(dal latino
plebiscitum, der. di
plebs: plebe e
scitum:
ordine, participio passato di
sciscere: deliberare). Presso gli antichi
Romani, decreto fatto dall'assemblea della plebe. ║ Attualmente, istituto
di democrazia diretta mediante il quale il popolo è chiamato ad approvare
o disapprovare un fatto o un avvenimento che riguarda la struttura dello Stato o
del Governo. ║ Fig. - Approvazione, consenso unanime. • Dir. rom. -
Presso i Romani, inizialmente, si indicò con il termine
plebiscitum
ogni norma, proposta dai tribuni o dagli edili e votata dalla plebe, avente
validità di legge per la sola plebe. Successivamente, con la
lex
Hortensia del 286 a.C., i
p. finirono per vincolare l'intero popolo
romano; da quel momento in poi, dunque, si ebbe l'equiparazione dei
plebiscita alle
leges. Nel I sec. d.C. i
p. furono aboliti
e le norme vennero proposte ed emanate da nuove fonti autoritative, quali i
senatu consulta e le
constitutiones principum. • Dir. -
Manifestazione di volontà del popolo, espressa mediante consultazione
elettorale, riguardo a questioni relative alla struttura dello Stato o del suo
Governo. Le caratteristiche distintive del
p. sono: la sua
eccezionalità, in contrasto con la normalità del referendum; il
fatto che il popolo, a differenza che con il referendum, non può proporlo
o influire sul suo contenuto, ma si limita a pronunciarsi con un sì o con
un no sul quesito che gli viene proposta dall'esterno.