Nome di alcune rocce compatte, in particolare di quelle usate come materiale da
costruzione. Accompagnato da determinazioni riferentisi a caratteristiche
esteriori, all'uso, al luogo di origine, ecc., serve a indicare singole
varietà di roccia (
p. focaia, p. pomice, p. serena) o alcuni
gruppi di rocce, o di altre sostanze, sia naturali sia artificiali, usate come
gemme (
p. dure, p. preziose, p. verdi). ║
P. viva: roccia
allo stato naturale, solida. ║ Fig. - Riferito alla durezza e
insensibilità della
p.:
avere un cuore di p. ║
Frammento di roccia modellato dagli agenti atmosferici. ║ Frammento di
roccia che si può sollevare, gettare, usare come proiettile:
scagliare
p. contro qualcuno. ║ Fig. -
P. dello scandalo: chi è
causa di scandalo. ║ Blocco di roccia usato come materiale di costruzione
o come ornamento:
muro di p. ║
P. filosofale:
V. FILOSOFALE, PIETRA. ║
P. miliare:
V. MILIARE. ║
P. concia: blocco
utilizzato nelle costruzioni, parzialmente lavorato sul lato che rimane a vista.
║ Fig. -
Posare la prima p.: iniziare la costruzione di un edificio
e, in senso figurato, intraprendere qualcosa di importante. ║ Fig. -
Cavare sangue da una p.: sfruttare qualcosa al massimo, fare qualcosa di
impossibile. ║ Fig. -
Metterci una p. sopra: lasciar perdere, non
pensarci più. ║ Fig. -
Portare la propria p. all'edificio:
collaborare alla realizzazione di qualcosa. ║ Nel linguaggio poetico,
statua. ║ Come primo elemento di toponimi, ha valore simile a quello del
termine
sasso. • Lit. -
P. sacra: nella liturgia cattolica,
l'altare mobile o portatile contrapposto all'altare fisso o immobile. •
Bot. -
P. fungaia: il ricettacolo di un fungo. • Med. -
Mal
della p.: antica denominazione della litiasi (o calcolosi) vescicale.
• Farm. - Caustico solido in forma cilindroide e spesso con
un'estremità più o meno appuntita. ║
P. infernale:
nitrato d'argento. ║
P. divina: caustico a base di solfato di rame,
nitrato di potassio o canfora, usato talora per la causticazione di verruche
cutanee. • Mil. -
Fucile a p.: tipo di fucile in cui l'accensione
della polvere era provocata dalla scintilla di un pezzo di
p. focaia.
• Paletn. -
Età della P.: il periodo in cui l'uomo, non
conoscendo ancora l'uso dei metalli, ricavava dalla
p. le armi e gli
utensili necessari alla sua esistenza di cacciatore nomade e di agricoltore.
Questo lungo periodo di tempo si divide in
Età della P. scheggiata
(
Paleolitico) e in
Età della P. levigata o
polita
(
Neolitico). ║
P. fitta: sinonimo di
mènhir
(V.). • Encicl. -
P. da affilare:
nome generico di alcune rocce contenenti silice, più o meno finemente e
uniformemente diffuse in seno a una massa cementante molto dura, di aspetto
poroso e composizione chimica diversa, e che servono per affilare e pulire
utensili taglienti (
p. di Levante o
turche,
p. di Arkansas,
ecc.). ║
P. d'allume: V. ALLUMITE.
║
P. d'Armenia o
azzurro montano: azzurrite in
polvere usata come colorante. ║
P. bronzina: calcare verdognolo o
giallognolo, macchiato o venato. ║
P. di Caen: calcare oolitico, di
colore variabile dal bianco al giallo pallido, tenero e quindi facilmente
lavorabile, che si estrae in Francia. Fu usato per la costruzione di molte
chiese gotiche. ║
P. da calce: roccia calcarea utilizzata per la
fabbricazione della calce viva. ║
P. da cemento: roccia marnosa
usata per la fabbricazione dei vari tipi di cemento. ║
P.
