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Pitagorismo.

Dottrina religioso-filosofica sviluppata dai seguaci di Pitagora dopo la morte del maestro. Dopo la dispersione della scuola fondata da Pitagora a Crotone, determinata dalla rivoluzione democratica del 450 a.C., molti discepoli fuggirono in Grecia, dove fondarono un nuovo centro a Fleio; altri si stabilirono a Taranto, ed ebbero Archita come principale esponente; a Siracusa operarono Ecfanto e Iceta, a Tebe Filolao, Simmia e Cebete. Già gli antichi distinguevano due tendenze fondamentali all'interno del P.: quella degli acusmatici, o ascoltatori, che mirava a conservare soprattutto la precettistica morale e l'aspetto mistico-religioso dell'insegnamento del maestro; e l'altra dei mathematici, dedita allo sviluppo degli studi cosmologici e matematici. La sostanziale unità della dottrina pitagorica venne però conservata: i presupposti e i fondamenti dell'insegnamento del maestro rimasero sostanzialmente omogenei. Le dottrine fondamentali del P. si possono racchiudere nell'arco di due opposizioni che riflettono la dicotomia fondamentale fra il bene e il male: quella fra anima e corpo, e quella fra limite (ordine) e illimitato (disordine, caos). La dottrina della metempsicosi, attinta dall'Orfismo, fu dai pitagorici modificata in alcuni punti essenziali; se Orfismo e P. coincidono nell'indicare il senso della vita in un ultraterreno fine escatologico, si differenziano nettamente nella scelta degli strumenti di "purificazione" dell'anima. Gli orfici ritenevano che i mezzi di purificazione fossero le pratiche religiose dei sacri misteri, rimanendo legati a una concezione magica; i pitagorici additarono nella scienza la via della purificazione. Essi furono gli iniziatori di quel tipo di vita (bíos theorétikos) che fu chiamato semplicemente vita pitagorica, contemplativa, dedita, cioè, alla ricerca della purificazione attraverso la contemplazione del vero, quindi tramite il sapere e la conoscenza. Il rispetto di tutta una serie di divieti (non mangiare fave, astenersi dalla carne degli animali tranne che in particolari condizioni, non portare anelli, ecc.) simboleggiava magicamente lo scioglimento dai legami del corpo, in preparazione alla salvezza. In questo quadro centrale rientra il valore morale e religioso dell'idea di limite, ordine, misura. I pitagorici fecero del limite il principio dell'ordine divino del mondo; poiché il numero è l'espressione suprema del limite, esso rappresenta il codice di tutta la realtà. Dunque dominio del numero significa dominio della razionalità e della verità. Da qui la concezione della matematica come forma primaria e fondamentale del sapere, in quanto capace di scoprire non solo le proprietà dei numeri e delle figure geometriche, ma della stessa realtà fisica che da essi deriva. Al P. si deve la distinzione fra logistica, le regole pratiche di calcolo, e aritmetica, la scienza dei numeri; la distinzione dei numeri in pari e dispari; la rappresentazione geometrica dei numeri interi attraverso una serie di punti disposti in modo da formare figure geometriche (per esempio il 4 era rappresentato con quattro punti in quadrato); la scoperta degli incommensurabili, che avrebbe determinato una crisi all'interno della scuola; gli studi sul triangolo rettangolo (famoso il teorema di Pitagora). Da questa intuizione delle proprietà del numero che esprimono leggi scientifiche della realtà e ne rappresentano simbolicamente l'ordine divino, derivano anche le applicazioni sociali sviluppate soprattutto da Archita. La giustizia sociale non consiste in una distribuzione aritmetica dei beni che dia ad ognuno una misura uguale di ricchezza e potere; assai più perfetta la distribuzione geometrica, che dà a ognuno in proporzione al suo valore, cioè a quanto detiene in termini di prestigio sociale: una concezione rigidamente aristocratica che fece delle scuole pitagoriche dei centri di potere politico di straordinaria autorità. Sulla base del numero si sviluppò anche la cosmologia pitagorica: al centro dell'universo vi è un fuoco, principio regolatore che dirige i moti celesti; tutt'intorno girano dieci corpi celesti, il primo dei quali sarebbe la Terra, l'ultimo il cielo delle stelle fisse. Oltre ai pianeti, insieme alla Terra ruoterebbero la Luna, il Sole e un fantomatico corpo chiamato Antiterra. Per la prima volta veniva ipotizzata la mobilità della Terra, compiendo un primo passo verso la teoria eliocentrica elaborata da Copernico, che si riferì al P. come a una delle sue fonti. Le dottrine pitagoriche furono rielaborate in età ellenistica (Neopitagorismo) e introdotte a Roma da Appio Claudio e Nigidio Figulo, come risposta a forti esigenze religiose, soteriologiche e magiche.