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Platonismo.

Filos. - La dottrina, il pensiero di Platone. ║ In senso stretto, il termine indica gli sviluppi della scuola fondata da Platone (V. ACCADEMIA PLATONICA). ║ In senso più largo, insieme di posizioni teoriche ispirate alla dottrina platonica che, variamente modulate e spesso inserite nel quadro di dottrine filosofiche lontanissime dal pensiero storico di Platone, percorrono tutta la storia della filosofia. In questo senso gli elementi tipici del P. possono essere così sintetizzati: 1) sul piano metafisico, la netta distinzione di due piani dell'essere: il mondo intelligibile (immutabile, eterno, trascendente) e quello sensibile (transeunte, in continuo divenire), e la conseguente affermazione della superiorità ontologica del primo sul secondo. 2) Sul piano gnoseologico, la svalutazione dell'esperienza a favore dell'intuizione intellettuale. Legata a ciò è la concezione della conoscenza come reminiscenza e quindi ogni forma di innatismo. Da tali posizioni conseguono la svalutazione delle scienze fisico-sperimentali a favore della matematica, vista come disciplina propedeutica alla conoscenza delle pure entità metafisiche. 3) Nella concezione dell'uomo il P. si configura come spiritualismo: l'uomo si identifica con l'anima. Essa è concepita come sostanza spirituale, distinta e contrapposta al corpo, immortale e caratterizzata dall'attività conoscitiva. 4) Dal punto di vista etico, sulla base dell'oggettività ideale del Bene, che si configura come sommo intelligibile, consegue una stretta connessione fra conoscenza e morale. • Encicl. - Nel mondo antico le vicende del P. sono in parte legate agli sviluppi teorici dell'Accademia. Dopo una prima fase, coincidente con la direzione di Speusippo e Senocrate, in cui prevalse un'interpretazione pitagorica della dottrina delle Idee, si affermò, con Arcesilao e Carneade, un orientamento decisamente scettico che, perduto il nucleo della dottrina delle Idee, condivideva con il P. solo la svalutazione della conoscenza sensibile. A partire dal I sec. a.C., si manifestò una netta evoluzione nel senso di uno spiritualismo razionalistico, che rimarrà una caratteristica costante del P. attraverso i secoli successivi. Propriamente estraneo agli sviluppi dell'Accademia fu quel vasto movimento di rilettura delle tematiche platoniche che va sotto il nome di Neoplatonismo (V.). Le sue posizioni teoriche, spesso molto distanti dalle genuine tematiche platoniche, si intrecciarono con esse nel corso della storia; tale fusione, derivante dalla mancanza di conoscenza diretta dei testi originali, impedì a lungo di cogliere la specificità delle due posizioni. Elementi platonici furono del resto presenti in tutta la cultura ellenistica, costituendo insieme allo Stoicismo una sorta di sfondo comune a tutti gli indirizzi filosofici dal II sec. a.C. al V sec. d.C. Va inoltre ricordato che già in epoca ellenistica alcuni commentatori di Aristotele (Ammonio, Filopono, Simplicio) inaugurarono la tendenza, che molto seguito ebbe sia in epoca medioevale sia rinascimentale, che voleva conciliare il pensiero platonico con quello aristotelico. ║ Chiave di volta della fortuna e della diffusione della dottrina platonica nel pensiero occidentale fu l'incontro di essa con il Cristianesimo. La Patristica, impegnata nell'elaborazione del sistema dottrinale del Cristianesimo, trovò nel P. il sistema filosofico più adeguato ai suoi scopi: il concetto di filosofia come conversione e purificazione, il distacco dal mondo corporeo, la concezione del divino come trascendente il sensibile, il suo rapporto con il mondo erano tutti elementi facilmente utilizzabili per la costruzione di una griglia teorica in cui inserire l'annuncio evangelico. In questo contesto anche la dottrina trinitaria