Fis. - Variazione, scostamento di un fenomeno dal suo andamento regolare, detto
non perturbato; talvolta, la causa stessa di tale scostamento. In
particolare, in meccanica classica si chiama
p. ogni modificazione del
moto di un corpo, dovuta a cause secondarie rispetto a quelle principali che lo
determinano; il termine viene utilizzato usualmente in meccanica celeste, per
indicare l'effetto dell'attrazione gravitazionale secondaria di un corpo
sull'orbita di un pianeta sottoposto all'azione gravitazionale del Sole. Secondo
le equazioni newtoniane del moto, un pianeta gravitante intorno al Sole descrive
una conica, nel caso ideale in cui esistano due soli corpi in uno spazio vuoto
(
problema dei due corpi); se, invece, esiste un terzo corpo celeste,
l'attrazione di quest'ultimo causa una
p. sul moto del pianeta
gravitante, e la sua traiettoria si scosta dalla conica a seconda della distanza
e della massa del corpo perturbante (
problema dei tre corpi): un tipico
esempio è dato dal problema della determinazione del moto orbitale della
Terra intorno al Sole, quando si voglia tener conto anche dell'azione
gravitazionale dovuta alla Luna. Il problema dei tre corpi presenta una
complessità che non ne consente la risoluzione completa in termini
finiti, se non in casi particolari, già studiati da I. Newton, G.L.
Lagrange, H. Poincaré: non è possibile, in genere, determinare
formule che consentano di stabilire direttamente le posizioni dei singoli corpi
ad ogni istante, date le posizioni e le velocità iniziali. La risoluzione
del problema nella sua forma generale può essere effettuata solo
sfruttando procedimenti di successive approssimazioni; lo studio di tali metodi
ha portato alla formulazione di una
teoria delle p., già svolta da
Newton, da un punto di vista geometrico, e approfondita nel corso
dell'Ottocento. Un procedimento significativo è il cosiddetto
metodo
di variazione delle costanti, che illustra l'idea alla base di tutti i
procedimenti di approssimazione; esso si fonda sull'ipotesi che,
istantaneamente, il pianeta perturbato percorra ancora un'ellisse, i cui
elementi siano, però, variabili con il tempo. Fisicamente, ciò
corrisponde a suddividere l'intervallo di tempo in esame in intervallini
infinitesimi, e a considerare costante, in ciascuno di essi, la forza
perturbatrice; pertanto, la posizione del pianeta all'istante
t si
calcola come nel problema dei due corpi, partendo dalla posizione, dalla
velocità e dalla forza perturbatrice ottenute all'istante precedente. Il
problema si complica notevolmente con il crescere del numero dei corpi e la
bontà dell'approssimazione del moto reale diventa sempre minore. Le
p. astronomiche si suddividono, in base al loro periodo, in
periodiche, caratterizzate da periodi relativamente brevi, e
secolari, con periodi lunghissimi, fino a qualche milione di anni; in
particolare, gli studi di P.S. Laplace e di Lagrange hanno stabilito che le
p. secolari dell'intero sistema solare non ne alterano la distribuzione
generale. Infine, è interessante rilevare che l'osservazione delle
p. astronomiche di un pianeta consentono di studiare le caratteristiche
dei corpi celesti perturbatori e, in alcuni casi, di determinarne l'esistenza,
prima della loro osservazione sperimentale: ciò è accaduto, ad
esempio, per i pianeti Plutone e Nettuno. Il metodo delle
p. trova
applicazione anche nella meccanica quantistica, nei problemi per i quali non
è possibile risolvere direttamente l'equazione di Schrödinger. Ad
esempio, per determinare gli stati di un atomo si procede trascurando
inizialmente le interazioni tra elettroni rispetto a quelle tra nucleo ed
elettroni, e risolvendo in questo caso l'equazione di Schrödinger
corrispondente; in seguito, i risultati ottenuti vengono corretti, considerando
le interazioni tra elettroni come
p. degli stati ottenuti.