colombina: calcare del Cretaceo di colore biancastro o cinereo. ║
P. da cote: particolare tipo di
p. per affilare. ║
P.
litografica:
p. calcarea del Giurassico, a struttura molto fine e
omogenea, usata per il disegno a stampa litografica. ║
P. di luna:
varietà di adularia (V.). ║
P.
molare: arenaria a cemento calcareo, dura e resistente, utilizzata per la
costruzione di macine da mulino. ║
P. nere: calcari scistosi di
colore nero. ║
P. ollare: varietà impura di talco mista a
clorite e mica. ║
P. di paragone: V.
PARAGONE. ║
P. piacentina: arenaria eocenica, a tinta scura,
molto usata nel Friuli e il cui nome deriva dalla struttura che ricorda quella
del formaggio grana prodotto nel piacentino. ║
P. pomice: roccia
composta da silicati di allumina, soda e potassa, leggera e porosa, usata per
pulire metalli, marmo, legno, ecc. o come inerte in agglomerati artificiali con
proprietà di leggerezza e coibenza. ║
P. serena:
varietà di arenaria (V.). ║
P.
verdi: V. OFIOLITE. ║
P. da
costruzione: nome generico dei materiali lapidei, naturali e artificiali,
usati nelle costruzioni. Nell'antichità l'uso della
p. rozza come
elemento costitutivo di strutture murarie a base di materiali agglomeranti fu il
più comune sistema costruttivo. Nel Medioevo e nel Rinascimento la
p. lavorata fu usata per le parti architettoniche di maggior rilievo o
come rivestimento delle strutture portanti. Ancor oggi ha mantenuto tali
funzioni e solo raramente viene impiegata come mezzo struttivo in opere
monumentali o decorative. Tuttavia, soprattutto in alcune regioni, la
p.
rozza trova impiego come elemento strutturale in opere di edilizia di secondaria
importanza: case coloniche, costruzioni rurali, muri di sostegno, ecc. •
Petr. - Le
p. naturali più comuni in Italia si possono
classificare in base alle rocce di provenienza: 1)
p. sedimentarie
clastiche o
terrigene; 2)
p. sedimentarie carbonatiche; 3)
p. sedimentarie evaporitiche; 4)
p. sedimentarie silicee; 5)
p.
ignee intrusive o
plutoniche; 6)
p. ignee effusive o
vulcaniche; 7)
p. metamorfiche. Per quanto riguarda la
lavorazione, essa si distingue in tre fasi: divisione, sbozzatura e finitura. La
divisione è condotta sui blocchi già cavati con il filo
elicoidale o con le mine; per ottenere lastre si impiegano seghe a denti per le
rocce tenere e seghe a lama liscia e getto di abrasivo per quelle dure; per
ottenere invece il pietrisco o la sabbia si procede alla frantumazione,
utilizzando frantoi a cono verticale o a mascelle oppure mulini a cilindri o
martelli. La
sbozzatura, eseguita a mano o a macchina, serve a dare ai
pezzi ottenuti dai blocchi la forma desiderata. In particolare, si parla di
incavatura, quando si procede alla formazione di superfici concave;
intaccatura, quando si ottengono rientranze a gradino per battute,
incastri;
traforo, quando il pezzo viene trapassato da parte a parte;
accapezzatura, per lo sbozzo di conci parallelepipedi. Con la
finitura si dà alla superficie del pezzo e agli angoli l'aspetto
definitivo. A seconda che la superficie finita (pelle) sia più o meno
liscia si hanno finiture a pelle grossolana, a grana grossa, a pelle piana o a
grana fine, a pelle levigata, a pelle lucidata. ║
P. artificiale:
nome dato al materiale costituito da un conglomerato di cemento, la cui
superficie è stata trattata in modo da avere aspetto lapideo. Impiegato
per pavimentazioni e rivestimenti, il conglomerato (costituito da frammenti di
calcare, granito o arenaria con l'aggiunta di sostanze coloranti) viene messo
per alcuni giorni in appositi stampi della forma desiderata. Una svolta
sformati, i pezzi vengono sottoposti a un bagno in una soluzione di silicato di
sodio, in modo che la superficie diventi dura e impermeabile, e messi a
stagionare per qualche tempo. ║
P. dure: nome generico indicante i
minerali caratterizzati da elevata durezza e resistenza agli agenti chimici,
suscettibili di una buona pulitura (porfido, onice, calcedonio, diaspro,
lapislazzulo, agata, giada, ecc.). Data la loro durezza, le
p. dure si
possono lavorare solo con strumenti simili a quelli impiegati per tagliare le
p. preziose. Fin dall'antichità sono state impiegate per
realizzare oggetti decorativi e di ornamento personale, sulla cui superficie
venivano delineate figure in profondità (
intaglio) oppure in
rilievo (
cammeo). Le
p. dure furono anche impiegate per statue,
sarcofagi, bacini di vasche o in architettura come elemento decorativo e
strutturale accanto ai marmi colorati. La tecnica dell'intaglio della
p.