venne sistematizzata sulla base dello schema plotiniano delle tre ipostasi, identificando Dio Padre con l'Uno, il Verbo con il Nous e lo Spirito Santo con l'Anima del mondo. In antropologia, il dualismo platonico garantì l'immortalità dell'anima e la sua indipendenza dal mondo della materia. Così da un lato, fra gli autori protocristiani, si affermò l'idea di un parallelismo fra filosofia, e in particolare quella platonica, e Antico Testamento: l'una e l'altro erano stati mandati da Dio, ai gentili e agli Ebrei, come preparazione alla Rivelazione. Dall'altro lato gli autori pagani che lottavano contro il Cristianesimo trovavano giocoforza considerarlo una sorta di volgarizzazione e svilimento del P. Tra i maggiori rappresentanti del P. protocristiano vi sono i Padri alessandrini (Clemente e Origene), quelli cappadoci (Eusebio, Metodio d'Olimpo, Gregorio Nazianzeno, Gregorio di Nissa, Basilio, Evagrio). L'autore che con massima autorità contribuì all'introduzione del pensiero platonico nella tradizione cristiana fu Agostino. Egli ammise esplicitamente di aver trovato negli scritti dei platonici tutta la dottrina cristiana, con l'unica eccezione del Verbo fattosi carne. Va detto che Agostino non lesse mai alcun dialogo di Platone e che gli scritti cui si riferiva erano parti dell'Enneadi di Plotino. Nell'intento di congiungere la filosofia platonica con il Cristianesimo, Agostino concepì le Idee, modelli eterni delle cose sensibili, come interne a Dio, identificandole con la seconda Persona della Trinità; la metafisica delle Idee venne inoltre utilizzata per affermare la teoria dell'interiorità del vero e della conoscenza come illuminazione. Quanto alla spiegazione della presenza del male nel mondo, si ricorse alla svalutazione platonica del sensibile e alla concezione della materia come "quasi nulla". Attraverso Agostino il P., variamente declinato nei suoi aspetti, rimase il quadro di riferimento fondamentale del pensiero medioevale fino al XII sec. ║ Un P. senza Platone può essere definito quello medioevale. Pressoché nulla era infatti la conoscenza diretta degli scritti platonici: circolava la prima parte del Timeo (dedicata alla cosmologia) con commento di Calcidio; il Fedone e il Menone furono tradotti solo verso la metà del XII sec.; nel XIII sec., oltre a vari opuscoli di Proclo, ne fu tradotto il commento al Parmenide insieme alla parte di dialogo commentata. La conoscenza del P. si basava soprattutto su fonti indirette: oltre ai testi di Agostino e di alcuni Padri greci, il commento di Macrobio al Somnium Scipionis (VI libro del De Republica di Cicerone), alcuni opuscoli di Apuleio (sotto il cui nome circolava anche l'Asclepio, traduzione latina di un testo ermetico), il De consolatione philosophiae di Severino Boezio. Sul finire del XII sec. iniziò a circolare il Liber de causis attribuito ad Aristotele, ma in realtà estratto dall'Elementatio theologica di Proclo. Nel XII sec. veicolo del P. nell'Occidente cristiano furono anche gli scritti di autori arabi; infatti pensatori quali al-Fārābī, al-Ghazzālī, Avicenna avevano utilizzato temi platonici nella loro riflessione, spesso fondendoli con motivi aristotelici. Piuttosto difficile è distinguere nel Medioevo l'influenza del "puro" P. da quello del P. già cristianizzato o dell'Agostinismo. L'influsso platonico diretto fu più netto negli ambienti con prevalenti interessi fisico-cosmologici, dove si leggeva il Timeo, Calcidio, Macrobio e Boezio. Tale tipo di P. ebbe la sua massima espressione nel tentativo di Giovanni Scoto Eriugena (IX sec.) di spiegare l'intero universo in termini di teofania e soprattutto con la scuola di Chartres (XII sec.), le cui concezioni cosmologiche, ispirate al commento di Calcidio, affermando l'identificazione dello Spirito Santo con l'Anima del mondo, sfociarono