Stats Tweet

Panteismo.

Termine che definisce ogni dottrina filosofico-religiosa che identifica la divinità col mondo o che consideri ogni cosa di natura divina. Nel p., perciò, si afferma l'assoluta unità e unicità dell'Essere, ossia l'assoluta identità tra Dio e l'universo. Il termine fu introdotto all'inizio del XVIII sec. dal filosofo inglese J. Toland e ripreso da J. Fay per indicare la teoria metafisica e cosmologica secondo cui non vi è che una sostanza unica della quale le cose sono parti (p. sostanzialistico), o manifestazioni (p. dinamico), o rappresentazioni soggettive dell'unico spirito (p. idealistico). Pertanto il p. è l'espressione estrema dell'esigenza dell'unicità, che però tiene conto della molteplicità concreta delle cose le quali, appunto in quanto molteplici, si contrappongono alla unità divina, pur partecipandovi in qualche modo (senza di questo non ci sarebbe p., ma semplicemente monoteismo, implicante la rigida trascendenza della divinità rispetto alle cose). Il p. assume forme diverse, a seconda di come viene concepito il rapporto tra la totalità delle cose e la sua essenza divina. Si distingue così tra p. acosmistico, ossia negatore del mondo (che caratterizza, per esempio, la concezione buddhista), dove il principio dell'unità delle cose è portato fino a considerare come mere apparenze gli aspetti di molteplicità delle cose, e un p. naturalistico, proprio del mondo classico e del suo orientamento oggettivista. Esso identifica Dio con la realtà cosmica e propugna una concezione di sostanza cosmica che contiene in sé il proprio principio animatore cui viene attribuito un carattere divino, non distinto dal mondo. In tale forma il p. ha caratterizzato lo Stoicismo e, in certa misura, tutte le forme di Positivismo e di Naturalismo, avvicinandosi all'Ateismo, in quanto in esso si ha la negazione di Dio come entità indipendente e distinta dalla natura. Il p. naturalistico informa di sé le filosofie elatica ed eraclitea, anche se, nella prima, l'unità, che si presenta astratta e statica, esclude la molteplicità; mentre nella seconda, in cui si presenta concreta e dinamica, si articola e vive nella molteplicità. In ogni caso ritroviamo caratteri panteistici in pressoché tutta la filosofia greca, dal Neoplatonismo al sistema plotiniano (p. emozionistico). Il p. più sistematico e conseguente, nel mondo antico, si ha nella metafisica stoica e in tale forma il p. avrà poi nel Rinascimento i suoi continuatori. Si ricorda il filosofo tedesco J. Böhme, la cui dottrina rientra nella corrente della mistica tedesca, nella quale prevale il motivo della rivelazione diretta e perenne del divino nell'uomo e nel mondo. Si tratta di un motivo che, nel Rinascimento, si era andato precisando sempre più in una visione panteista che ebbe il suo maggiore esponente in Giordano Bruno. In senso più generale, può essere considerato panteistico ogni sistema filosofico che, ponendo un principio assoluto della realtà, faccia derivare da quello i suoi aspetti particolari, senza quindi mantenere quel principio nella sua rigida trascendenza; così si è parlato di p. idealistico. Di p. non acosmistico si può parlare nel caso della concezione spinoziana del mondo. Per Spinoza, la realtà di tutte le cose è divina, perché unica è la loro sostanza, la quale è Dio; e d'altra parte le cose non svaniscono nel nulla, perché permangono nella sostanza come modi dei suoi attributi. Dio, quindi, si identifica con l'ordine razionale della realtà che è la sua stessa essenza. Di quelli che Spinoza definisce gli "infiniti attributi" di Dio, noi non ne conosciamo che due, pensiero ed estensione, che si concretizzano nei "modi", cioè negli individui. Nel pensiero di Spinoza, Dio viene definito natura naturans e i modi, che nel loro ordine necessario riproducono l'essenza divina, definiti natura naturata. In tal modo egli raggiunge un perfetto monismo metafisico: non vi è che una sola realtà e tutto è spiegabile mediante un solo principio. La concezione panteista spinoziana influì sui sistemi di Fichte, Schelling, Schleiermacher, Schopenhauer, Hegel, il cui panlogismo maturò nel clima panteistico del Romanticismo. Nella concezione hegeliana, Dio è l'idea che genera il tutto e si identifica con esso, in un continuo superamento e rinnovamento, ossia in un processo in continuo svolgimento, che è lo svolgimento della storia. Il p. venne spesso avversato perché accusato di essere un elemento destabilizzante delle teologie ufficiali e delle religioni, in quanto centri di potere. Esso infatti pone su uno stesso piano tutte le credenze, per cui le religioni vengono ridotte a simboli di una verità inaccessibile. Sospendendo il rapporto io-tu tra uomo e Dio e negando la trascendenza della divinità rispetto al mondo, il p. annulla nell'essere umano, in quanto partecipe della natura divina, la necessità della sottomissione e dell'adorazione verso Dio. Nell'origine eminentemente speculativa del concetto di p. è pur tuttavia riconoscibile un nucleo di intuizione lirico-mistica, e in quanto tale viene considerato come formula intellettualizzata di un'originaria esperienza mistico-estetica. Varie religioni presentano aspetti che possono definirsi panteistici, nella misura in cui l'universo viene concepito come unità; tale concezione si potrebbe ravvisare nelle religioni primitive, dove è avvenuto un processo spontaneo di identificazione della divinità con il mondo sentito come un Tutto. Tuttavia questa idea religiosa implica ancora una netta distinzione tra Dio (o mondo) e uomo. Questo rapporto uomo-Dio resta per lo più inalterato anche nella religione politeistica. La vicinanza massima al concetto di p. è in una particolare corrente del Brahamanesimo, in cui però ha ormai gran parte la speculazione filosofica; qui viene esplicitamente affermata l'identità tra Brahman (concepito come Dio universale, comprendente in sé tutte le divinità e manifestantesi nel cosmo) e l'ātman, cioè l'essenza dell'Io. Accenni a una tendenza panteistica non mancano neanche in altre religioni, benché si trovino per lo più in una sfera intermedia tra religione e filosofia: così, nella Grecia antica, gli orfici esaltavano Zeus al punto da identificarlo con il Tutto.