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Paradosso.

(dal greco pará: contro e dóxa: opinione). Enunciato, proposizione o tesi che, per contenuto o per forma, appare contraria all'esperienza comune o al vigente sistema di credenze di riferimento oppure a conoscenze scientifiche ritenute definitive. ║ In senso oggettivo, il termine indica un'affermazione che, pur entrando in contraddizione con principi generali o scientifici, ad un attento esame risulti veritiera. In quanto deduzione corretta da premesse coerenti, una tale affermazione è detta p. vero; quando invece la deduzione, da cui deriva il p., discenda da premesse non coerenti, o errate, oppure contenga essa stessa nel suo svolgersi degli errori, è detta p. falso. ║ In senso soggettivo, si intende per p. qualsiasi affermazione, vera o falsa che sia, appositamente formulata allo scopo di sorprendere e confondere l'uditore o il lettore. ║ In ambito storico-letterario, narrazione di avvenimenti straordinari, storici o naturali (V. PARADOSSOGRAFIA). • Encicl. - Enunciato contrario all'opinione e alla conoscenza comune o che presenta in se stesso una contraddizione. I p. possono essere di tipo logico-matematico (detti anche insiemistici) o di tipo linguistico (detti anche semantici); il p. che conduce a conclusioni del tipo "A è non A" è definito antinomia (V.). Si dice risoluzione di un p. il discernimento della sua origine e delle condizioni logiche che permettono di evitare il suo insorgere. La tradizione filosofica definì come p. gli argomenti di Zenone contro la molteplicità e il moto; allo stato attuale delle conoscenze, però, essi si rivelano falsi p., in quanto partono da premesse che oggi conosciamo come non corrette (ad esempio, il celeberrimo p. di Achille e la tartaruga risulta falso in quanto il suo estensore ignorava il fatto che le serie convergenti infinite hanno un limite finito). I primi veri p. furono quelli semantici formulati dai filosofi della scuola stoica di Megara, i quali li elaborarono per invalidare il processo dialettico della maieutica socratica, dimostrando come esso, se portato alle estreme conseguenze, rendesse inutilizzabile lo stesso strumento del linguaggio. Ad Eubulide di Mileto si deve il celebre p. del mentitore ("se dici che stai mentendo, o dici la verità, e allora menti, o dici il falso, e allora dici la verità"), intorno al quale si misurava ancora nel XX sec. Russel. Lo studio dei p. fu coltivato durante la tarda età scolastica (Summa totius logicae di Guglielmo di Occam), continuò fino al principio del XV sec. (Logica Magna di Paolo Veneto) e riaffiorò nelle cosiddette antinomie kantiane (V. ANTINOMIA), ma ebbe il suo culmine alla fine del XIX sec. e al principio del XX sec., quando si ripropose con una certa urgenza in ambito matematico, in rapporto all'elaborazione della teoria cantoriana degli insiemi (V. INSIEME) e al tentativo di Frege (V. FREGE, GOTTLOB E LOGICISMO) di ricondurre la matematica a semplici termini logici. Segnaliamo qui alcuni p. semantici e logici e alcune teorie proposte per evitare l'insorgere dei p. stessi. ║ P. di Grelling: un aggettivo si dice autologico se si applica convenientemente anche a se stesso, eterologico nel caso contrario. Ad esempio, l'aggettivo "monosillabico" è eterologico, dato che evidentemente esso non è monosillabico, mentre "polisillabico" è autologico, perché definisce veridicamente anche se stesso. Si domanda se l'aggettivo "eterologico" sia eterologico o no. La risposta è paradossale, dal momento che risulta dalla definizione appena data che "eterologico" può essere eterologico solo se non è eterologico. ║ P. di Burali-Forti: riguarda il massimo numero ordinale di insiemi ben ordinati. Posto come T l'insieme ben ordinato avente massimo numero ordinale, l'insieme t di tutti gli insiemi ben ordinati avrà come numero ordinale T+1: ciò significa che T ha e insieme non può avere il massimo numero ordinale. ║ P. di Cantor: dato un insieme X, l'insieme dei suoi sottoinsiemi ha sempre una cardinalità maggiore rispetto a X stesso. Se applichiamo questo teorema all'insieme universale U, deriva che l'insieme dei suoi sottoinsiemi ha una cardinalità maggiore rispetto a U; ma tale insieme dei sottoinsiemi di U è anche compreso da U, in quanto quest'ultimo è l'insieme universale; come un qualunque insieme Y compreso in uno Z ha necessariamente