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Papiro.

Nome volgare della pianta erbacea perenne Cyperus papyrus, della famiglia Ciperacee, monocotiledone, originaria dell'Egitto e dell'Arabia. È caratterizzata da un rizoma grosso e strisciante, ricco di amido e commestibile; il suo stelo, robusto e liscio, a sezione triangolare, raggiunge un'altezza compresa tra i 2 e i 5 m e termina con infiorescenze a ciuffi ombrelliformi. Attecchisce nelle zone palustri, lungo le rive dei fiumi e dei laghi, in Siria, Palestina, Africa tropicale e meridionale. Si trova anche in Sicilia, dove potrebbe essere originaria e non importata dagli Arabi. Nell'antichità era largamente diffusa lungo il fiume Nilo, soprattutto negli acquitrini della regione del delta, e costituiva una delle principali ricchezze dell'Egitto; dalla documentazione archeologica risulta che gli Egizi usavano il p. per fabbricare corde, stuoie e panieri, vele, perizomi, sandali e anche imbarcazioni. Ma, soprattutto, ebbe notevole importanza in quanto fu usato per costituire un materiale scrittorio di grande leggerezza, flessibilità e resistenza. Il suo nome egizio era w'd (il vigore) e twfi (la giovinezza), ma i Greci tramandarono tale pianta con il nome di byblos (Erodoto) e di papyros (Teofrasto), ed è con tale nome che è conosciuta ancora oggi. ║ Materiale scrittorio diffuso nell'antichità presso gli Egizi, gli Ebrei e il Medio Oriente in genere, e in particolare durante il periodo ellenistico, in tutto il mondo greco-romano. ║ Per estens. - Carta o documento scritto o stampato su foglio di carta. ║ Fig. - Scrivere un p.: detto in forma scherzosa di uno scritto molto esteso. • Encicl. - Si ricavava dalla particolare lavorazione della sostanza bianca e spugnosa estratta dalla parte interna del fusto della pianta di p., il midollo o parenchima cellulare; questo veniva tagliato in strisce sottilissime (schedae o plagulae latine o phlyrai greche), quindi si costituiva una sorta di telaio, sovrapponendo a incrocio due strati di listarelle, strettamente affiancate, su una superficie piana. Il tutto era bagnato e pressato, lasciato essiccare e levigato, per renderlo il più sottile e liscio possibile. Ne risultava una pagina di colore chiaro, quasi bianco, che con il tempo si ingialliva. Incollando uno accanto all'altro i fogli papiracei, si otteneva una lunga striscia che costituiva un rotolo, chiamato dagli Egizi šfdu, dai Greci tómos e dai Romani volumen, la cui lunghezza era variabile; celebre è il Papiro Harris del Nuovo Regno, lungo 45 m, conservato al British Museum di Londra. In epoca romana e imperiale il foglio papiraceo non era solo arrotolato, ma anche piegato in quattro e costituiva i quaderni, usati per la produzione di libretti; tale innovazione è attribuita dallo storico Svetonio a Giulio Cesare. Per scrivere sulle pagine papiracee si usava uno stilo di giunco appuntito a un'estremità, ma in epoca romana si preferì una cannuccia appuntita, detta calamo. Si usavano due colori: il nero per stendere il testo, e il rosso per i titoli e la particolare punteggiatura. Durante il Regno Antico si scriveva lungo linee verticali affiancate, mentre durante le dinastie del Nuovo Regno si preferì l'andamento orizzontale, da destra verso sinistra. In genere, la faccia le cui fibre delle strisce papiracee sono parallele alla scrittura è detta dai papirologi recto, la faccia opposta verso: i testi letterari e i documenti di una certa rilevanza erano scritti sul recto, al contrario il verso era usato per i documenti di valore secondario. Non è possibile definire con esattezza quando tale materiale scrittorio fu inventato: dai reperti archeologici si può supporre che già fin dalla I dinastia (3407-3143 a.C.) dell'Antico Regno esistesse il foglio papiraceo. Uno dei più antichi documenti scritti papiracei giunti fino a noi è quello costituito di 12 rotoli rinvenuti in una tomba presso Gebelein, nell'Egitto meridionale, risalenti alla V dinastia dell'Antico Regno (2715-2587 a.C.). I Greci conobbero il p. attraverso i Fenici: il nome greco byblos dato al p. è tratto dal nome della città fenicia di Biblo. La sua diffusione in tutta l'area mediterranea attesta che la sua produzione doveva essere notevole, soprattutto in epoca ellenistica, quando passò direttamente sotto il controllo della casa regnante dei Tolomei (secc. IV-II a.C.). Uno dei principali centri di produzione era Sais, nel Delta. Con la conquista araba dell'Egitto nel VII sec. d.C., la produzione e il commercio del p. si ridusse notevolmente, in quanto nel mondo cristiano si preferì come materiale scrittorio la pergamena. Tuttavia la produzione si estinse solo nel XI sec. ║ Testo o documento scritto su p.: p. egizi, ercolanensi, aramaici, ebraici. Gli antichi p. egizi e greci contengono anche delle illustrazioni, vere opere artistiche, una sorta di vignette, che rappresentavano il contenuto del testo, come i Libri dei morti.