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Perfetto.

(dal latino perfectus, der. di perficio: compio). Pienamente realizzato, completo di ogni proprietà inerente alla sua natura; del tutto corrispondente alla sua funzione. ║ Per estens. - Il massimo grado di una qualità: un p. gentiluomo; ironicamente: un p. cretino. • Rel. - Privo di difetti o limitazioni: Dio è p. • Mat. - Numero p.: V. NUMERO. • Fis. - Gas p. o ideali: V. GAS. • Mus. - Nella notazione mensurale medioevale e rinascimentale, si definiva perfecta la nota di valore triplo a quella immediatamente successiva. In armonia, l'accordo p. risulta dalla sovrapposizione di una terza maggiore e di una terza minore, o viceversa; la cadenza è p. quando dalla dominante conduce alla tonica. • Ling. - Tempo p. o semplicemente p.: tempo del sistema verbale indoeuropeo indicante un'azione compiuta nel passato. In particolare, in latino si distinguono il p. logico, che ai fini della consecutio temporum ha il valore di un tempo principale, atto a indicare gli effetti presenti di un'azione passata, e il p. storico, che ai fini della consecutio temporum ha il valore di un tempo storico, indicante un'azione passata senza alcun rapporto con il presente. Esiste inoltre un p. gnomico o acronico, indicante un'azione metatemporale, frequente nei proverbi e nelle sentenze. • Filos. - Può essere definito p. un mondo materiale increato, inteso come la totalità dell'essere fisico, o un essere spirituale trascendente e originario. Nella storia della filosofia occidentale, i primi a porre con rigore razionale il problema dell'Essere p. furono gli Eleati, che lo definirono come uno, eterno e immutevole, senza individuarne gli attributi di spiritualità e di trascendenza e lasciando aperta la possibilità di interpretazioni materialistiche. Platone attribuì il carattere della perfezione al mondo delle idee, modello della realtà naturale imperfetta plasmata dal Demiurgo. Aristotele considerava p. due ordini di realtà: quella divina e quella fisica del mondo, la cui essenza necessaria non risulta contingente, cioè dipendente da Dio. La filosofia cristiana qualifica Dio come essere p. e il mondo come realtà creata, inevitabilmente contingente e imperfetta. P. è propriamente la natura di Dio; per analogia si definiscono p. i modelli assegnati agli esseri creati (soprattutto all'uomo), quando realizzano pienamente la propria natura. In tal senso l'applicazione del concetto di perfezione è molto estesa, in riferimento a ciò che contiene in sé tutti gli elementi necessari alla sua piena realizzazione, oppure a ciò che corrisponde al proprio modello.