1 | INTRODUZIONE |
Permiano In geologia, ultima suddivisione dell’era paleozoica nella scala dei tempi geologici; copre un intervallo di 55 milioni di anni, approssimativamente da 280 a 225 milioni di anni fa. Il periodo fu così denominato nel 1841 dal geologo britannico Roderick Impey Murchison dal nome di Perm, un villaggio siberiano presso il quale vennero riconosciuti strati di quest’epoca sulla base del loro contenuto di fossili. In tutto il mondo, le rocce appartenenti a questo periodo sono ricche di giacimenti di carbone, petrolio e gas naturale.
2 | GEOMORFOLOGIA |
L’ultima parte del Paleozoico fu assai movimentata per la crosta terrestre. Secondo la teoria della tettonica a zolle, i continenti emersero dai mari poco profondi del periodo precedente, il Carbonifero. I depositi sedimentari che si erano accumulati nelle geosinclinali furono compressi e ripiegati; si verificò un imponente processo di corrugamento, detto ercinico, dal quale si formarono i monti dell’Atlante nel Nord Africa, gli Urali, il Massiccio Centrale francese, i Vosgi e gli Appalachi centrali e meridionali.
Europa e Asia si unirono – la Siberia con la Russia e la Cina con la Siberia – mentre a ovest la collisione delle zolle saldò il Nord America al supercontinente Gondwana. Tutte le terre emerse alla fine del Paleozoico si aggregarono in un unico supercontinente, detto Pangea, circondato dall’oceano chiamato Panthalassa; il supercontinente presentava sulla sua costa orientale una profonda insenatura, il mare Tetide. Il Nord America e la parte occidentale dell’Europa, tagliate dall’equatore, erano regioni calde e secche, come indicano gli spessi depositi evaporitici di salgemma e gesso precipitati dalle acque di mari chiusi.
Tra la fine del Carbonifero e il Permiano vi fu un raffreddamento globale del pianeta che determinò la formazione di estesi ghiacciai, le cui tracce sono oggi visibili in molte aree dell’emisfero australe sotto forma di morene fossili e profonde striature delle rocce. Nel Permiano le regioni australi si mantennero più fredde di quelle boreali, caratterizzate da clima caldo e umido, sebbene in maniera minore rispetto al clima del Carbonifero; tuttavia, la fusione delle terre emerse in un unico supercontinente determinò un progressivo inaridimento del clima, a partire dalle zone più interne e, verso la fine del periodo, una netta diminuzione delle zone umide, il che comportò notevoli conseguenze sulla flora e sulla fauna.
3 | FORME DI VITA |
Le forme invertebrate di vita marina dell’inizio di questo periodo erano eccezionalmente diffuse, favorite dalla presenza di mari caldi e poco profondi. Sulla terraferma, ebbero notevole sviluppo gli insetti, fra i quali comparvero libellule di enormi dimensioni (apertura alare fino a 45 cm). Si affermarono anfibi dallo scheletro massiccio e ben adattati alla vita sulle terre emerse come Eryops, e rettili (non dinosauri) come i pelicosauri (fra i quali il più conosciuto Dimetrodon) accanto ai cotilosauri, comparsi già nel Carbonifero e con caratteristiche di primitività che li rendevano ancora affini agli anfibi. Verso la metà del Permiano apparvero anche i terapsidi, considerati gli antenati diretti dei mammiferi, con forme come Lystrosaurus; inoltre, i tecodonti, le cui prime forme ricordavano gli attuali coccodrilli e precursori dei grandi dinosauri del Mesozoico.
Nel Permiano alle grandi felci arboree affermatesi durante il Carbonifero si sostituirono progressivamente le gimnosperme, fra le quali alcuni gruppi in seguito scomparsi e le conifere, che sopravvivono tuttora. La grande innovazione di questo gruppo di vegetali fu l’“invenzione” del seme: all’interno di questo organo l’embrione del nuovo individuo svolgeva le prime fasi del suo sviluppo mentre ancora si trovava sulla pianta madre, ben protetto da un involucro di tessuti nutritivi e di protezione. Il seme fu un’innovazione straordinaria per la maggiore possibilità di sopravvivenza che offriva alla specie: una struttura più complessa ed efficace rispetto alle semplici spore che piante meno evolute come le felci avevano adottato per la riproduzione.
Il Permiano è però ricordato soprattutto come “punto di svolta” per la storia della vita sulla Terra, per l’ondata di estinzioni di massa che, avvenuta circa 245 milioni di anni fa, ne segnò la fine e siglò definitivamente il passaggio da un’era alla successiva, il Mesozoico, o, come affermano alcuni paleontologi, da un pianeta ancora “arcaico” a uno “moderno”. Complessivamente, si trattò del più grande episodio di estinzione mai verificatosi sulla Terra, ancora più sconvolgente dell’estinzione cretacea (alla fine del Mesozoico) probabilmente più nota perché portò alla scomparsa dei dinosauri. Nell’estinzione permiana scomparve l’85-90% delle forme di vita esistenti: in particolare furono cancellati vasti gruppi di coralli, briozoi, echinodermi, le trilobiti e altri invertebrati, e gli anfibi subirono un notevole declino.
Ancora oggi le ipotesi sulle cause dell’estinzione sono molto discordanti; le più accreditate fanno riferimento a sconvolgimenti climatici, come la riduzione delle zone umide e la progressiva desertificazione delle regioni più interne della terraferma. Nel 2004, a seguito del rinvenimento di tracce di zolfo in rocce della Cina meridionale (risalenti al Permiano), si è fatta strada l’ipotesi dell’impatto di un asteroide di circa 12 km di diametro; tuttavia, altre ricerche sembrano avvalorare l’ipotesi che l’estinzione abbia colpito drasticamente la fauna acquatica ma non altrettanto quella terrestre, il che non sarebbe giustificabile se si ammette la caduta di un asteroide.