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Peculato.

(dal latino peculatus, der. di peculari: truffare, amministrare in modo disonesto). Dir. - Delitto previsto dall'art. 314 Cod. Pen., consistente nella appropriazione indebita di denaro o altro bene mobile commessa dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio che ne abbia il possesso o la disponibilità per ragioni inerenti al suo ufficio. Il possesso deve consistere nella possibilità di disporre, al di fuori della altrui sfera di vigilanza, della cosa, sia in virtù di una situazione di fatto, sia in conseguenza della funzione giuridica esplicata dall'agente nell'ambito dell'Amministrazione. Le disposizioni di legge in materia di p. hanno la finalità di vigilare sulla onestà dei funzionari della Pubblica Amministrazione, nonché di salvaguardare il patrimonio pubblico e privato. La L. 26-4-1990, n. 86, infatti, ha modificato la precedente normativa in materia, abrogando di fatto ogni distinzione tra l'appropriazione indebita di beni appartenenti alla Pubblica Amministrazione e quella di beni appartenenti a privati, che in precedenza costituiva la distinta figura giuridica del reato di malversazione a danno dei privati. Anteriormente alla promulgazione della L. 86, inoltre, il Codice prevedeva che il reato di p. potesse consistere tanto nella appropriazione quanto nella distrazione del denaro o del bene altrui da parte del pubblico funzionario; si creavano così problemi interpretativi notevoli nel caso in cui la distrazione venisse operata dal funzionario non a profitto proprio e a scopi privati, ma per finalità pubbliche, peraltro estranee alle competenze del suo ufficio di appartenenza. La nuova legge del 1990 ha distinto queste due ipotesi, facendo rientrare la seconda nella nuova figura giuridica del reato di abuso di ufficio (art. 323 Cod. Pen.). Il reato di p. è punito dalla legge con la reclusione dai tre ai dieci anni, e con la interdizione perpetua dai pubblici uffici. Meno grave è la pena prevista per la nuova figura criminosa del cosiddetto p. d'uso (comma II dell'art. 314 Cod. Pen.), che si verifica quando il colpevole abbia agito al solo scopo di fare un uso momentaneo della cosa, restituendola subito dopo: in questo caso la reclusione va dai sei mesi ai tre anni, con interdizione solo temporanea dai pubblici uffici. Infine il Codice Penale punisce all'art. 316 il p. mediante profitto dell'errore altrui, che si verifica quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell'errore altrui, riceve o ritiene indebitamente per sé o per un terzo, denaro o altre utilità. Si tratta di una forma attenuata del reato di p. in senso stretto, in quanto non comprende il previo possesso del bene sottratto. Il colpevole è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.