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Paracelso.

Forma italiana di Paracelsus Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus, pseudonimo di Philipp Theophrast von Hohenheim. Medico, alchimista e filosofo tedesco. Figlio di un medico, studiò presso gli atenei di Basilea e Vienna e forse anche a Würzburg con Tritemio. La sua presenza è documentata in Tirolo nel 1514-15, quando lavorò con l'alchimista Sigismund Fugger, e certi sono anche i numerosi viaggi compiuti da P. in tutta Europa, in Russia e in Oriente, dove si recò al seguito delle truppe veneziane come chirurgo militare. Nel 1526, di ritorno a Basilea, guadagnò fama per aver operato la guarigione di un malato ritenuto incurabile dagli altri medici. Per questo motivo gli fu anche affidata la cattedra universitaria di Medicina, malgrado egli non avesse ancora conseguito una laurea ufficiale. Tuttavia, il carattere spregiudicato del suo insegnamento (simboleggiato dal pubblico rogo che egli fece dei libri di Galeno e Avicenna in segno di disprezzo) e la scelta di tenere le proprie lezioni in tedesco anziché in latino, gli procurarono l'ostilità dell'ateneo e lo costrinsero a lasciare la città già nel 1528. In quel frangente adottò il nome di P., per sottolineare la propria lontananza culturale e scientifica dalla scuola galenica e, al contrario, l'aspirazione a farsi erede del pensiero di Celso (V. CELSO, AULIO CORNELIO), medico e filosofo neoplatonico, pensatore "integrale", imitando il quale P. mirava a realizzare in sé la figura del medico esperto in ogni campo del sapere, perché in grado di attingere i segreti ultimi dell'uomo e della natura. Lasciata Basilea P. riprese i viaggi attraverso l'Europa, durante i quali compose le sue opere maggiori; fu a Norimberga, in Baviera e in Boemia, a Ferrara (presso la cui università conseguì la laurea in Filosofia e Medicina). Nell'aprile 1541 fu chiamato a insegnare presso l'università di Salisburgo, ma morì in circostanze sospette, forse avvelenato dai suoi detrattori. La prima edizione completa dei suoi scritti fu postuma, pubblicata a Basilea nel 1589-91 in 12 volumi. Tra i più significativi ricordiamo: Paragranum, Opus paramirum (sulle cause delle malattie), Chirurgia magna, Astronomia magna, Septem defensionem (un'apologia del suo pensiero), Labyrinthus medicorum errantium; fu autore anche di testi di argomento "magico", quali Del fondamento ed origine della scienza e delle arti e Arcidosso della magia. P. fu esponente significativo del Naturalismo tedesco del Cinquecento e originale interprete del pensiero rinascimentale: perseguì la realizzazione dell'Umanesimo nella medicina, cioè nella cura dell'"uomo integrale", cui dovevano concorrere, a suo parere, la conoscenza iniziatica ed esoterica dei segreti del cosmo. La sua idea di medicina poggiava infatti, per esplicita ammissione, sulla filosofia (in quanto conoscenza generale dei principi dell'universo), sull'astronomia (in quanto conoscenza dei rapporti e dell'influenza degli astri sul mondo naturale e sull'uomo), sull'alchimia (in quanto capacità di intervenire sulla natura per utilizzarne le forze e le rispondenze a fini terapeutici) e infine sulla virtù (in quanto abilità pratica e moralità del medico che agisce). Inserito a buon diritto nel pensiero naturalista di tipo magico-platonico, P. concepì l'universo come un vasto organismo unitario, le cui singole parti erano fra loro legate da rapporti di tipo analogico e in cui l'uomo era inserito, come microcosmo in un macrocosmo, riflettendo in sé quei medesimi rapporti. Come l'universo, l'essere umano racchiudeva dunque per P. una sfera astrale e una terrestre e, come l'universo, l'individuo era il risultato dell'equilibrio fra i tre principi che Dio stesso aveva tratto dalla materia indistinta per originare il mondo: Zolfo (corpo), Mercurio (anima) e Sale (spirito). P. interpretò l'insorgere della malattia come uno squilibrio "chimico" tra principi costitutivi, che il medico doveva combattere mediante terapie basate sulle forze fisiche e sulla chimica. Elaborò per primo una pratica medica alternativa a quella galenica dei "cinque umori" e ai tradizionali farmaci di origine vegetale. A P. si devono infatti sia importanti osservazioni in campo clinico, sia innovazioni in campo terapeutico, e in particolare in quella che fu definita iatrochimica, precorritrice della moderna farmacologia. Egli (che tra l'altro si avvicinò al concetto di "corpo puro", cioè di sostanza avente proprietà chimico-fisiche costanti), scoprì l'etere solforico, isolò l'idrogeno, negò che l'aria fosse un corpo semplice, introdusse l'uso terapeutico del piombo, del laudano, dell'oppio, del mercurio, dello zolfo, dell'antimonio, del ferro, dell'arsenico e degli estratti alcolici in genere. Furono molti gli artisti e gli uomini di cultura che subirono la sua influenza e celebrarono la sua figura: Shakespeare, Böhme, Spinoza, Meyer, Goethe, ecc. In ogni caso, a partire dal XVI sec., la vita e la persona di P. furono idealmente collegate alla leggenda di Faust (Einsiedeln, Zurigo 1493 - Salisburgo 1541).