dura raggiunse livelli di alta maestria a Bisanzio, come testimoniano coppe,
tazze, bicchieri di provenienza bizantina. Dall'area bizantina, l'arte della
lavorazione delle
p. dure si diffuse in Italia e nel mondo musulmano.
Anche nei secoli successivi proseguì l'uso delle
p. dure, la cui
lavorazione toccò nuovi vertici durante il regno di Federico II. Nei
secc. XIV e XV gli oggetti in
p. dure trovarono centri di produzione
soprattutto in Francia e nell'Italia meridionale. Durante il Rinascimento e il
Barocco quest'arte ricevette nuovi impulsi soprattutto in Italia, approdando a
modelli creativi esportati in tutte le corti europee (Parigi, Vienna, Madrid,
Praga, ecc.) che a loro volta diventarono centri di questa raffinata produzione.
Da ricordare i maestri milanesi (Iacopo da Trezzo, i Carrioni, i Saracchi, i
Miseroni), che lavorarono soprattutto a Praga alla corte di Rodolfo II, e gli
intagliatori fiorentini (F. Farina, F. e R. del Tadda, R. Curradi), favoriti dai
granduchi di Toscana. Il granduca Francesco fece costruire a Firenze dei
laboratori di intaglio nei pressi del Casino di San Marco, poi trasferiti nel
1586 nella fabbrica degli Uffizi e riorganizzati sotto Ferdinando I. Nel
Seicento il laboratorio si specializzò nel cosiddetto mosaico fiorentino,
impiegato in cofanetti, piani per tavoli, stipi decorati con motivi geometrici o
floreali, ecc. Nel XVIII sec. l'attività fiorentina continuò, ma
il XIX sec. segnò invece, a Firenze come altrove, un forte rallentamento
della produzione dei lavori in
p. dure, che nel XX sec. ha conosciuto una
piccola ripresa. Al di fuori dell'Europa, la lavorazione in
p. diede
notevoli risultati, oltre che nell'arte musulmana, nell'arte cinese, che
produsse innumerevoli oggetti intagliati in giada, agata, lapislazzuli. Tra le
civiltà precolombiane, fu soprattutto quella messicana a impiegare
p. dure per la decorazione di ornamenti personali, di armi e di
suppellettili sacre. ║
P. preziose:
p. normalmente di
piccole dimensioni, caratterizzate da bellezza, durezza, rarità.
