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Pesce.

Nome comune dei vertebrati acquatici a scheletro osseo o cartilagineo. Caratterizzati dalla circolazione sanguigna semplice e dalla respirazione attraverso le branchie, presentano forma fusiforme e appendici locomotorie e stabilizzatrici dette pinne. ║ Nel linguaggio comune si definiscono p. vari animali acquatici, specie se commestibili, che tuttavia non sono classificati tra i vertebrati (gamberi, calamari, seppie e altri molluschi). ║ Nel linguaggio popolare, p. è il nome del bicipite, specie se contratto nello sforzo: fare il p. ║ Fig. - P. d'aprile: scherzo, burla che si fa il primo giorno del mese di aprile, secondo una tradizione popolare molto diffusa in Europa e in America. • Zool. - P. ago (Syngnathus acus): p. marino dei teleostei, dal corpo lungo e sottile, comune nel Mediterraneo. Il maschio ha sotto la coda una borsa incubatrice in cui la femmina depone le uova. ║ P. bandiera: nome comune del Cepola rubescens. P. teleosteo dei perciformi, appartenente alla famiglia Cepolidi; è caratterizzato da corpo allungato (può raggiungere la lunghezza di 50 cm), coperto da piccole squame, di colore rosso-giallastro. Vive nelle acque del Mar Mediterraneo. ║ P. combattente (Betta splendens): p. osseo dei perciformi di piccole dimensioni, presente nelle acque tropicali, molto ricercato per gli acquari. Caratteristici i suoi complessi rituali aggressivi. ║ P. gatto (Ictalurus nebulosus): p. dei teleostei, d'acqua dolce, che presenta sul muso otto bargigli. ║ P. istrice (Diodon hystrix): p. dei teleostei, dei mari tropicali, provvisto di aculei. ║ P. luminescenti: vengono così definiti gli individui di un consistente numero di specie (circa 400) di p. abissali, in quanto in grado di emettere una certa luminosità. In questa partizione si potrebbero tuttavia far rientrare anche alcuni salmoniformi e stomiatiformi, pur non essendo p. abissali. L'organo che permette la luminescenza è in genere costituito da un complesso ghiandolare (fotociti) più o meno raffinato, che secerne una sostanza la cui azione, rispetto alla luminosità ambientale, è simile a quella di una lente, cioè di riflessione e amplificazione. La presenza di particolari pigmenti, nelle cellule che costituiscono questa sorta di "lente organica", può attribuire alla luce emessa varie colorazioni (verdastra, rossa, blu, gialla). In altri casi, invece, la luminescenza è dovuta alla produzione di sostanze specifiche (chiamate luciferine) a loro volta attivate da enzimi (luciferasi) o, ancora, alla simbiosi con esse di speciali batteri. Citiamo, come esempi di questi p. particolari: l'Argyropelecus, dotato ai lati del corpo di una serie di organi, a forma quasi circolare, che emettono una luminosità variamente pigmentata; l'Idiacanthus; il Diaphus; lo Stomias, lungo non più di 15 cm, ma in grado di emettere un alone luminoso con tutta la superficie del corpo; il Bathysphaerus intactus, simile al barracuda, il cui habitat è a profondità superiori ai 600 m, dotato sul tronco di una fila continua di organuli luminosi e azzurrognoli e di altri due all'estremità di due tentacoli pendenti. ║ P. luna (Mola mola): p. dei teleostei, di forma tondeggiante, comune nei mari tropicali. Ha colore azzurro, viola o rosso, con macchie ovali argentate; può raggiungere la lunghezza di 1 m. Ha carni ottime. ║ P. martello (Sphyrna zygaena): p. dei selaci, della lunghezza di 4 m, dal capo appiattito con i lobi laterali recanti gli occhi. Diffuso nei mari tropicali, è commestibile. ║ P. palla (Ephippion maculatum): p. dei teleostei, di forma globosa, che ha la proprietà di gonfiarsi ed è comune nel Mediterraneo. ║ P. persico (Perca fluviatilis): V. PERSICO. ║ P. pilota (Naucrates ductor): p. dei teleostei, così detto perché si accompagna agli squali, guidandoli. ║ P. ragno (Trachinus araneus): V. SPIGOLA. ║ P. rampicanti: termine comune con cui sono noti gli individui appartenenti al genere Anabate (V.). Essi, diffusi nei corsi d'acqua dell'Asia meridionale, possono sopravvivere per un certo tempo fuori dall'acqua, arrampicandosi su piante o sassi o sul terreno in prossimità della corrente, purché le branchie e la pelle siano sufficientemente umide. Tra i rampicanti, si includono anche altre specie non del medesimo genere, ma dotate di comportamento similare, quale il Clarias lazera e i