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Pantagruel.

(o Gli orribili e spaventevoli fatti e prodezze del molto rinomato Pantagruel, re dei Dipsodi, figlio del gran gigante Gargantua). Romanzo di François Rabelais, pubblicato nel 1532 e più tardi inserito in una vasta opera satirica, pubblicata in varie riprese tra il 1532 e il 1564, alla quale si dà il titolo di Gargantua e Pantagruel. Argomento della narrazione sono l'infanzia di P., figlio del gigante Gargantua, gli studi da lui compiuti in diverse città della Francia e il suo arrivo a Parigi, dove il padre gli consegna una lettera, la parte più interessante del libro, in quanto rappresenta un documento della nuova cultura del Rinascimento con un'importante esposizione di criteri pedagogici rivoluzionari per l'epoca. Successivamente P. incontra Panurgo, personaggio stravagante al quale è dedicata la parte centrale del libro, che si conclude poi con la guerra vittoriosa contro i Dipsodi. P. è un lungo romanzo avventuroso, concepito, come Rabelais stesso afferma, "per attenuare la malinconia dell'umanità"; in realtà, le fantasie del racconto si mescolano con una visione satirica del mondo, mai espressa però in forma amara. Nell'opera è importante osservare la ricchezza del linguaggio, che mescola lingua colta, dialetto e numerosi neologismi. Emerge la posizione critica dell'uomo rinascimentale di fronte al pensiero del Medioevo e la sua fiducia nelle conquiste dello spirito, ribelle a tutte le regole che cercano di irretirlo. L'autore colpisce la società del suo tempo in tutti i settori, senza riguardo neppure per la cultura umanistica, che spesso si riduce a retorica e a linguaggio elegante. Ne esce il quadro complessivo di un'epoca, dal quale Rabelais trae la conclusione da trasmettere ai lettori: solo ciò che risulta naturale si dimostra valido e perciò l'umanità, se vuole veramente rinnovarsi, dovrà desistere dall'illogica lotta contro gli istinti.