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Paradiso.

(dal latino paradisus, der. del greco parádeisos, der. dell'avestico pairidaçza: giardino recintato). Nell'accezione comune, luogo di perfetta letizia destinato come premio ai giusti perché vi risiedano dopo la morte. Si contrappone alla nozione di inferno, luogo di pena per i malvagi. ║ Fig. - Condizione di beatitudine, di felicità. Stato di grande benessere. ║ Fig. - Luogo ameno, pacifico, di grande bellezza. ║ P. terrestre: la versione greca della Bibbia dei Settanta rese con il termine greco parádeisos l'ebraico Gan 'eden: giardino di delizie, donde il termine E`den (V.). Situato ad Oriente, è chiamato così il luogo in cui, secondo il racconto della Genesi, visse la prima coppia umana, godendo la pace, l'intimità con Dio e la prosperità della natura. Il peccato fu la causa della cacciata dell'uomo da questa terra di iniziale beatitudine. La letteratura apocrifa ebraica produsse una riflessione sul p. terrestre (Enoc, Libro dei giubilei, ecc.), secondo la quale era riconoscibile l'eredità di quello nella fecondità della Terra Promessa ("dove scorrono latte e miele"). Numerosi fra i sistemi mitologici noti comprendono, entro metafore più o meno complesse, un riferimento a luoghi o paesi in cui in origine gli uomini avevano sperimentato una felicità compiuta e una vicinanza con la divinità; tale condizione era stata interrotta a causa di un "peccato originale" che, tuttavia, ha raramente natura di colpa morale e più spesso si qualifica come errore o destino ineluttabile (si pensi all'età aurea classica, al regno di Yima avestico, alle città divine sumeriche, ecc.). • St. delle rel. - Numerose religioni, contemplando l'idea di una sopravvivenza dopo la morte, ebbero la nozione di un luogo paradisiaco e di uno stato felice riservato ad alcuni eletti, che non necessariamente però coincidevano con i "buoni". Durante il Regno Antico, ad esempio, gli Egizi concepirono la possibilità di un'esistenza positiva nell'al di là, il cui raggiungimento, però, era legato più che al comportamento morale alla corretta conservazione del corpo fisico del defunto. Le religioni semitiche non avevano nozione di un p.: nella fase più antica dell'Ebraismo è testimoniato solo lo sheol (luogo di oscurità), cui erano destinati tutti i defunti senza distinzioni. Solo in un secondo tempo la religione israelitica accettò, pur senza una definitiva sistemazione dottrinale, l'idea di un premio per i giusti presso Dio. Le religioni classiche greca e latina prevedevano una vita lieta nelle Isole dei beati o nei Campi Elisi. Il Walhalla dei Germani consisteva in una sorta di p. solo per i guerrieri caduti in battaglia, ma in un contesto di generale scetticismo rispetto all'aldilà. Le religioni indiane, antiche e moderne, risultano invece completamente estranee all'idea occidentale di p. (ad esclusione di taluni aspetti del Buddhismo mahâyâna), dal momento che per esse il fine è l'annullamento dell'essere individuale nella divinità o nell'Assoluto. Una nozione complessa di p. fu invece presente nel Mazdeismo ed esercitò una grande influenza nella formazione delle successive visioni giudaico-cristiana e islamica. Secondo il Mazdeismo, le anime, giudicate dopo la morte, avrebbero atteso in pace e letizia l'apocatastasi dell'universo, e solo in seguito ad essa sarebbero state ammesse al p. vero e proprio a godere della gloria divina. Il p. islamico è descritto esplicitamente dal Corano, ma secondo immagini tanto materiali (godimento di cibo, bevande, profumi, piaceri sensuali e sessuali, ecc.) che fu a lungo ritenuto espressione di concezioni rozze e incapaci di vera trascendenza. In realtà gli studiosi e i teologi musulmani stessi hanno fatto notare come tale descrizione sia da leggere in chiave simbolica ed evocativa e si inserisca nel medesimo tipo letterario di tradizione sensuale, di cui è esempio emblematico il biblico Canto dei Cantici. • Teol. - In tutto il Nuovo Testamento il termine p. compare tre volte e solo una nei Vangeli, quando Gesù si rivolge al buon ladrone dicendo: "Oggi sarai con me in p." (Luca, 23, 43). Nel Cristianesimo il termine assunse, proprio a partire da questo passo, il significato non tanto di un luogo quanto di uno stato di beatitudine, definito dal rapporto immediato e intuitivo con Dio stesso e da Lui concesso per Grazia; tuttavia la descrizione del p. e delle sue felicità furono oggetto ricorrente di numerosi scritti apocrifi cristiani, di cui Dante, ideando il suo Paradiso, doveva certo essere a conoscenza. Una volta ridimensionata l'attesa escatologica propria del Cristianesimo delle origini, il termine fu inserito dalla teologia cristiana nel discorso sui "novissimi" (gli eventi ultimi: morte, giudizio, inferno, p.), per il quale si stabilì che l'anima (personale e immortale), dopo la morte del corpo, se meritevole, viene separata da quelle dei reprobi e acquisisce uno stato di beatitudine, vissuto in comunione con gli altri giusti, in cui gode la visione di Cristo. Fu Agostino a introdurre una distinzione fra cielo e p., intendendo con il primo il luogo in cui dimorano le anime dei beati dopo la morte individuale, e con il secondo il luogo in cui esse si recheranno riunite ai loro corpi dopo il Giudizio finale. A tale visione si oppose, fra gli altri, Scoto Eriugena, per il quale il p. si distingueva dal mondo in termini esistenziali e relazionali e non meramente spazio-temporali. Tuttavia la disputa teologica di maggior spessore riguardante la nozione di p. si ebbe intorno alle affermazioni di papa Giovanni XXII, secondo cui la visione beatifica di Dio sarebbe stata concessa alle anime solo dopo la Resurrezione dei corpi e il Giudizio finale. Ad assoluta confutazione di questa dottrina, nel 1336 Benedetto XII proclamò come verità di fede che le anime godono dell'intuizione e visione diretta di Dio senza intermediari subito dopo la morte individuale (ovviamente nel caso in cui esse siano pure da peccati o si siano purificate nel purgatorio). Attualmente la teologia non insiste tanto sulle caratteristiche della beatitudine (se puramente intellettuale o no) di cui l'anima gode in p., quanto sul fatto che questa condizione è fondata e sostanziata dall'amore di Dio e in essa viene conservato e valorizzato tutto il positivo della vita terrena.