una cardinalità minore o uguale a Z, così dovrebbe essere anche per U e l'insieme dei suoi sottoinsiemi in esso compreso. Da qui la contraddizione. ║ P. di Russel: si riferisce alla definizione di classe di classe, con la quale Frege aveva definito il concetto di numero naturale. Si distingua tra classi che contengono se stesse come elemento e classi che non contengono se stesse come elemento. Si costruiscano poi la classe P di tutte le classi che contengono se stesse come elemento e la classe R di tutte le classi che non contengono se stesse come elemento. Alla domanda se R sia elemento di R non è possibile fornire una risposta che non sia contraddittoria. Infatti, se R contiene se stessa come elemento, siccome tutti i suoi elementi sono classi che non contengono se stesse come elementi, ne consegue che anche R non può essere elemento di se stessa, contraddicendo l'assunto di partenza. Se invece R non contiene se stessa come elemento, essa appartiene alla classe delle classi che non contengono se stesse come elemento (cioè deve essere un elemento di R!) e si ha una nuova contraddizione. ║ Teoria di Russel per l'eliminazione dei p. insiemistici: secondo Russel tutti i p. condividono la caratteristica dell'autoriferimento, essi nascono cioè da un circolo vizioso per cui si suppone che una collezione di oggetti possa comprendere elementi definibili solo mediante la collezione stessa considerata come un tutto. Russel, attraverso la teoria dei tipi, dimostrò come qualsiasi cosa che presupponga il tutto di una collezione non può essere elemento della collezione stessa. Lo stesso p. di Russel sarebbe appunto l'esito di una confusione di livelli o tipi logici: il concetto di classe, infatti, è di tipo più elevato di quello dei suoi membri e pertanto non è assimilabile ad essi. ║ Teoria di Tarski per l'eliminazione dei p. semantici: nel caso dei p. semantici, la teoria dei tipi logici non è applicabile dato che non esiste una gerarchia tra parole e combinazioni di parole. Tuttavia A. Tarski elaborò una teoria, oggi nota come dei livelli del linguaggio e analoga a quella dei tipi logici, secondo la quale esistono differenti livelli di linguaggio. Al livello base sta il linguaggio delle asserzioni che si fanno sugli oggetti ("linguaggio-oggetto"); tuttavia quando vogliamo esprimere qualcosa su questo linguaggio, dobbiamo usare un metalinguaggio, e un meta-metalinguaggio se vogliamo dire qualcosa sul primo metalinguaggio, e così via in una catena potenzialmente infinita. Se applicata, ad esempio, all'antinomia del mentitore, tale teoria rivela che l'asserzione Io sto mentendo esprime contemporaneamente un'asserzione a livello-oggetto e una metalinguistica sulla asserzione del livello-oggetto, dicendo cioè che non è vera. Ma un'asserzione autoreferente, per cui essa stessa deve implicare la propria verità o falsità, ripropone in pratica il p. russelliano delle classi e risulta dunque essenzialmente priva di significato logico. In pratica, secondo questa teoria, non è lecito logicamente utilizzare un medesimo enunciato per affermare qualcosa e contemporaneamente la verità o la falsità dell'enunciato stesso. • Fis. - P. idrostatico: dati alcuni recipienti, aventi base uguale ma forme diverse, e contenenti una quantità di un medesimo liquido, tale per cui in tutti esso raggiunga uguale altezza, la forza esercitata dal liquido sul fondo è la stessa in tutti i recipienti, nonostante la diversità della massa contenuta in essi. Tale forza infatti è la risultante delle pressioni esercitate dal liquido solo sul fondo di ogni recipiente, mentre il peso coincide con la risultante delle componenti verticali delle pressioni esercitate su tutte le pareti. • Econ. - P. del risparmio: in un contesto di parziale disoccupazione della forza lavoro, l'incremento della propensione dei singoli al risparmio determina, a causa di una contrazione della domanda globale, un decremento degli indici di risparmio aggregato. ║ P. del valore: si osserva che i beni di prima necessità (acqua, pane, ecc.) assumono un valore di scambio molto inferiore rispetto a quello di beni non indispensabili o voluttuari (oro, gioielli, ecc.). Tale fatto, già evidenziato dagli studi dell'economista classico A. Smith, si spiega con la scarsità dei secondi rispetto ai primi e dunque con la maggiore utilità marginale ad essi associata.