nel Panteismo. Nel XIII sec. la fortuna del P. subì un momento di stallo (se si eccettua la scuola francescana) a seguito della diffusione dell'Aristotelismo. Anch'esso tuttavia, a causa della mediazione araba, non risultava immune dall'influenza di motivi neoplatonici. ║ Con il primo Umanesimo si ebbe una notevole rinascita dell'interesse verso il P., da parte di figure quali Nicolò Cusano, Marsilio Ficino, Francesco Fabrizi. La diffusione della conoscenza del greco fece sì che si cominciasse ad accostarsi ai testi originali e a tradurli in latino. Nonostante la rinascita della filologia, il genuino pensiero platonico subì notevoli distorsioni derivanti dalle tendenze eclettiche dell'epoca, che vi introdussero motivi aristotelici, cristiani e soprattutto magico-religiosi di derivazione ermetica e cabalistica. Fino alla metà del Quattrocento fu soprattutto la dottrina morale e politica di Platone ad attirare l'attenzione, ispirando utopie di rinascita sociale e religiosa quali quella di Gemistio Pletone; in seguito prevalse decisamente l'aspetto metafisico e religioso. In questo contesto è da ricordare soprattutto Marsilio Ficino che, animatore dell'Accademia Platonica Fiorentina (V.), non solo tradusse in latino tutto Platone, ma anche Plotino e altri autori neoplatonici, fornendo un'interpretazione chiaramente mistico-esoterica. Sorto in opposizione all'Aristotelismo dominante nelle università, e legandosi a tematiche magiche, il P. rinascimentale assunse quella funzione eterodossa che prima era stata svolta dall'Aristotelismo. Oltre a riprendere molti temi della patristica greca e agostiniani, il P. rinascimentale sviluppò particolarmente temi nuovi quali quelli dell'analogia far microcosmo e macrocosmo e della filosofia dell'amore, ispirata al Simposio. ║ La tematica platonica dell'interpretazione della natura a caratteri matematici guidò, nel Seicento, l'opposizione al carattere qualitativo della fisica aristotelico-scolastica dei protagonisti della Rivoluzione scientifica a cominciare da Galileo. Al P. di Ficino si richiamò, invece, la scuola di Cambridge (H. More e R. Cudworth) nel tentativo di contrastare meccanicismo cartesiano e materialismo hobbesiano. È tuttavia da ricordare che, per quanto riguarda la posizione cartesiana, erano in essa ben visibili tracce di derivazione platonica: dualismo metafisico, razionalismo, innatismo (tematiche riscontrabili anche in Leibniz). ║ La crisi del P. si ebbe con l'affermarsi dell'Empirismo e dell'Illuminismo: tali movimenti di pensiero videro nel P. il simbolo della metafisica trascendente priva di ogni valore di verità. Kant, pur condividendo tale atteggiamento critico, recuperò la nozione di Idea per indicare gli oggetti della ragione (Dio, anima, mondo), seguito in questo anche da Hegel. Più vicino all'originario senso platonico fu la concezione delle Idee di Schopenhauer, che le considerò quali forme e modelli universali. ║ Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento il P., oltre a rivivere sotto forma di Idealismo cristiano in Italia o di Spiritualismo in Francia, ispirò in Inghilterra teorie estetiche di età preraffaellita e vittoriana. In Germania la scuola di Marburgo diede un'interpretazione di Platone in chiave neokantiana, che influenzò la trattazione di E. Husserl del tema fenomenologico del rapporto percezione/essenze. Sempre all'inizio del Novecento, il termine venne anche assunto con valore tecnico per designare la concezione realistica degli enti logici e matematici avanzata da pensatori quali G. Frege, B. Russel e K. Godel. Secondo tale P. matematico, gli enti matematici esisterebbero veramente e la mente umana sarebbe in possesso di una facoltà, diversa e distinta dalla percezione, mediante cui avere un'intuizione del comportamento degli enti matematici stessi.