Rapporto e vincolo naturale che lega tra loro persone che discendono l'una
dall'altra o da un ascendente o stipite comune. ║ Nel linguaggio comune,
rapporto fra un coniuge e i parenti dell'altro, giuridicamente definito
affinità. ║ L'insieme dei parenti. ║ Affinità, stretta
relazione fra cose. •
Ling. -
P. linguistica: espressione con cui si designa il rapporto
che intercorre fra due o più lingue che rappresentano diversi svolgimenti
di una stessa lingua.
• Etn. -
Rapporto socialmente riconosciuto fra individui legati da consanguineità
reale o fittizia. La consanguineità è considerata da un punto di
vista sociologico, essendo la discendenza calcolata in base a una sola linea,
materna o paterna. L'analisi antropologica, a partire da L.H. Morgan (
Systems
of consanguinity and affinity of the human family, 1871), considerato il
fondatore degli studi antropologici sulla
p., ha indagato le valenze
normative, simboliche, politiche, economiche delle relazioni di
p.
L'importanza della famiglia coniugale monogamica, nella maggior parte delle
società umane, è stata dimostrata attraverso gli studi di B.
Malinowski e A.R. Radcliffe-Brown. È stata affermata l'esistenza di clan,
che fanno riferimento a un antenato mitico, i cui membri si considerano
consanguinei e rispettano l'esogamia e il principio della solidarietà
economica. L'antropologia ha distinto una terminologia descrittiva, quando i
diversi membri sono indicati con nomi particolari e precisi, e una terminologia
classificatoria, quando lo stesso termine è impiegato per una
pluralità di individui. Gli studi più recenti (D. Schneider) sono
orientati, tuttavia, nel considerare la
p. un insieme di simboli
variabili da cultura a cultura, una costruzione ideologica elaborata da
determinate società per fini ben definiti; viene rigettata la
possibilità di individuare un linguaggio naturale comune ai diversi
sistemi di
p. Lo sviluppo di nuove tecnologie riproduttive ha inoltre
introdotto dei mutamenti nei principi biologici alla base del concetto di
p. •
Dir. - Il diritto romano, in origine, non conferì rilevanza
giuridica alla
p. di sangue (
cognatio), distinguendola
dall'
agnatio, il vincolo di soggezione alla base della famiglia che lega
quanti sono sottoposti a una stessa
manus, o
potestas. Il
principio della consanguineità, anche per influsso del Cristianesimo,
venne accolto nel diritto giustinianeo, in relazione soprattutto con i fini di
eventuali impedimenti matrimoniali, della successione e del diritto agli
alimenti. Si distinsero origine, linea e grado della generazione. La Chiesa
occidentale abbandonò, per quanto riguarda il calcolo dei gradi di
p., il sistema vigente nel diritto romano per assumere quello germanico,
che attribuisce ai collaterali un grado più prossimo di
p.
Nell'Alto Medioevo la Chiesa riconobbe la
p. fino al settimo grado,
considerando questo il limite di impedimento del matrimonio. Secondo il diritto
canonico vigente l'impedimento alle nozze è all'infinito per la
p.
in linea retta, quella per la quale una persona discende dall'altra; fino al
quarto grado per quella collaterale, quella per la quale, pur essendoci uno
stipite comune, le persone non discendono l'una dall'altra. Per il calcolo dei
gradi si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escluso il
capostipite. Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni,
salendo da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo discendendo
all'altro parente, sempre restando escluso lo stipite (per esempio, fra zio e
nipote vi è una
p. di terzo grado, fra cugini vi è una
p. di quarto grado). La legge non riconosce il vincolo di
p. oltre
il sesto grado (artt. 74-77 Cod. Civ.). L'appartenenza all'uno o all'altro tipo
di
p. ha rilevanza in materia di impedimenti matrimoniali, di
riconoscimento di figli naturali, di obbligazioni alimentari. ║
P.
naturale: quella derivante da un vincolo di sangue, indipendentemente dal
sussistere di un vincolo giuridico.