Doras. ║ P. rana (Lophius piscatorius): V. RANA PESCATRICE. ║ P. rosso o p. dorato: carasso, p. dei cipriniformi diffuso nelle acque dolci dall'Europa centrale alla Cina, è allevato a scopo ornamentale in numerose varietà. ║ P. San Pietro (Zeus faber): p. dei teleostei, dal corpo compresso ovale, con una macchia nera rotonda sui fianchi; commestibile, è diffuso nel Mediterraneo. ║ P. sega (Pristis pristis): p. dei selaci, la cui mascella superiore termina in un rostro della lunghezza di 1 m circa, con gli orli muniti di denti a sega. Le specie tropicali arrivano a 6-7 m di lunghezza. ║ P. spada (Xiphias gladius): p. dei teleostei, la cui mascella superiore termina con una lunga appendice ossea; è cacciato per le carni pregiate. ║ P. volante o p. rondine (Exocoetus volitans): p. dei teleostei, comune nei mari caldi e temperati, in grado di spiccare salti fuori dall'acqua. • Rel. - L'importanza simbolico-religiosa del p. appare con evidenza, in primo luogo, presso popolazioni la cui sussistenza è legata principalmente alla pesca. In diversi gruppi aborigeni della Polinesia o fra alcune tribù degli Indiani d'America si sono trovati esempi di un tale ruolo (offerte di p. come sacrificio primiziale nel rito che dà inizio alla stagione della pesca; p. come animale totem, per propiziare la pesca; riti di restituzione degli avanzi alle acque, perché possano ritornare sotto forma di nuovi p., ecc.). La centralità del p. nell'ambito mitologico e cultuale, anche di civiltà non così strettamente condizionate da esso nella propria sopravvivenza fisica, si spiega tuttavia con la sua appartenenza all'acqua. Questa, infatti, era universalmente concepita come origine della vita, elemento primordiale, caotico e cosmogonico per eccellenza; nello stesso tempo, però, essa veniva considerata sede di pericoli e insidie, sia nella sua valenza uranica e celeste sia in quella ctonia e infera. Per questo motivo il p. risulta tanto collegato al concetto di vita quanto a quello di morte: esso era tabù per i sacerdoti dell'antico Egitto o per i Bantu africani, e sacro a numerose divinità (la fenicia Atargatis, il dio ittiomorfo Dagon dei Cananei, o la greca Eurinome). Per gli induisti, una delle incarnazioni (avatara) della divinità principale del pantheon, Vishnu, fu in forma di p., quando il dio salvò Manu (il primo uomo) dalle acque del diluvio. L'idea di passaggio connessa tanto all'evento della morte quanto allo scorrere delle acque ha fatto sì che in numerose credenze l'anima dei morti venisse rappresentata in forma di p. Nell'Antico Testamento il p. appare, in alcuni passi, nel suo aspetto pericoloso (si veda l'episodio di Giona nel ventre della balena), ma sempre sottomesso alla volontà di Dio. La rilevanza che il p. acquisì nel Nuovo Testamento si inserì in una tradizione ben più antica e diffusa, resa efficace dal momento che molti fra i discepoli di Gesù erano essi stessi pescatori. Da questo insieme di fattori derivò al Cristianesimo primitivo l'assunzione del p. come simbolo e metafora di salvezza e anche come segno di riconoscimento tra gli adepti. Il fatto che in epoca paleocristiana il vocabolo greco (ichthús: p.) fosse utilizzato come acrostico del nome di Gesù (Içsoûs Christòs Theoû Uiòs Sōtèr: Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore) è conseguenza e non causa dell'importanza di questa immagine per i cristiani. • Icon. - La figura di un p. stilizzato apparve presto in molte rappresentazioni dell'arte paleocristiana (V. PALEOCRISTIANO) delle catacombe, su sarcofaghi, su anelli per sigilli, ecc. Spesso il p. era accostato ad altre figure, in particolare all'ancora (a sua volta simbolo della salvezza), a un pane o, più spesso, a un cesto di pani poggiato sul suo dorso (simbolo dell'Eucarestia), alla barca degli Apostoli, ecc. L'immagine del p. ebbe grande diffusione come mezzo per identificare i correligionari, ma anche i luoghi dei raduni clandestini. Il materiale iconografico, però, testimonia che essa fu abbandonata in modo abbastanza repentino in seguito alla promulgazione dell'Editto di Milano (313), in quanto si era fatta meno pressante la necessità per i cristiani di un segreto segnale di riconoscimento. • Alim. - In macelleria, taglio pregiato di carne bovina. • Ind. graf. - Errore di composizione che consiste nell'omettere una parola o una frase intera dell'originale.