristiani, infatti, vi attinsero ampiamente nella sistemazione teorica del Cristianesimo stesso. Il caposaldo della dottrina plotiniana sta nella ripresa dell'idea platonica di una graduale discesa dal divino al mondano, fermo restando l'assoluta immutabilità e trascendenza del divino: la forma, assolutamente trascendente, viene identificata con Dio, pensato eleaticamente come Uno. Supremo principio immateriale e infinito, l'Uno, chiamato talvolta anche Bene, è posto al di sopra dell'essere, del pensiero e della vita, non in quanto non sia essere, pensiero o vita, ma perché essere, pensiero, vita alla somma potenza. In quanto tale, dell'Uno non si può affermare nulla in modo positivo: esso è ineffabile e può essere solo pensato con definizioni negative. Nasce così la teologia negativa, per cui del divino si parlerà non dicendo cosa esso è, ma cosa non è. Il legame fra Uno e molteplice, ovvero fra Dio e Natura, non è diretto ma è mediato da ipostasi (sostanze) intermedie. Infatti il Dio di P. non crea, come nella tradizione ebraico-cristiana, né plasma una materia informe sulla base del cosmo intelligibile, come illustrato dal mito del Timeo, ma dalla sua assoluta unità procede ogni realtà molteplice dell'universo, materia compresa, senza che ciò intacchi minimamente la sua sostanza o la sua trascendenza. Le ipostasi dell'Uno sono due: il Nous (intelletto), concepito come suprema intelligenza aristotelica che contiene in sé il mondo platonico delle Idee; e l'Anima, sorta di Demiurgo del corporeo. Il processo attraverso cui dall'Uno derivano le altre ipostasi è stato illustrato da P. con diverse immagini, fra cui la più celebre è quella che identifica il divino con una fonte luminosa, da cui la luce si diffonde incessantemente senza che ciò intacchi la sua sostanza. La dinamica che lega le tre ipostasi è stata a lungo interpretata dalla storiografia come emanazionismo, ovvero come un flusso di sostanza che, procedendo dalla prima, produce la seconda e poi dalla seconda la terza. Altri interpreti hanno parlato di panteismo dinamico: dalle tre ipostasi non vi sarebbe un flusso di sostanza, quanto di potenza. La critica contemporanea ha invece messo in luce l'estrema complessità della processione delle ipostasi e l'importanza del concetto di contemplazione generatrice: l'Uno è attività autoproduttrice, che pone se stesso con un atto di assoluta libertà; dall'Uno procede una potenza informe, una sorta di materia intelligibile che, per sussistere, si rivolge indietro a contemplare l'Uno; così "riempita" da questa contemplazione si rivolge su se stessa a contemplarsi. Nel primo momento nasce il contenuto del pensiero, nel secondo il pensiero vero e proprio. Analogo è il meccanismo di processione dell'Anima, solo che da essa si irraggia una potenza illanguidita (la luce si fa fioca allontanandosi dalla sua sorgente), che non ha più la forza di rivolgersi indietro alla contemplazione. Questo spegnersi della luce è la materia, la cui vita è garantita dall'attività residua dell'Anima. Il cosmo, la Natura si configura così come mescolanza di materia, intesa come privazione di essere, e di attività dell'Anima, immateriale e immortale. L'uomo occupa un posto particolare nell'universo: la sua essenza è l'anima, frammento dell'anima universale, di cui segue il destino. Infatti come l'Anima universale mantiene un aggancio con il divino tramite il Nous da cui discende, così anche l'anima dell'uomo mantiene un legame con l'Assoluto. Il fine dell'uomo consiste proprio nel ricongiungimento con l'Assoluto; tale ritorno all'Uno non riguarda solo il destino ultramondano dell'anima, ma è possibile anche durante la vita terrena. Per raggiungere tale fine è necessario spogliarsi dalle alterità che separano dal divino: innanzitutto da quelle corporee, quindi da quelle che riguardano l'anima (le passioni), fino ad arrivare all'estasi: si tratta di un uscire da sé in cui l'anima si libera dai limiti spazio-temporali dell'individualità e si raccoglie tutta nel suo centro per ricongiungersi misticamente all'Uno in una gioia senza nome. Nel percorso di ascesa dell'anima, un ruolo particolare viene assegnato all'arte, concepita come rivelazione della pura bellezza intelligibile: l'artista infatti non crea ma, ponendosi in un rapporto di contemplazione e intuizione del Nous, esprime la bellezza ideale, che risulta in tal modo fruibile da chiunque contempli l'opera d'arte stessa (Licopoli, Egitto 205 - Campania 269-270).