Qualsiasi pezzetto di materia ridotta in pasta e fatta assodare. ║
Bastoncino di materia colorante ottenuto impastando polveri colorate con acqua e
sostanze agglutinanti e modellando la pasta in piccoli cilindri che si lasciano
seccare; può essere anche racchiuso in una guaina di legno come le comuni
matite (
p. a cera e
a olio). I
p. sono utilizzati per
colorare disegni e per un particolare tipo di pittura. ║ Come aggettivo,
se associato a nomi di colori, ne indica una tonalità chiara:
rosa
p.,
verde p. • Arte - La pittura a
p. si esegue con il
diretto sfregamento del colore con le dita su carta preventivamente preparata.
Questa tecnica, oltre a rendere più viva e delicata la fusione dei toni,
aumenta l'aderenza del colore. Leonardo da Vinci la definì "un modo di
colorire a secco" (
Folio 247 del
Codex Atlanticus), affermando di
averla appresa dal francese Jean Perréalt, giunto a Milano nel 1499. In
realtà, già qualche decennio prima il
p. era comparso con
l'uso di brevi tocchi sui disegni con ritratti (per esempio nel
Ritratto di
Giovenale Orsini di Jean Fouquet del 1460, conservato a Berlino nel
Gabinetto delle Stampe). Nel corso del XVI sec. il
p. fu usato per
rifinire e dare luminosità a dipinti eseguiti con altre tecniche
(carboncino, sanguigna, ecc.). La stagione d'oro del
p. fu il XVII sec.,
in particolare il
Barocco. In Italia operarono S. Mazzoni e i Carracci;
in Francia spiccò J. Vivien. Nel XVIII sec. un ruolo di particolare
importanza fu rivestito dalla pittrice italiana R. Carriera, che con il suo
soggiorno parigino del 1720-21 influenzò tutto lo sviluppo del
p.
in Francia, dove furono famosi J.B. Perroneau e M.Q. La Tour. Nel XIX sec.
continuò la ritrattistica a
p., soprattutto ad opera degli
impressionisti (in particolare Degas) e dei simbolisti. Nel XX sec. gli artisti
utilizzarono il
p. per dipingere paesaggi dai colori violenti e per i
ritratti visionari.