Dignità, grado di patriarca nella Chiesa. ║ Periodo durante il
quale viene esercitata l'autorità di un patriarca e territorio su cui si
estende la sua giurisdizione. ║ Tipo di organizzazione sociale, a
discendenza patrilineare, in cui i figli ereditano dal padre il gruppo di
appartenenza, il nome, il patrimonio e i diritti, trasmettendoli a loro volta ai
discendenti di sesso maschile più vicini in linea diretta. • Etn. -
Sistema sociale in cui autorità e proprietà familiare sono
controllate dal più anziano membro di sesso maschile di un gruppo. La
trasmissione dei diritti avviene secondo la patrilinearità e, nella
maggior parte dei casi, la primogenitura. La scuola etnologica evoluzionista ha
discusso a lungo se il
p. costituisse una tappa, nel percorso evolutivo
delle forme sociali, successiva al matriarcato
(V.). Attualmente, l'assenza di documentazione
positiva su reali forme matriarcali (che non si riducano a
matrilinearità) ha esaurito il dibattito sulla questione. Per quanto
riguarda il
p., esso verosimilmente riguardò in origine la
famiglia singola e si consolidò con l'allargarsi dell'unità minima
sociale a "grande famiglia" e poi a clan. Il maschio più anziano deteneva
non solo l'autorità sociale, ma anche quella politica e religiosa a
garanzia della coesione di un gruppo che comprendeva fino a quattro generazioni.
La concentrazione di ricchezze, derivante da tale organizzazione,
determinò anche il sorgere della poligamia e la nascita dei contratti
matrimoniali in cui, in pratica, la moglie veniva acquistata. Sistema sociale
tipicamente protostorico, il
p. fu però alla base di tutte le
civiltà storiche, la cui forma prevedeva la preminenza e il privilegio
maschile rispetto alle donne: tali civiltà rappresentarono un
temperamento del potere patriarcale in quanto le sue prerogative furono in parte
mutuate dalla superiore autorità statale (cittadina, nazionale o
sovranazionale che fosse). Fra gli esempi tipici di società patriarcali
possono essere citate quelle di ambito mongolo, cinese e semitico. • Rel.
- Nelle confessioni cristiane cattolica e ortodossa, termine che indica sia il
massimo grado nell'ordine episcopale, per dignità e giurisdizione
canonica, sia il territorio su cui viene esercitata tale autorità. Il
p. è attestato con certezza almeno dal 325, quando il primo
concilio ecumenico di Nicea accettò come lecita l'antica consuetudine per
cui il vescovo d'Alessandria d'Egitto (successore di Marco che lì era
stato inviato da Pietro) esercitava la propria autorità sui vescovi della
diocesi civile romana dell'Egitto. In precedenza, però, questo titolo
doveva già essere stato riconosciuto ai metropoliti di Roma (per
l'Occidente e in quanto cattedra di Pietro) e di Antiochia (per la Siria e in
quanto prima cattedra vescovile di Pietro). Tale riconoscimento fu accordato
anche al vescovo di Costantinopoli (per l'Oriente, in quanto nuova Roma) dal
concilio del 381 e a quello di Gerusalemme dal Concilio di Calcedonia del 451.
Fu anche stabilita una gerarchia fra
p., nell'ordine: Roma,
Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme. Si era giunti così a
una suddivisione territoriale della Chiesa in pentarchia (a cui corrispondevano
le cinque basiliche patriarcali romane), che ispirò la norma secondo cui
decisioni relative alla Chiesa universale potevano essere adottate validamente
solo con il consenso di tutti e cinque i
p. È forse per questa
ragione che l'assetto della pentarchia finì per alterarsi con il nascere
delle grandi eresie cristologiche ed il loro diffondersi nelle diocesi
d'Oriente. Nel VI sec. l'unità del
p. antiocheno si infranse a
causa dello scisma monofisita e ad Alessandria d'Egitto, analogamente a
Costantinopoli, l'autorità dei patriarchi melchiti ortodossi fu
contrastata dai patriarchi copti (eterodossi). Nel 518 il sinodo di
Costantinopoli attribuì il titolo di
patriarca ecumenico al
proprio vescovo Giovanni II e tale titolo, benché invalidato e proibito
dal potere pontificio e imperiale, non fu più abbandonato dai patriarchi
di Costantinopoli, attualmente sede ecumenica dei
p. ortodossi. Con lo
scisma del 1054, verificatosi mentre era patriarca a Costantinopoli Michele
Cerulario (1000-58 circa), i quattro
p. d'Oriente si separarono da Roma e
furono presto affiancati da numerosi altri (
p. scismatici). A partire dal
Medioevo e per diversi secoli, e ancora all'indomani della prima guerra
mondiale, si verificò la moltiplicazione di queste istituzioni, spesso
dovuta alle tendenze autonomiste delle chiese nazionali che, dichiaratesi
autocefale, elessero propri patriarchi (Belgrado, Bucarest, Georgia, Sofia,
ecc.). Nel 1589 fu creato il
p. di Mosca, che si proclamò "terza
Roma'' e la sostituì, appunto, nella pentarchia ortodossa, esercitando
reale influenza sul Cristianesimo russo e slavo, mentre il
p. di
Costantinopoli veniva dichiarato e riconosciuto come
primus inter pares
(V. anche
ORTODOSSO). Tuttavia, anche in queste regioni
orientali, si mantennero dei nuclei uniti a Roma (o riunitisi in un secondo
momento), cui fu riconosciuta dal Papato la dignità di
p. uniti
fra cui:
p. armeno di Cilicia, quello dei copti e dei melchiti di
Alessandria, quelli armeni di Costantinopoli e Gerusalemme, quello dei Siri, dei
melchiti e dei maroniti di Antiochia, ecc. Tutti i patriarchi cattolici di rito
orientale sono anche cardinali, eletti da un sinodo patriarcale ma confermati
dalla Santa Sede. I loro poteri, comunque più ampi rispetto a quelli
degli altri metropoliti occidentali in quanto possono emanare leggi
ecclesiastiche e indire sinodi nel territorio patriarcale, variano in relazione
ai singoli decreti di unione con la Chiesa romana. In Occidente, quello di Roma
rimase per un certo periodo l'unico
p., cui poi si aggiunsero i
cosiddetti
p. latini d'onore: il primo fu nel VI sec., in seguito allo
scisma poi ricomposto dei Tre Capitoli, il
p. di Aquileia, da cui il
titolo passò a Grado e, nel 1451, a Venezia. Durante le Crociate si
costituirono, in opposizione a quelli scismatici, i
p. latini di
Alessandria, Antiochia e Costantinopoli, soppressi solo nel 1964. Dopo la
scoperta delle Americhe furono istituiti il
p. di Madrid per le Indie
Occidentali (1540), quello di Lisbona (1716) e quello di Goa, per le Indie
Orientali (1886). Nella Chiesa romana occidentale il titolo di patriarca
è ormai puramente onorifico e i poteri ad esso relativi sono in tutto
equivalenti a quelli degli altri responsabili di diocesi ed arcidiocesi.