Rarità e durezza non influiscono sul fattore estetico ma si riflettono
sul valore venale; tuttavia se non sono accompagnate dalla bellezza perdono ogni
valore. La bellezza è data da un insieme di fattori quali lucentezza,
elevato indice di rifrazione, trasparenza, omogeneità di tinta nelle
p. colorate, assenza di tinta e inclusioni in quelle incolori. Le
p. preziose comprendono circa 20 specie mineralogiche che, ad eccezione
dell'opale, sono tutte cristallizzate. Tra le varietà di una stessa
specie, le variazioni di colore sono dovute al fatto che i minerali sono in
genere allocromatici, cioè il colore è determinato da impurezze
che entrano nella composizione del cristallo. Alcune impurezze sono proprie di
una determinata specie e impurezze diverse possono dare la stessa tinta; per
questo il colore non è un elemento diagnostico. Tra le più note
p. preziose citiamo: il
berillo, incolore, verde (smeraldo),
azzurro (acquamarina), roseo (morganite); il
corindone, incolore, rosso
(rubino), azzurro (zaffiro), verde, violetto; il
crisoberillo, verde; il
diamante, incolore, roseo, giallo, rosso, azzurro, nero; il
lapislazzulo, opaco con punteggiature auree dovute a pirite, nella
varietà azzurro oltremare intenso; il
quarzo, incolore, violetto
(ametista), giallo o citrino, roseo, azzurro e affumicato, oltre alle
varietà che contengono inclusioni (avventurino, occhio di tigre, di
gatto, di falco) o hanno una particolare struttura di aggregato (diaspro,
corniola, eliotropio, microprasio); il
topazio, incolore, giallo-oro,
roseo, azzurro-verdolino; il
turchese, opaco, verde-azzurro; lo
zircone, incolore, verdognolo, giallo-oro, azzurro, rosso-bruno, cobalto,
aranciato. Le
p. preziose possono essere sottoposte a
colorazione
artificiale sia facendole imbibire di una sostanza colorante, sia
sottoponendole a speciali azioni fisiche. Il processo di imbibizione si
può attuare solo in presenza di
p. porose, ad esempio agata e
turchese, o con numerose fratture. Tra le azioni fisiche la più semplice
è il riscaldamento della
p. direttamente nell'aria o in corrente
di ossigeno, di idrogeno o altri gas. La colorazione artificiale si può
ottenere anche sottoponendo le
p. all'azione dei raggi X, ultravioletti e
delle sostanze radioattive. Operazione molto importante per conferire alle
p. maggiore lucidità e purezza, scartando le parti difettose,
è il
taglio, praticato soprattutto nelle forme
a brillante
e
a rosa. Il primo è formato da due tronchi di piramide, di
diverse dimensioni rispondenti a leggi fisse, uniti per la base maggiore; le
facce laterali vengono poi tagliate in faccette triangolari. La rosa invece
è formata da una sola piramide con i lati tagliati a faccette triangolari
secondo esatte proporzioni. Attraverso procedimenti di sintesi, quasi tutte le
p. preziose possono essere ottenute in laboratorio; si hanno così
le
p. sintetiche o
artificiali, il cui riconoscimento è
talvolta molto difficile poiché, oltre ad avere le stesse
proprietà chimiche e fisiche di quelle vere, la perfezione raggiunta nei
metodi di sintesi ha permesso di eliminare anche microscopiche bollicine d'aria
che impediscono la distribuzione omogenea del pigmento colorante. Nel
riconoscimento delle
p. preziose ci si avvale delle caratteristiche
proprie dei cristalli; un parametro fondamentale è il peso specifico che
spesso permette di distinguere le
p. somiglianti. La durezza si determina
per confronto con i valori della scala di Mohs; infine lo studio del colore si
esegue mediante scale di comparazione. Per il commercio le
p. hanno come
unità di misura il
carato, suddiviso in centesimi, oppure il
grano, corrispondente a un quarto di carato. Il valore venale di una
p. dipende, oltre che dalla massa, dal taglio, dalla colorazione, dalla
trasparenza, ma soprattutto dalla rarità. Le
p. preziose furono
impiegate come ornamento e simbolo di autorità fin dai tempi più
antichi, probabilmente come retaggio di superstizioni e credenze legate a riti
religiosi; così alle
p. preziose si attribuivano particolari
virtù e poteri. Pare che l'uso delle
p. preziose si sviluppasse
dapprima presso i popoli orientali (il diamante compare già negli antichi
testi sanscriti). Nei gioielli egiziani si fece largo uso di corniole,
lapislazzuli, ametiste, diaspri, turchesi, ecc., ottenendo raffinate policromie.
