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Pastorizzazione.

Tecnica per la conservazione di alimenti liquidi o semi-liquidi, consistente nel portare le sostanze da trattare a temperature comprese tra i 60 °C e gli 80 °C in modo da neutralizzare i microrganismi patogeni. La p. non provoca alterazioni gravi nelle sostanze contenute nell'alimento, che conserva inalterato gran parte del suo potere nutritivo e la maggior parte delle sue caratteristiche organolettiche. I settori di impiego della p. sono principalmente l'industria alimentare e quella farmaceutica. • Encicl. - Il termine p. trae il suo nome dal chimico e biologo L. Pasteur il quale, da un serie di studi sulle cause delle alterazioni del vino e della birra, concluse che esse erano dovute a un accrescimento di microrganismi, che avveniva anche in recipienti ermeticamente chiusi. Già l'italiano L. Spallanzani aveva dimostrato l'inattivazione della maggior parte dei microrganismi attraverso la sterilizzazione (riscaldamento prolungato a bagnomaria o in autoclave), ma questa tecnica provocava spesso notevoli alterazioni negli alimenti. La proposta di Pasteur fu raccolta dai vinificatori austriaci, che per primi introdussero questa tecnica nella conservazione degli alimenti. ║ Oggi la p. è un processo comune per moltissimi alimenti. Si usa distinguere tra una p. alta, che viene condotta a temperatura elevata (85-120 °C) per poche decine di secondi, e una p. bassa, che viene condotta a temperatura inferiore (55-85 °C), con tempi che variano da qualche minuto ad alcune decine di minuti. Come nella sterilizzazione, anche nella p. una parte della carica microbica, e precisamente i germi termofili e sporigeni, non viene distrutta; inoltre, viene demolita più facilmente negli alimenti a reazione acida che in quelli a reazione basica. La tecnica della p. ha ormai raggiunto una grandissima diffusione, rappresentando uno dei migliori mezzi per la conservazione di molti alimenti, e in particolare dei liquidi. La si applica al latte, alla birra, al vino, ai succhi di frutta e agli omogeneizzati per l'infanzia, ma anche a sciroppi, aceto, miele, frutta sciroppata, gelati, ciliegie conservate, uova. ║ P. del latte: subisce un trattamento di p. il latte a lunga conservazione. Il processo può consistere in un riscaldamento ad almeno 600 °C, con permanenza a tale temperatura per almeno 30 min continuati, oppure in un riscaldamento a 720 °C con permanenza per almeno 15 min continuati. Le successive operazioni (come il confezionamento) sono condotte senza raffreddare il prodotto, oppure in ambiente sterile. Il trattamento di p. del latte aumenta notevolmente la vita del prodotto anche a temperatura ambiente (finché il contenitore non viene aperto), ma ha anche la funzione di inattivare completamente alcuni germi patogeni come quelli del tifo, del paratifo, della brucellosi e della tubercolosi. Il latte pastorizzato mantiene pressoché invariato il suo potere nutritivo. L'entità del trattamento viene misurata convenzionalmente dalla quantità dell'enzima fosfatasi, presente nel latte non trattato, che viene distrutto nel processo. ║ P. della birra: è praticata al terzo stadio della lavorazione della birra, ovvero dopo l'ammostamento del malto e la fermentazione. Il processo di p. rende possibile la conservazione del prodotto per oltre tre mesi e il blocco dello sviluppo di microrganismi dannosi presenti nel lievito. Dopo le operazioni di filtraggio e di imbottigliamento, le bottiglie vengono sottoposte alla p. tramite acqua calda a pioggia per circa 45-50 min; successivamente la temperatura è alzata a 60 °C per circa 15 min e poi diminuita fino a 20-25 °C. Il potere nutritivo e il gusto dell'alimento non vengono alterati dal trattamento. ║ P. del vino: può essere eseguita sul vino sfuso oppure su quello già imbottigliato. In molti casi è diffusa la p. del mosto appena spremuto, per eliminare alcuni microrganismi che possono interferire con la fermentazione alcoolica. Il trattamento permette di evitare anche le variazioni di colore e l'intorbidamento. La p. del vino imbottigliato avviene tramite un metodo continuo, con il quale le bottiglie passano attraverso una galleria dove ricevono dall'alto acqua scaldata a 50-55 °C, e successivamente vengono raffreddate fino alla temperatura di 35 °C; oppure tramite un metodo discontinuo, con riscaldamento a bagnomaria in cassoni pieni d'acqua, alla temperatura di 45-50 °C. Il vino sfuso, invece, può essere pastorizzato in continuo, in scambiatori di calore a piastre: una volta elevata la temperatura, viene raffreddato fino a 55 °C e imbottigliato in recipienti sterili e caldi. ║ P. dei succhi di frutta: questo trattamento di solito è condotto in condizioni di tempo e/o temperatura più drastici rispetto ai casi precedenti. Anche qui l'operazione viene condotta sul prodotto sfuso oppure direttamente sui contenitori già chiusi, in questo caso riscaldati in forno o in autoclave con vapore. La ragione di un trattamento più energico è legata alla necessità di inattivare alcuni enzimi, che altrimenti attaccherebbero gli zuccheri, presenti in grande quantità nella frutta, impedendo la conservazione per lunghi periodi. La p. dei succhi d'arancia si differenzia, perché avviene dopo la loro raffinazione e la deaerazione. ║ P. dei succhi di pomodoro: è usata non tanto per le conserve, quanto per i succhi destinati a essere consumati come bibite. Il succo viene deaerato, a volte salato, e pastorizzato in scambiatori a piastre, infine viene inscatolato a caldo. ║ P. degli omogeneizzati per l'infanzia: è un procedimento di sterilizzazione rapido denominato p. lampo (120-140 °C per qualche secondo o frazione di secondo), che abbassa notevolmente la quantità di microbi presenti nei prodotti (verdura, frutta o carne).