(o
Pallavicino). Nobile famiglia del medesimo ceppo degli Estensi, dei
Malaspina e dei marchesi di Massa, che ebbe il suo capostipite in
Oberto
(m. 1148), detto
Pelavicino, signore di un vasto territorio che si
estendeva dalla costa ligure alla pianura padana. Il figlio
Alberto,
detto il
Greco, diede origine, attraverso il figlio
Niccolò, al ramo genovese della famiglia, mentre l'altro figlio,
Guglielmo, fu il capostipite del ramo lombardo. ║
P. di
Lombardia: si organizzarono in una unità politica, il cosiddetto
Stato dei
P., originariamente feudo imperiale, che costituì un
territorio giurisdizionale a sé posto tra i territori di Parma, Piacenza,
Cremona e che con
Rolando I (1394-1457) vide rafforzata la propria
organizzazione interna, in seguito all'emanazione degli Statuti del 1429.
Tuttavia le aspirazioni all'autonomia furono ridimensionate dopo la Pace di
Lodi, cosicché alla morte di Rolando (1457) i possedimenti furono divisi
tra i suoi sette figli che non poterono fare altro che riconoscere la supremazia
degli Sforza. Successivamente, l'avvento dei Farnese a Parma accelerò il
dissolvimento dello Stato che nel 1585, dopo l'estinzione della linea dei
P. di Busseto, andò al governatore di Parma, che ne prese possesso
in nome del duca Ottavio Farnese. Tra le figure principali del ramo lombardo
ricordiamo, nel XV sec.,
Gian Lodovico (1425-1481), appartenente al ramo
di Cortemaggiore e sostenitore degli Sforza,
Galeazzo e
Antonio
Maria, che invece appoggiarono i Francesi. Sempre al ramo di Cortemaggiore
appartenne
Manfredo (m. 1521), condottiero sforzesco, decapitato dai
Francesi per aver preso parte alla congiura del Morone;
Sforza (m. 1585),
soldato al servizio dell'Impero e di Venezia, divenuto signore di Busseto alla
morte del cugino
Gerolamo. Busseto andò poi ad
Alessandro,
del ramo di Zibello, e infine ad
Ottavio Farnese, che se ne
impadronì nel 1588. Al ramo di Zibello appartennero anche il cardinale e
storico
Pietro Sforza (1607-1667) e
Giuseppe Maria, ministro degli
Esteri di Maria Luisa di Borbone. ║
P. di Genova: dai figli di
Niccolò (secc. XII-XIII) derivarono i vari rami genovesi della famiglia
spesso divisi da liti e discordie. Nel 1528 le 14 linee esistenti si riunirono
in un unico "albergo", che rimase legato all'antica nobiltà. Fra i
personaggi principali ricordiamo:
Benedetto, che fu l'artefice della
resistenza di Gaeta ad Alfonso d'Aragona aprendo la via alla vittoria genovese
di Ponza (1435);
Babilano (m. 1488), mercante e capitano della Repubblica
a Famagosta (1460), che ebbe un ruolo di primo piano nelle trattative tra Genova
e i Turchi dopo la caduta di Costantinopoli;
Damiano, detto il dottore,
giurista e ambasciatore a Firenze, in Castiglia e a Napoli, fu tra coloro che
riformarono gli Statuti nel 1450. All'epoca di Andrea Doria si distinsero:
Agostino (m. 1533), ambasciatore e consigliere della Repubblica, fautore
della riforma costituzionale poi attuata da Doria;
Cristoforo (m. 1553),
capitano genovese che partecipò alla liberazione della città dai
Francesi (1528), forzò l'assedio turco attorno alla fortezza di Corone e
combatté contro i Corsi in rivolta. Durante le lotte civili che portarono
poi alla riforma del 1576, i
P. cercarono di fare da mediatori
specialmente con
Giambattista (m. 1609). Nei secc. XVII e XVIII i
P. diedero alla Repubblica di Genova tre dogi:
Agostino
(1577-1649), che per primo assunse il titolo di re di Corsica;
Gian Carlo
(1722-1794), che si schierò per la neutralità della Repubblica
nella guerra tra la Francia e la prima coalizione;
Alerame Maria
(1730-1805), che tentò invano di riacquistare la Corsica da Pasquale
Paoli. I
P., con l'eccezione di
Paolo Gerolamo (1740-1785), si
schierarono contro la Repubblica democratica del 1797, ma si riconciliarono in
parte con i Francesi dopo l'annessione di Genova all'Impero napoleonico. Nel XIX
sec. si possono menzionare
Alessandro (1773-1847), che partecipò
al Congresso di Parigi (1814) insieme agli altri rappresentanti di Genova e fu
decurione del corpo di città dopo l'annessione della Liguria al Piemonte;
Fabio (1794-1872), attivo nella diplomazia piemontese come ministro
plenipotenziario a Napoli, Baviera, Sassonia e presso la Confederazione
Germanica e poi senatore del Regno (1861);
Camillo (1813-1882),
scienziato ed economista;
Francesco (1810-1878), deputato al Parlamento
dal 1853 al 1857. Anche tra gli ecclesiastici emersero personalità di
rilievo:
Antoniotto (1441-1507), datario pontificio sotto Innocenzo VIII
e poi cardinale (1489); i cardinali
Giambattista (1480-1524),
Opizio (1632-1700), nunzio in Toscana, a Colonia e Varsavia e
Lazzaro (1719-1785), nunzio a Napoli e Madrid e segretario di stato di
Clemente XIV e Pio VI;
Cipriano (1510-1586), arcivescovo di Genova che
prese parte al Concilio di Trento;
Camillo (m. 1644), arcivescovo di
Palermo. ║
Galleria P.: sorta per iniziativa del cardinale Lazzaro
P. (1603-1680), che nel 1679 istituì un fedecommesso a favore del
nipote Nicola Maria Rospigliosi-
P., la galleria ha sede a Roma nel
Palazzo Rospigliosi-
P. Conserva opere pregevoli quali la
Derelitta, un tondo con la
Madonna, San Giovannino e due angeli di
Botticelli, i
Dodici Apostoli di Rubens e disegni di Lorrain, Bernini e
P. da Cortona.