A Roma l'uso eccessivo delle
p. preziose in epoca imperiale
suscitò le invettive di poeti e filosofi. Con l'introduzione del
Cristianesimo come religione ufficiale dell'Impero, le
p. preziose
trovarono impiego soprattutto come ornamento di oggetti rituali. I gioielli,
prima riservati per lo più alla sfera privata, passarono a essere
indossati in occasioni pubbliche e cerimonie solenni. A Bisanzio proseguì
il gusto per le decorazioni con
p. colorate e la simbologia cristiana
convisse accanto ai simboli del potere romano, come è attestato, oltre
che da alcuni oggetti riccamente intarsiati, dai mosaici raffiguranti scene di
vita del tempo (mosaici di San Vitale in Ravenna). L'uso delle
p.
colorate nelle decorazioni, originario forse dell'Oriente, si diffuse ben presto
in Europa con le invasioni barbariche (in Italia, ad esempio, si diffuse dopo
l'invasione degli Ostrogoti). Le
p. erano incastonate a
cabochon
oppure incorniciate con filigrana semplice o granulata. L'utilizzazione
soprattutto liturgica e religiosa delle decorazioni in
p. si
rafforzò in età carolingia e ottoniana con la realizzazione di
preziosi oggetti sacri. All'epoca carolingia appartengono l'altare d'oro di
Vuolvinio in Sant'Ambrogio a Milano (824-59 circa). Il carattere religioso dei
gioielli andò scomparendo a partire dai secc. XIII-XIV; con il
Quattrocento la
p. diventò ornamento personale e si cominciarono a
cucire
p. preziose sugli abiti. Anche dal punto di vista tecnico si
introdussero innovazioni che consentirono di mettere sempre più in luce
la bellezza di una
p.: Louis de Berken, gioielliere di Carlo il
Temerario, cominciò a servirsi, nel taglio del diamante, della
sfaccettatura che ne esaltava luminosità e trasparenza. Nel Seicento il
diamante fu ampiamente utilizzato grazie soprattutto ai numerosi pezzi grezzi
provenienti dalle Indie e dal Brasile. Successivamente, l'affinarsi delle
tecniche di lavorazione e i mutamenti sociali favorirono un'ampia diffusione
delle
p. preziose, consentendone anche l'impiego su scala industriale.
• Rel. - Il valore religioso attribuito alle
p. trova testimonianza
nella storia di varie religioni, in cui esse occupano un posto importante nel
culto e nella mitologia. Il riconoscimento di tale valore può avere
attinenza con fattori accidentali, quali la forma, oppure con l'origine
meteorica o infine con la sua natura: la
p. deriva, in quanto roccia,
dalla terra e come tale si presta a rappresentarla. È il caso del
lapis manalis,
p. di chiusura del
mundus, che nell'antica
Roma aveva un ruolo importante nel rito dell'
aquaelicium, cerimonia
propiziatoria della pioggia che deve fecondare la terra. Il carattere solido e
inamovibile della
p. ne fece un simbolo adatto a rappresentare la
qualità durevole del giuramento (in Grecia gli arconti ateniesi
prestavano giuramento su una
p. al momento di assumere il loro incarico);
inoltre la
p. può svolgere la funzione di palo sacrificale o di
immagine aniconica della divinità (la
p. di Afrodite a Pafo).
Anche i menhir avevano carattere religioso. Accanto ai significati religiosi
sono i motivi mitologici, come quello della nascita da una
p. (il dio
Mitra) o della pietrificazione. Alle
p. venne attribuito anche grande
potere magico e medicinale. Del resto, anche il nome con cui sono comunemente
chiamate alcune
p. rimanda a quelle che si credevano le loro
proprietà: così le
p. serpentine (ciottoletti di porfido
verde o nero) allontanavano i rettili; le
p. del sangue o
sanguinelle (agate cornaline) scongiuravano il pericolo di emorragie; le
p. latteruole (agate zonate, calcedoni, ecc.) favorivano la secrezione
del latte.